Paolo Pombeni
​Paolo Pombeni

Il voto alla Camera/ Il messaggio sul lavoro che il Paese non capisce

di ​Paolo Pombeni
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Venerdì 28 Aprile 2023, 00:04

Il mancato varo del Def che rischia di far saltare l’intervento sulla revisione del cuneo fiscale e i provvedimenti in materia di lavoro che dovevano essere approvati nel Consiglio dei ministri del primo maggio è davvero una storia poco edificante.  Ha ragione il ministro Giorgetti: è triste registrare il pressapochismo e la strumentalizzazione su una materia così delicata. Ed è apprezzabile il richiamo alla responsabilità rivolto dalla Meloni ai deputati della sua maggioranza. Perché quanto accaduto non è frutto di un duro scontro politico, ma della disorganizzazione della maggioranza con la coda dell’opposizione che pensa di aver così mostrato la “fragilità” del governo e poter quindi sperare in altri collassi.


I fatti sono sotto gli occhi di tutti. La proposta del governo ha raccolto 195 sì, 19 no e ben 105 astenuti. Si è andati sotto di soli 6 voti perché per essere approvata aveva bisogno di 201 voti favorevoli. Significa che nella maggioranza non c’era percezione della delicatezza del voto la cui responsabilità ricadeva solo su di essa, visto che l’opposizione si è massicciamente astenuta il che non configura uno scontro all’ultimo sangue, ma forse mostra che su un tema delicatissimo come il lavoro non si voleva accollarsi lo stigma di votare contro. 
Potrebbe essere un buon segnale non fosse per manifestazione infantile di gioia alla notizia della mancata approvazione, rendendo così assai meno significativa l’astensione.

Per quanto non sia semplice, si sta cercando di trovare il modo di reincollare i cocci e in qualche modo ci si riuscirà, ma il messaggio che si manda al Paese non è bello. Il lavoro è un tema cruciale in questo passaggio che vuol portarci fuori dall’emergenza del post pandemia, rilevante per le ricadute che ha sul consenso al sistema ancor più che al governo in carica, tipico come terreno su cui dovrebbe essere possibile un confronto costruttivo fra maggioranza e opposizione.


Il problema del lavoro in Italia è complesso: si va dalla mancanza di possibilità di impiego, al basso livello delle retribuzioni in molti casi e specie con un’inflazione che non demorde, alla mancanza di condizioni di supporto che rendano possibile impiegarsi in modo vitale. Difficile inserimento nel mercato del lavoro e precarietà sono fenomeni che riguardano i giovani, ma non solo loro, perché quelli di una certa età che a causa di varie crisi perdono l’impiego sono anch’essi vittime delle difficoltà di reinserimento (e sono soggetti con famiglie sulle spalle). Invece di impuntarsi a piantare bandierine sul reddito di cittadinanza, sarebbe bene accordarsi su un serio esame del fallimento del sistema di accompagnamento all’ingresso o al recupero del lavoro.
Il basso livello dei salari, ma anche di molti stipendi è un fenomeno denunciato in continuazione e oggi reso più drammatico dal ritorno di una inflazione che erode il potere d’acquisto a partire dai beni di prima necessità. Nessuno pensa che prendere questo toro per le corna sia una passeggiata, ma qualcosa va fatto. Il governo in carica agirà sul cuneo fiscale e le opposizioni irridono ad un intervento che porta l’incremento medio mensile al prezzo di una pizza poco elaborata.

Varrebbe la pena di considerare che intanto anche i segnali sono importanti, perché una volta che ci si impegna in un intervento si legittima poi la sua implementazione e ricordarsi che siamo in una condizione tale che per far di più bisogna poter incrementare le disponibilità di bilancio, con tagli e/o con tasse, cosa che in definitiva non piace a nessuna delle parti politiche. Ci sono poi questioni che apparentemente non c’entrano col mercato del lavoro, ma che in realtà lo condizionano non poco come il problema della casa. Al momento attuale ci sono poche speranze per i giovani e per quelle componenti della popolazione che non sono state in grado di affrontare il reperimento di una propria abitazione. L’edilizia popolare è ad un livello più che modesto (dove c’è) e dunque non consente di trovare affitti abbordabili. Di mutui neanche a parlarne perché vengono concessi solo a chi dà solide garanzie di copertura.


Ciò significa però che per esempio la mobilità nella ricerca degli impieghi è a dir poco limitata. Se devi trovare casa fuori di un contesto in cui hai qualche relazione, almeno quella familiare, devi impiegare per l’affitto una quota debordante del salario o stipendio che puoi ottenere col lavoro. La scarsità di case significa anche difficoltà di “mettere su famiglia”, di gestire spazi di vita propri essendo costretti a qualche forma di vagabondaggio. Impattiamo così nel tema del lavoro femminile che presenta ancora il problema in molti casi della convivenza di oneri domestici e oneri lavorativi. La questione degli asili nido e delle scuole per l’infanzia è stata agitata per via degli impegni che il Paese si è preso col Pnrr e questo ci ha fatto scoprire che il nostro sistema non è in grado al momento di coprire più del 60% dei posti che aveva stimato necessari. Non occorrono grandi elucubrazioni per capire quanto ciò pesi a condizionare lo sviluppo del lavoro femminile, il cui incremento è rivendicato da quasi tutti.


Chi pone mente al complesso di questi problemi si rende conto di quanto sia stato poco responsabile lasciare che un passaggio delicato come l’approvazione del Def venisse affrontato come è accaduto ieri. Era il caso di lavorare in un confronto costruttivo sia dentro la maggioranza che dentro le opposizioni. È quel che si è molto spesso fatto nel lavoro delle commissioni parlamentari anche in tempi di durissima contrapposizione, quando si riusciva a pescare elementi per gli interventi da fare dal complesso del dibattito. Poi chi stava al governo si intestava quasi tutto il merito di quel che si sarebbe andati a realizzare e chi stava all’opposizione rivendicava che quel merito dipendeva dal suo contributo dialettico denunciando che l’averlo accettato solo in parte portava a soluzioni poco ottimali. Così è la buona politica, quando non è una lotta per sbandieratori di vessilli di parte, e di questa c’è più che mai grande bisogno.
 

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