Giovanni Castellaneta

L'analisi/ La posta in gioco nelle elezioni francesi

di Giovanni Castellaneta
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Martedì 12 Aprile 2022, 00:12

Come ci si aspettava, il primo turno delle elezioni presidenziali francesi ha riservato poche sorprese. Al ballottaggio in programma fra due settimane sarà, esattamente come cinque anni fa, un testa a testa tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen, con la differenza che il primo non è più quel candidato “outsider” che fu in grado di cancellare il Partito Socialista (con cui peraltro aveva governato in quanto Ministro dell’Economia di Hollande), ma deve in questo caso difendere la sua permanenza all’Eliseo. La posta in gioco, tuttavia, non riguarda solo la Francia, ma è ben più profonda perché coinvolge la leadership europea e la direzione che l’Ue potrà prendere nei prossimi anni.


Una conferma di Macron sarebbe certamente più “rassicurante” per i filoeuropeisti e potrebbe fornire all’attuale Presidente francese la spinta che gli serve per guidare l’Ue verso una nuova fase, che la renda un soggetto più assertivo e autonomo in politica estera (soprattutto attraverso un deciso approfondimento del progetto di Difesa europea) e anche meno dipendente da impostazioni di bilancio “rigide” tipiche dei Paesi cosiddetti “frugali”. Si tratterebbe di una circostanza importante, nel momento in cui l’Europa manifesta un grande senso di coesione rispetto alla guerra in Ucraina, ma che presenta alcuni ostacoli come ad esempio un possibile raffreddamento del tradizionale asse “franco-tedesco”: l’uscita di scena di Angela Merkel richiede la definizione di un nuovo rapporto tra Macron e Scholz, con la Germania che peraltro sta manifestando un approccio più cauto sulle eventuali sanzioni alla Russia che coinvolgano in maniera pesante le forniture di gas e petrolio.


Dall’altra parte, una vittoria di Le Pen (al momento ancora improbabile, per quanto la differenza nei sondaggi si sia sensibilmente assottigliata) scompaginerebbe del tutto le carte contribuendo a rafforzare nuovamente quel fronte di Paesi euro-scettici di cui fanno parte soprattutto Ungheria e Polonia e che potrebbe frenare il processo di integrazione.

Una circostanza da scongiurare, dato che l’invasione russa dell’Ucraina ha contribuito a risvegliare sentimenti di solidarietà europea in Varsavia che, in un quadro politico dove i sovranisti rimangono minoritari, potrebbero favorire un riavvicinamento della Polonia a Bruxelles e magari anche la soluzione della spinosa controversia sul mancato rispetto dello Stato di diritto.


Alla luce degli endorsement dei candidati sconfitti in vista del secondo turno, potremmo azzardarci a dire che Macron, a scanso di sorprese davvero improbabili, ha la vittoria in tasca. Non solo il Presidente uscente ha ottenuto l’indicazione di voto di Valérie Pécresse e degli altri moderati, ma ha conseguito anche un aiuto importante da Mélenchon, esponente di una sinistra radicale e nazionalista che per certi versi non si discosta molto dalle proposte del Front National ma che ha immediatamente affermato che Le Pen non otterrà neppure un voto dal suo partito: un duro colpo considerando che la Sinistra radicale ha superato il 20% dei consensi. Comunque vada a finire, quello che emerge da questa frammentazione, e da questa crescente tendenza degli elettori francesi a votare le ali estreme, è l’importanza data in maniera preponderante alle questioni interne piuttosto che a quelle internazionali, dominio nel quale il leader di En Marche! ha dimostrato di saper ottenere risultati migliori.


Ovviamente, è quasi superfluo dire che all’Italia converrebbe una riconferma di Macron, che offrirebbe la possibilità di rafforzare i rapporti bilaterali dopo anni in cui non erano mancate tensioni. Il nostro Paese potrebbe sposare la strategia europea di Parigi proprio nel tentativo di contare di più a livello regionale, in un’ottica di maggiore integrazione ma anche di condivisione di maggiori responsabilità in politica estera, soprattutto nel Mediterraneo orientale dove siamo i più qualificati per avere un ruolo di prestigio e influenza.

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