Paolo Balduzzi
Paolo Balduzzi

Elezioni e Pnrr/ Gli impegni che i partiti non possono trascurare

di Paolo Balduzzi
4 Minuti di Lettura
Giovedì 6 Gennaio 2022, 23:25

L’inizio dell’anno è un tempo da sempre dedicato a stilare la lista dei buoni propositi e degli impegni per l’anno a venire. La lista del governo, per il 2022, è piuttosto lunga e impegnativa. E non si tratta solo di impegni politici. Il finanziamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) richiede il raggiungimento di traguardi (milestone) e obiettivi (target), cioè di risultati qualitativi e quantitativi, definiti dal Governo stesso e approvati dalla Commissione europea. Il Presidente del Consiglio, nella conferenza stampa di fine anno, ha ricordato con orgoglio di aver raggiunto i 51 risultati di competenza del 2021. Ma il 2022 sarà ancora più ambizioso: 66 le riforme da approvare e oltre 100 i risultati da raggiungere, che permetteranno di sbloccare circa 40 miliardi di ulteriori fondi europei, tra trasferimenti a fondo perduto e prestiti a tasso agevolato. E che riforme! Dal fisco alla lotta all’evasione, dalla riforma della pubblica amministrazione alla revisione della spesa. Un’agenda estremamente impegnativa per chiunque. Figuriamoci per un governo che, con probabilità non trascurabile, potrebbe non arrivare né alla fine dell’anno né addirittura alla fine dell’inverno. Tutti i leader politici sono già ormai con la testa al 24 gennaio, quando i grandi elettori (deputati, senatori e i delegati regionali) si riuniranno per la prima volta per eleggere il Presidente della Repubblica. 

L’evento potrebbe avere forti ripercussioni sulla vita del governo, sia nel caso in cui Draghi dovesse traslocare al Quirinale sia nel caso in cui la maggioranza che eleggesse il Presidente della Repubblica fosse significativamente diversa da quella che regge il governo. In maniera più esplicita: l’elezione del Presidente della Repubblica potrebbe portare alla nascita di un nuovo governo o addirittura a nuove elezioni anticipate. Si tratta, in entrambi i casi, di prospettive poco rosee. Al paese, infatti, servono tanto una certa continuità di azione del governo tanto, per quanto possibile, una discreta unità di intenti tra le sue componenti. Sull’unità d’intenti, le speranze sono davvero poche. Solo un paio di giorni fa, in occasione dell’approvazione dell’ultimo decreto Covid, c’è stato un lungo tira e molla a Palazzo Chigi tra Presidente del Consiglio, Lega e Movimento Cinque Stelle sull’opportunità e la dimensione dell’obbligo vaccinale e del super green pass.

Non certo un buon presagio di cosa potrebbe succedere nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Ma, del resto, nemmeno un evento inaspettato. La Lega, e Salvini in particolare, ci hanno abituati nel corso del 2021 a numerose prese di posizione che hanno avuto il solo effetto di rallentare o rimandare di poche settimane l’approvazione di importanti provvedimenti. Ma la resistenza al cambiamento arriva anche da altrove.

Resistono, sempre identiche a loro stesse nella sostanza anche se non nel nome, forze e tradizioni politiche che si oppongono a prescindere a ogni tipo di riforma: del fisco, del lavoro, della giustizia, della burocrazia. E resiste, appunto, una burocrazia che invece di servire Stato e bene pubblico si arrocca intorno a un potere autoreferenziale. Una battaglia lunga e pericolosa, dunque, fatta di difficoltà tecniche, freni politici e rallentamenti amministrativi. Quella del Pnrr è una sfida nuova. Lo è per tutti i paesi, ovviamente, perché la minaccia della pandemia ha costretto ogni nazione a rivedere le proprie regole, anche di convivenza democratica. Ma lo è in particolare per il nostro paese. Perché, bisogna essere sinceri, quando mai il legislatore italiano ha dovuto seriamente occuparsi di un programma di investimenti che richiedono monitoraggio e valutazione dei risultati e una prospettiva pluriennale? Il lungo periodo, nella prospettiva italiana, appartiene in maniera molto poco virtuosa solo agli effetti delle riforme pensionistiche - sempre scaricati sulle generazioni future e mai su quelle correnti – o alla riduzione del debito pubblico, tradizionalmente rimandata di anno in anno con la speranza che sia la legislatura successiva a occuparsene. Che sia un’esperienza nuova, tuttavia, non può certo essere una scusante; anzi, è la conferma che finora chi ci ha governati ha sempre preferito una visione corta e concentrata sul ritorno elettorale. La lista di impegni per il 2022 potrebbe allora anche contenere quello di un cambio di prospettiva per l’intera politica italiana: mettere da parte gli interessi particolari e perseguire gli interessi generali. Ma forse, per certe cose, siamo nell’ambito dei miracoli e non più dei buoni propositi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA