Paolo Graldi
Paolo Graldi

Orari e riaperture/Le (poche) regole che adesso tutti devono rispettare

Orari e riaperture/Le (poche) regole che adesso tutti devono rispettare
di Paolo Graldi
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Giovedì 20 Maggio 2021, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 21 Maggio, 00:16

Un’ora in più, sottratta al coprifuoco, strappata al lockdown: dalle ventidue alle ventitré, in attesa di conquistare la mezzanotte.

Un po’ come quando s’accende l’ora legale e la luce delle giornate s’allunga e si respira in pienezza l’aria della primavera. 
Profumo di felicità, sensazione avvolgente, quasi un’euforia di vita. Che cosa ce ne facciamo di questi sessanta minuti strappati alla notte sociale? C’è chi vive questa manciata di minuti in più come un buono sconto, dopo tante sere spezzate a metà.


Magari la cena con gli amici mollata con l’orologio sott’occhio, ingozzando gli ultimi bocconi per evitare, tornando a casa, d’incappare in un imbarazzante controllo. I piccoli disagi di un’esistenza cronometrata: Oddio, sono le nove e tre quarti, scappiamo! Chi la vive con stizza perché la considera una concessione avara e arcigna. Inutile anzi dannosa per l’economia della notte, che è ricca, variegata, spendacciona. 


Lo pensa, lo grida, lo sbraita il popolo del “liberi tutti e subito”, a stento tenuto al guinzaglio dal Comitato Tecnico Scientifico e appoggiato dal ministro Speranza, non senza falle e contraddizioni nella comunicazione. 
Solo adesso, con l’ultimo decreto, dopo un diluvio di critiche è arrivato il calendario delle riaperture per il mondo della ristorazione, dei bar e del turismo in generale. Imprevidenze e improvvisazioni hanno causato danni che si potevano facilmente evitare con buona pace di tutti.

Accanto agli scienziati non sarebbe male affiancare persone capaci di maneggiare i messaggi destinati all’opinione pubblica, affinché arrivino come dardi ben mirati, centrando il bersaglio anziché rappresentarsi come sciami di lance impazzite che cadono ovunque seminando panico e confusione.

Restano comunque intatte le raccomandazioni alla prudenza, scandite anche ieri a Parigi dal premier Draghi, ormai agilissimo nelle dichiarazioni persino venate di qualche nota d’ironia, attento a non regalare per bulimia propagandistica il primato della piccola conquista a chi vorrebbe appuntarselo.

E che la querelle sulla seconda dose in vacanza si dissolva come una nuvoletta molesta, considerato che gli italiani non vanno in vacanza tutti insieme, che non hanno tutti prenotato l’Australia, che se bisogna tornare per una mattinata sui propri passi non è la fine del mondo. Insomma, non saranno le ferie a scassare il piano vaccinale.
La speranza, quella con la s minuscola, è quella che non irrompa su questa fase meno concitata e non lontana dalla bella stagione, l’idea che le regole possono essere interpretate, che sono soltanto suggerimenti da interpretare a piacere e facoltativi nella loro applicazione. 


Se si ritiene necessario portare le mascherine, indispensabile mantenere le distanze di sicurezza e lavarsi spesso le mani: bene, che siano considerati gesti automatici e non ordini vissuti come se minassero le libertà individuali. Quelle neanche il Covid, per nostra fortuna, le minaccia. La minaccia è quella di comportamenti sconsiderati e lasciati correre capaci di imporre per la seconda volta il buoi del lockdown nel pieno di una estate possibilmente normale. Come ai vecchi tempi.

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