Paolo Balduzzi
Paolo Balduzzi

Percorso in salita/ Gli impegni gravosi del governo che verrà

di Paolo Balduzzi
5 Minuti di Lettura
Sabato 23 Luglio 2022, 00:08

Circa venti anni fa, nel 2001, una discussa copertina dell’Economist accusava Silvio Berlusconi di essere «unfit to lead Italy», inadatto a guidare il Paese. Se i corsi e ricorsi storici hanno un valore, potremmo aspettarci qualcosa di simile nelle prossime settimane. Quando dall’estero si permettono ingerenze di questo tipo, che siano da parte di un governo, del mondo intellettuale o anche di un giornale prestigioso come quello inglese, è molto seccante. Di qualunque opinione politica uno sia.  A due mesi dalle prossime elezioni, quelle che daranno forma alla XIX legislatura, vale tuttavia la pena di porsi la medesima domanda: saranno in grado i vincitori di guidare il nostro Paese? Sia chiaro: la domanda è rivolta a tutti gli schieramenti politici, anche al centro e alla sinistra.


Ma il pensiero va più frequentemente al centrodestra, per almeno due motivi. Il primo è quello numerico. Benché le elezioni si decidano sempre nelle ultime settimane, è indubbio che, sondaggi alla mano, un centrodestra formato da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia sia in vantaggio rispetto alle altre forze politiche. 
Il secondo motivo è invece più contingente. Per quanto la pistola fumante di questa assurda, inopinata e indesiderabile crisi sia abbondantemente ricoperta dalle impronte digitali del Movimento 5 Stelle, non si può negare che il centrodestra, ovviamente quello che che apparteneva alla coalizione di governo, abbia avuto un’evidente responsabilità. Non ha sparato, probabilmente. Ma né Salvini né Berlusconi hanno fatto nulla per salvare una situazione critica; anzi, ne hanno approfittato. E, dal loro punto di vista, hanno colto una grande occasione. Il problema è che le sorti politiche, economiche e sociali del Paese non corrispondono mai alle sorti elettorali di un partito o di una coalizione politica.


La domanda che quindi ci si pone è: i partiti in corsa saranno in grado di guidare il Paese nei prossimi cinque anni? I problemi aperti sono numerosi: la crisi energetica, l’ombra di una recessione, la guerra in Ucraina, l’ennesimo rinvio della riforma fiscale, l’approvazione della legge di bilancio. La lista è già lunghissima. E, soprattutto, nemmeno comprende le due questioni che ad oggi appaiono più rilevanti: il destino del Piano nazionale di ripresa e resilienza e la lotta all’inflazione.  Per quanto riguarda il Pnrr, due sono gli aspetti cruciali. Il primo è quello più squisitamente economico. Ogni sei mesi il Pnrr prevede una scadenza da rispettare; ad ogni scadenza rispettata è collegata l’erogazione di un nuovo finanziamento. Il passaggio di consegna da un governo all’altro rende ovviamente un po’ più difficile mantenere questo impegno, soprattutto in caso di forte discontinuità tra la linea politica e organizzativa del vecchio esecutivo e quella del nuovo. 


Vale certo la pena di ricordare che, benché il regolamento del Pnrr sia un lungo elenco di impegni, requisiti, condizioni, obiettivi, date da rispettare, le decisioni in Europa, specialmente su questi aspetti, sono sempre squisitamente politiche.

Ora, se con un presidente del Consiglio dalla grande reputazione europea questa osservazione poteva portare a un respiro di sollievo, la presenza nel governo che verrà di forze più o meno antieuropee e populiste - ad esempio - renderà certo la vita più difficile al Paese.

La memoria corre veloce al novembre 2018, quando durante il primo governo Conte rischiammo, dopo i casi del 2005 e del 2009 (governi Berlusconi II e Berlusconi IV), l’apertura di una procedura d’infrazione per deficit eccessivo in ambito europeo. Il tutto si risolse per il rotto della cuffia, giocando con i numeri e con le parole tra un deficit fasullo del 2,4% sbandierato all’opinione pubblica dall’allora governo e uno effettivo del 2,04% ufficialmente approvato.

Non un grande biglietto da visita per il futuro. Il secondo è invece contenutistico. Al di là delle opere pubbliche contenute nel Pnrr, sicuramente importanti per stimolare la crescita economica, gran parte del lavoro dei nuovi governo e parlamento dovrà essere dedicato alle riforme strutturali, anch’esse parte integrante del Piano: quella della burocrazia, la riforma delle riforme; quelle della giustizia civile e amministrativa; quella, infine, del fisco. 

L’ennesima delega fiscale di una lunga tradizione italiana avrà la stessa sorte sperimentata in passato: decadrà e nulla se ne farà. In attesa di una nuova delega e di nuove promesse che, c’è da scommetterci, abbonderanno nelle prossime settimane di campagna elettorale.  Anche la lotta all’inflazione dovrà fare i conti con la reputazione dei futuri governanti. Ora che la Banca centrale europea si è decisa ad alzare i tassi d’interesse, indebitarsi a costo basso o nullo sarà sempre più difficile. A maggior ragione per quegli Stati che non possono contare su una grande reputazione di riforme strutturali, oculatezza nelle spese pubbliche, giustizia fiscale. Se l’aumento dello spread di questi giorni è probabilmente pura speculazione, l’augurio è che nel prossimo autunno non si sia costretti a tornare ai livelli del 2011, quelli che per poco non ci fecero fare la fine della Grecia. 


E poi, ancora, su cosa impatta la reputazione di un Paese e dei suoi governanti? Per esempio, sulla forza contrattuale dei Paesi quando si dovrà scrivere il nuovo Patto di stabilità e crescita; o sui prezzi e le condizioni di fornitura quando si firmeranno i nuovi contratti per le materie prime energetiche.  Mario Draghi non è un eroe nazionale: lasciamo questa definizione ad altri e più sfortunati servitori dello Stato. Ma è una persona seria che attraverso il suo lavoro ha guadagnato un prestigio personale di cui ha potuto godere anche il nostro Paese, soprattutto in questi ultimi diciassette mesi. Chi sostituirà Draghi dovrà fare i conti anche con questa pesante eredità: saranno in grado le forze politiche, soprattutto quelle che lo hanno sfiduciato, di prendersi questa responsabilità?

© RIPRODUZIONE RISERVATA