Marina Valensise
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Effetto Quirinale/ E ora in Francia anche Macron in cerca del bis

di Marina Valensise
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Martedì 1 Febbraio 2022, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 9 Aprile, 19:42

Chissà se l’elezione al Quirinale del presidente uscente Sergio Mattarella avrà un effetto di traino sull’elezione all’Eliseo del prossimo presidente francese, in programma il 10 e il 24 aprile. Magari servirà a corroborare la rielezione dell’attuale capo dello Stato, Emmanuel Macron, il quale per ora continua a esercitare il suo ruolo, sentire il bisogno di dichiararsi candidato alla sua successione. Sarebbe un bel risultato in termini di stabilità, di consolidamento delle istituzioni europee durante il semestre di presidenza francese, e di rafforzamento dell’Unione ora che soffiano i venti ostili di un conflitto inquietante come quello russo-ucraino, e l’uscita dalla pandemia rischia di tradursi in una nuova crisi economica, con l’aumento dei prezzi e del costo della vita, e l’impennata dell’inflazione.

E’ vero che per affrontare il tema la premessa necessaria è quella del mutatis mutandis. Perciò, mettiamo subito le mani avanti: i sistemi elettorali in Francia e in Italia sono ben diversi. E pure il contesto politico varia sensibilmente da un Paese all’altro. Eppure, gli ultimi avvenimenti sembrano indicare alcune possibili convergenze e non poche analogie che operano forse nel senso del mimetismo.

In Francia, la Quinta repubblica è un sistema semipresidenziale: il presidente della Repubblica non è scelto da un’assemblea di parlamentari e delegati regionali, come in Italia, ma viene eletto a suffragio universale diretto da ogni singolo cittadino, che infila nell’urna una scheda con il nome della persona che dovrà rappresentarlo e incarnare la nazione. Retaggio della monarchia e del mistero dell’incarnazione monarchia, secondo il famoso paradosso studiato da Jules Michelet, “il corpo della nazione nella testa di un imbecille”, il presidente francese, eletto da una parte e però simbolo dell’intero, ha un mandato di cinque anni, rinnovabile una volta sola. Di conseguenza, la campagna per le presidenziali non è una rincorsa a passi felpati dall’esito imprevedibile, che si consuma in mezzo a una decina di addetti ai lavori nel segreto di conciliaboli riservati e imperscrutabili come avviene in Italia. Al contrario, in Francia è una competizione aperta e cruenta, senza esclusione di colpi, che inizia in largo anticipo con la presentazione di candidature esplicite sbocciate per autopropulsione o per cooptazione. 

Il primo caso è quello del giornalista Eric Zemmour, candidato della destra autarchica e radicale, autore di saggi venduti in milioni di copie sull’identità francese e la crisi della stessa, minacciata dall’islamismo, dal meticciato, dal politicamente corretto e dall’ignavia della sinistra liberale, il quale Zemmour sogna di tornare alla Francia degli anni Sessanta e alla grandeur di Charles De Gaulle, insidiando così la candidata sovranista del Rassemblement national, Marine Le Pen, e spaccando l’unità della destra tout court.

Al secondo caso appartiene la candidata della destra liberale Valérie Pécresse. Chiracchiana di ferro, ex ministro di Nicolas Sarkozy, l’attuale presidente della Regione dell’Ile de France, territorio con il Pil più alto d’Europa, ha vinto a man bassa le primarie del partito Les Républicains, sbaragliando i concorrenti uomini suoi rivali e arruolandoli prontamente nel suo comitato elettorale. 

La sua candidatura è la dimostrazione che in Francia le donne possono ambire a alti incarichi senza aver bisogno di un’investitura maschile, e senza doversi prestare ai giochetti degli uomini e venirne bruciate, come accade da noi in Italia. Oramai sono agguerrite in proprio, e non già a loro insaputa, sia a destra, sia a sinistra. Lo dimostra il successo dell’ex ministro della giustizia di François Hollande, Christiane Taubira che ha vinto appena con 400 mila preferenze le primarie indette, extra partito, per assicurare la unità della sinistra. Già candidata dei Radicali di sinistra nel 2002, l’effervescente deputata della Guyana allora pregiudicò la corsa all’Eliseo del socialista Lionel Jospin, favorendo l’arrivo del neofascista xenofobo Jean-Marie Le Pen al ballottaggio, e portando così all’elezione plebiscitaria di Jacques Chirac. Riuscirà vent’anni dopo a ripetere l’exploit, lacerando il campo della sinistra sino a farne confluire i voti sul presidente Emmanuel Macron, per ora favorito nei sondaggi, e più che probabile candidato alla propria successione all’insegna della centrista République en marche? 
 

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