Paolo Pombeni
Paolo Pombeni

Partiti contro/ La stabilità che serve al tempo della guerra

di Paolo Pombeni
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Sabato 5 Marzo 2022, 00:10

Sulla vicenda della crisi ucraina si fanno calcoli, poco lucidi, anche per la nostra politica interna. Il più diffuso, più o meno sotto traccia, è che in questi frangenti una crisi di governo non sia proponibile, sicché sarebbe possibile spingere all’estremo il confronto fra le diverse fazioni tanto si fa un po’ di populismo e non si rischia di pagare pegno. Non è così. L’impegno che il nostro Paese ha preso con Bruxelles per beneficiare dei fondi del Next Generation UE è pienamente valido ed anzi è da pensare che diventerà ancora più stringente viste le problematiche che il bilancio comunitario dovrà affrontare a causa della guerra scatenata dalla Russia. Non ci verranno fatti sconti per concedere alle nostre forze politiche alla ricerca di consensi ad ogni costo di cavalcare un po’ di demagogia (e ce ne sono di vario colore).


La diatriba che si è aperta sulla questione del catasto è emblematica, ma è solo una delle tante che ci assillano su concorrenza, riforma del sistema giustizia, fisco. E’ comprensibile che quando si toccano materie lasciate per anni in attesa di revisione sia poi problematico intervenire in modo da non assumere prospettive semplificatorie che impattano su realtà dove si sono aggrovigliate situazioni non risolvibili poi a colpi di accetta.
I politici volonterosi lavorano per predisporre normative che diano garanzie sull’assenza di intenti di far cassa sul mattone, cercando di spiegare che di questi tempi non avrebbe senso gravare ulteriormente i contribuenti che già sopportano un regime fiscale tutt’altro che leggero. Ovviamente per quelli che le tasse le pagano, ma non è detto che questi possano essere compensati sparando nel mucchio dove inevitabilmente ci sono anche loro. In Italia di fronte a nuove norme ci si fida poco della ragionevolezza della burocrazia, la quale non di rado fallendo nel colpire gli inadempienti vessa a caso gli altri per mostrarsi efficace agli occhi dei poteri pubblici.
In una situazione di emergenza come quella che si sta delineando non è però consentito che la politica ricorra alle facili speculazioni che fanno perno su pregiudizi e su timori ancestrali. Come hanno spiegato molti leader in Europa e negli Usa le posizioni prese per combattere l’espansionismo russo, combinate con i lasciti della grande pandemia, ci proiettano in un contesto che richiederà attenzione e rigore nell’uso delle risorse pubbliche. Il nostro Paese ha dunque più che mai bisogno di quell’approccio seriamente riformatore che si è delineato con il Pnrr e non c’è spazio per aggiustamenti che generino il sospetto di tutelare le molte sbavature (chiamiamole così) che si sono accumulate in decenni di debolezza del sistema politico complessivo.
Bisogna mostrare che siamo in grado di portare a conclusione passaggi importanti nel percorso di riforme che abbiamo sottoscritto.

E’ banale ricordare che in caso contrario può darsi che i vari partiti raccattino voti da diverse clientele, ma l’Italia non verrà considerata un mercato in cui vale la pena investire capitali seri e non di effimera avventura? 


Dovrebbe essere evidente la necessità di evitare il solito teatrino della contrapposizione astratta fra destra e sinistra: la prima impegnata a difendere tutto il pregresso, cieca verso il cumulo di privilegi e assistenzialismi grandi e piccoli che esso contiene; la seconda protesa a rincorrere i radicalismi astratti del (quasi) tutto (quasi) subito, per non perdere il consenso delle insoddisfazioni diffuse. Con due appuntamenti elettorali, uno fra pochi mesi (le amministrative), uno salvo imprevisti a medio termine (le politiche), è comprensibile che nei partiti si scatenino le velleità di trarre profitto dalle contingenze. Sotto questo profilo, le inquietudini che percorrono la pubblica opinione a fronte del dramma ucraino accentuano le preoccupazioni verso un futuro che già non si prevedeva roseo dovendo scontare lo shock della pandemia.
Tuttavia ci permettiamo di dire che è proprio in questi frangenti che si misura la qualità dei gruppi dirigenti di un Paese, tanto quelli che operano nella sfera politica e istituzionale, quanto quelli attivi nella sfera civile ed economica. Quando Mattarella diede il via all’esperimento del governo Draghi aveva in mente proprio l’avvio di sinergie virtuose in entrambe queste sfere. Sembra che alla volontà di continuare su questa strada si debba la sua conferma al Quirinale, sebbene non sia cinismo pensare che in quella scelta non mancò anche qualche intento meno orientato all’interesse della nazione.


Come la lotta alla pandemia ha avuto bisogno di qualcosa di più dello show senza sosta di virologi e assimilati, così oggi la seria crisi internazionale necessita di qualcosa di più di un generico, per quanto giusto, sentimento di affiancamento della resistenza degli ucraini e dei commenti di analisti geopolitici di vario spessore. Dobbiamo convincerci che quel che sta succedendo domanda un incremento di concentrazione sui progetti di riforma e di riqualificazione del sistema-Italia. Senza che intervengano da fronti opposti ideologismi e radicalismi fine a loro stessi, ma con la consapevolezza della complessità del passaggio che stiamo affrontando come Paese. Se non saremo capaci di muoverci con il rigore, ma anche con l’equilibrio necessari, il rischio è di finire ai margini di una svolta che si stima epocale (e i margini in queste situazioni non sono luoghi confortevoli).

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