Mario Ajello
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Lettera al premier/ La risposta mancata che delude i romani

Lettera al premier/ La risposta mancata che delude i romani
di Mario Ajello
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Lunedì 14 Settembre 2020, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 13:01
Egregio presidente Conte, sono passati nove giorni da quando Il Messaggero le ha scritto per chiederle di esercitare il dovere della difesa di Roma come Capitale d’Italia e dell’obbligo patriottico di attivarsi in tutti i modi per rafforzarne il ruolo. Ecco, presidente, dopo tutti questi giorni dalla nostra presa di posizione netta, che crediamo rispecchi le necessità e i bisogni dei romani e degli italiani ad avere una Capitale degna di questo nome, lei ancora non ha dato una risposta. Forse perché esiste qualche impedimento, che la inibisce a prendere un’iniziativa ambiziosa? C’è qualcosa che la imbarazza a schierasi dalla parte dell’Urbe, spinta verso il disastro da una giunta comunale, quella della sindaca Raggi, inerte e gravata da una manifesta incapacità politica e gestionale? Non ritiene proficuo rispondere al giornale di Roma, e assumersi la titolarità della questione Capitale, come dovrebbe essere naturale per un premier?

Qui nessuno prega nessuno, come è ovvio in una società laica, e consideriamo la subalternità, anche rispetto a una figura importante come un capo del governo, un atteggiamento riprovevole e figlio di una cultura che non ci appartiene. Ma ci permettiamo di dire che non dovrebbe appartenere neppure a lei. Non vorremmo che le sue mancate risposte sul futuro di Roma, che è adesso, dipendano da qualche veto politico che le è stato imposto e che, appunto per subalternità, lei non osa infrangere. Non le farebbe onore se, a bloccarla nel suo eventuale attivismo, nell’amore per Roma che sicuramente prova perché è qui che lei ha avuto tutto, fosse l’ossequio alla linea dei 5 stelle che temono l’oscuramento della Raggi. Che vedono in ogni iniziativa per Roma - e Beppe Grillo lo ha fatto capire nel blitz dell’altro giorno qui a Roma dove ha incontrato tutti compreso lei - una minaccia allo splendore, inesistente, della sindaca. Che considerano qualsiasi slancio in favore della Capitale e contro il suo declino finora inarrestabile una sorta di peccato di lesa maestà a Virginia. Che non solo non è Maria Antonietta ma non ha neppure le brioches da lanciare al popolo, il quale oltretutto - come si vedrà nel voto comunale del 2021 - non le raccoglierebbe. 

Il concetto stesso di subalternità è inascoltabile sempre ed è massimamente inconcepibile quando si parla di Roma. Che non ammette, come la sua storia dimostra dall’antichità in poi, alcun tipo di sudditanza che possa riguardarla. Con Roma ci si approccia da potenza a potenza, non sono accettabili cedimenti a convenienze tattiche, a interessi di carriera o di partito, a logiche di piccolo cabotaggio. Se uno il coraggio non ce l’ha, se lo deve dare. Sennò restiamo - ci passi la franchezza, presidente - l’Italia di don Abbondio. Che comunque, non a caso, non aveva Roma come sua Capitale.


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