Angelo Ciancarella
Angelo Ciancarella

La scelta dei “laici”/ Il nuovo Csm e la trasparenza che deve essere garantita

di Angelo Ciancarella
4 Minuti di Lettura
Martedì 3 Gennaio 2023, 00:01

A metà gennaio le Camere in seduta comune eleggeranno i dieci componenti “laici” del nuovo Consiglio superiore della magistratura, che è chiamato a restituire prestigio e credibilità all’autogoverno di giudici e pubblici ministeri. Ma la politica rischia di perdere l’occasione storica per stabilire una maggiore autonomia nei rapporti con la magistratura, per via di certe “liturgie” da vecchia Repubblica che si stanno perpetuando in questi giorni nonostante la legge in vigore dal 21 giugno scorso preveda «procedure trasparenti di candidatura, nel rispetto della parità di genere».Infatti, proprio quando la magistratura, specie nelle rappresentanze associative e correntizie, appare indebolita e in crisi di credibilità, e il governo annuncia una stagione di riforme, la politica dei partiti continua a “trattare” con le correnti soprattutto per l’elezione del vicepresidente (com’è noto il capo dello Stato è presidente di diritto) fra i dieci componenti non magistrati.

Per ottenere la maggioranza è decisivo l’orientamento dei venti togati o almeno della maggioranza tra loro. Ecco perché tutto avviene, anche stavolta, nell’ombra: il centrodestra aspira (legittimamente) alla vicepresidenza; ma il centrosinistra (e in passato la Dc) è sempre riuscito a far prevalere un consigliere della propria area o a dare il consenso a un esponente di minoranza, come nel 2010 a Michele Vietti (Udc).
Perché le «procedure trasparenti» rischiano di non essere applicate? Perché i vertici dei gruppi parlamentari hanno vanificato la legge con una procedura che lascia tutto in mano ai partiti, fino all’ultimo momento.
Alla vigilia di Natale erano pervenute alla Camera 125 autocandidature di giuristi in possesso dei titoli previsti dalla Costituzione (professori ordinari di materie giuridiche o avvocati con 15 anni di servizio effettivo). Quasi un centinaio gli avvocati, 27 i professori (15 dei quali anche avvocati). Sono tutti degnissimi, molti di loro certamente preparatissimi, una decina sono anche ex parlamentari di tutti gli schieramenti, alcuni sono o sono stati esponenti di partiti; altri sono stati avvocati in processi importanti; solo un paio - classe 1938, ex parlamentari di centrodestra e centrosinistra - sono noti al grande pubblico: l’avvocato Gaetano Pecorella e il professor Stefano Passigli, già sottosegretario in un paio di legislature e politologo, più che giurista.
Qui finisce la trasparenza. Di tutti i candidati attuali e di quelli che si aggiungeranno fino al mattino di sabato 14 gennaio, non si sentirà più parlare.

Nessuno sarà convocato in audizione, nessuno leggerà i loro curriculum. Se le candidate non saranno almeno il 40% del totale (e non lo saranno: a Natale erano 32, il 25%) il termine sarà prorogato di 48 ore solo per le donne, fino a lunedì mattina. Poi, per altre 24 ore, potranno essere presentate nuove candidature da almeno dieci parlamentari, purché non tutti dello stesso partito. Il genere non conterà più. Alle 10 del 17 gennaio si chiude, alle 16 si vota.

I veri candidati saranno quelli dell’ultimo giorno, al massimo qualche autocandidato delle ultime ore, sul quale sia stata raggiunta l’intesa politica nel rispetto delle quote concordate: tre Fratelli d’Italia, due ciascuno Lega e Forza Italia, tre le opposizioni (quali? La lotta è apertissima). L’intesa è necessaria perché occorre la maggioranza qualificata dei tre quinti (364 voti nelle prime due votazioni; tre quinti dei votanti nelle eventuali successive). Gli eletti saranno certamente avvocati o professori, ma altresì e soprattutto ex parlamentari o non eletti alle ultime politiche. O ex ministre e ministri, anche nomi di rilievo. Considerata la statura media delle autocandidature, nessuno potrà gridare allo scandalo. Ma il rispetto della Costituzione e della legge sulla trasparenza delle candidature sarà solo formale. O forse sarà tradito del tutto.

Esiste una sola possibilità per garantire il rispetto sostanziale delle regole e per dar vita a un Csm di altissima autorevolezza, smascherando la finta trasparenza. Nelle prossime due settimane i giuristi di maggior prestigio del Paese, la cui autorevolezza li renda autonomi e indipendenti dai partiti anche qualora abbiano svolto attività politica e ricevuto nomine elettive o di governo, presentino la propria autocandidatura. Sarà pubblica sul sito della Camera il giorno stesso. Non dovranno informarne i partiti e tantomeno chiedere loro garanzie; men che meno le correnti della magistratura, in vista dell’elezione alla vicepresidenza. 

Se dieci, venti o trenta personalità simili lo faranno, senza preoccuparsi della propria sorte, sarà poi dura, per i partiti, designare ed eleggere figure mediocri o sconosciute; o conosciute solo per essere o essere state parlamentari. Spieghino i partiti, ai cittadini, i motivi delle scelte e delle esclusioni. Specie quando millantano di aver chiuso le porte girevoli nei rapporti politica-magistratura.

© RIPRODUZIONE RISERVATA