Luca Diotallevi
​Luca Diotallevi

La lotta tra i poli/ Il partito di Centro che serve alla politica

di ​Luca Diotallevi
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Martedì 21 Marzo 2023, 23:58

Che ne è del “centro”? E cosa ne è dei “moderati”? Il 25 Settembre le elezioni politiche sono state vinte dalla Meloni e dal partito che nella precedente fase politica aveva tenuto la posizione più lontana dal centro. Il 26 febbraio le primarie del Pd sono state vinte dalla Schlein e da chi vuole spostare quel partito più a sinistra e più lontano dal centro. Insomma: che ne è del “centro” e dei “moderati”? Per rispondere conviene sgomberare il campo da un luogo comune.


La storia dell’Italia repubblicana non ricorda uno scontro democratico più duro di quello che nel 1948 vide il centro, guidato dalla Dc di De Gasperi, sconfiggere i comunisti ed il loro fronte, portare l’Italia nella Alleanza Atlantica (Nato) e contribuire alla fondazione di quella che oggi chiamiamo Unione Europea. Erano dei moderati? No, assolutamente no. Se fossero stati dei moderati, non avrebbero affrontato e vinto uno scontro che fu persino fisico e non avrebbero immaginato l’inimmaginabile. O forse sì, furono dei moderati, ma nel senso che solo dei moderati possono essere davvero radicali, perché i moderati sono quelli che si battono per il “massimo del possibile” mentre gli estremisti si trastullano con la retorica dell’impossibile. Il “moderatismo” venne dopo e contro il centrismo degasperiano (Scoppola): e fu quello dell’opportunismo andreottiano ed ecclesiastico, dei “due forni”, delle “rendite di posizione”, dell’arte di non decidere, di non combattere e di rimandare.

Solo se liberato dalla caricatura del moderatismo, il centro appare per quello che è: il coraggio del massimo del possibile. Il centro non è un fatto solo-politico. Il centro di una società avanzata non potrà mai essere lo stato, tanto più se quella società si è data una Costituzione con cui ha scelto di essere repubblica e non stato (Mortati). Il centro è un fatto non-solo-politico. Il centro c’è quando una larga porzione di società è – per un verso – dinamica e capace di condividere un certo numero di norme e valori, solida e nello stesso tempo inclusiva, e – per altro verso – capace di proiettare sul sistema politico una linea che definisce un’area capace, a seconda delle circostanze, tanto di farsi parte contro altre parti eversive quanto di ospitare al proprio interno una competizione politica in cui la alternanza non mina, ma consolida la forza delle istituzioni democratiche. Il sostegno corre in tutti e due i versi. Il centro non-solo-politico rinforza il centro-politico e viceversa.
La crisi del centro – e siamo al punto – non è mai un fatto solo-politico.

Il dilagare del moderatismo ieri e l’aumento della distanza tra i poli politici opposti oggi non sono solo la causa, ma anche l’effetto della crisi del centro come costrutto non-solo-politico.


Del centro ha bisogno la società ed ha bisogno la politica, ma questo bisogno non basta a garantire che in ogni società ci sia sempre un centro. Le società si sgretolano e declinano e questo capita anche perché, in tempi di cambiamento, perdono il vecchio centro e non ne sanno costruire uno nuovo. Oggi tutte le società libere, a partire dagli Usa, sono alle prese con la crisi del centro, del loro centro sociale prima ancora che del loro centro politico. Il vecchio centro novecentesco non tornerà ed il nuovo centro è nulla più che un cantiere aperto, per la gioia degli sciacalli delle società senza libertà ed i loro profeti finto-ingenui. Soprattutto nelle società avanzate e libere, la politica non potrà mai ricostruire il centro da sola: non attraverso imboscate di palazzo (e qui sta la debolezza del Terzo Polo) né solo dal Quirinale (e qui sta la debolezza dei cosiddetti moderati del Pd). Difficilmente, però, in una società avanzata e libera si ricostruirà un centro se la politica rema contro o non fa la sua parte. Lucrare politicamente sulla crisi del centro può fare anche la fortuna di qualche singolo populista o di qualche singolo sovranista, ma di nessun altro: la esperienza del governo giallo-verde almeno questo dovrebbe averlo insegnato.


Della ricostruzione del centro non-solo-politico non esiste una ricetta, ma la memoria di quanto avvenne in Italia nei primi due o tre lustri del secondo dopoguerra ricorda due cose, oggi ancora più vere di allora: nessun paese è in grado di ricostruire il centro da solo, nessun centro funziona se non ha radici locali e “baricentro basso”.
La questione del centro non-solo-politico e della sua ricostruzione si impone alla politica e dunque, oggi, in Italia, si impone innanzitutto al centro-destra guidato da Meloni ed al Pd di Schlein. La Meloni sembra averlo capito, ma ce la farà a buttare a mare la zavorra di retaggi del passato e dei debiti contratti con altri componenti della sua coalizione? La Schlein sembra non averlo capito, ma le converrà fare la “sardina a vita”? Il tutto nella speranza di avere un centro non deserto, ma, se possibile, affollato e conteso.

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