Paolo Pombeni
Paolo Pombeni

Caccia al consenso/ Le scorciatoie demagogiche che fanno male al Paese

di Paolo Pombeni
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Giovedì 22 Luglio 2021, 00:10

Tutto per un pugno di voti, quelli di qualche segmento dell’elettorato, a volte fatto di “sentimenti pubblici”, a volte di corporazioni. Già, ma al grande corpo del Paese, quello che una volta si chiamava, magari disprezzandolo, la maggioranza silenziosa, chi ci pensa? Davvero siamo convinti che sia fatto di pecore che non vedono, non sentono e non parlano (specie sui social) e che disciplinatamente si incanaleranno nei soliti partiti seguendo i sondaggi?

Non sono domande retoriche e nemmeno maliziose, è solo quello che viene da pensare guardando a questa politica che, non riuscendo più a lavorare come governo, si butta a discettare su tutto in sprezzo di qualsiasi ragionevole informazione. Così abbiamo Salvini che sa lui quale sia il livello di età che rende necessario il vaccino, Conte che per affondare la riforma Cartabia si inventa che così non si farà il processo per il crollo del Morandi, e avanti con l’elenco di affermazioni a vanvera.

Fermiamoci un momento a ragionare. Il compito della politica non dovrebbe essere quello di raccogliere voti a qualunque costo giocando a fare i fenomeni, ma piuttosto quello di cooperare alla costruzione di un comune sentire che porti alla solidarietà del corpo sociale. Questo supporrebbe però il riconoscersi in un quadro generale che si potrebbe anche chiamare in senso lato cultura. Purtroppo è quello che abbiamo lavorato per distruggere in questi ultimi decenni.

L’esempio banale è la fiducia nella scienza. Veniamo da una fase giustamente critica che ha messo in dubbio che ciò che dice qualunque scienziato sia verbo rivelato, abbiamo relativizzato tutto. Giusto così, ma con equilibrio. Invece siamo arrivati al punto che delle persone si sentono gratificate di un ruolo sopra quello del “popolo” quando non si fanno convincere dalla scienza, perché, insomma, è bene non fidarsi, dubitare, sappiamo bene quante volte la scienza ha sbagliato, ecc. E’ a questa platea, quella dei cosiddetti Ni-Vax, persone spesso acculturate che non credono alle leggende di cui si nutrono i No-Vax, che strizza l’occhio una certa politica, convinta di mostrare così la sua superiorità che la pone fuori da un presunto “coro” (subito etichettato come soggetto ad una dittatura di qualche genere).

Aggiungiamoci che ci si batte per la “libertà” e crediamo di avere toccato la corda giusta a cui è sensibile una opinione che gli studiosi definiscono “individualismo di eccezione” (ognuno è legge a se stesso) anziché “individualismo di appartenenza” (ciascuno è responsabilmente inserito in un contesto comunitario).

E’ un buon modo di fare politica? Certamente no, e per più di una ragione. Innanzitutto perché chi mina la coesione sociale in un momento in cui si deve affrontare un tornante difficile non contribuisce a superarlo, ma a cadere nel burrone. Curiosamente la politica da un lato massimizza la percezione del momento difficile, ma dall’altro si butta a far intendere che passerà presto e si tornerà come prima, ovviamente senza troppa fatica (ognuno la mette a modo suo, si capisce). Tutta la storia dimostra che i passaggi difficili le nazioni li superano stringendosi in un comune sentire solidaristico, ma della storia chi si fida?

In secondo luogo una politica che sparge a piene mani soluzioni fantasiose per affrontare problemi seri prepara la sua fine. La gente valuterà chi sa affrontare i problemi, pur senza fare miracoli che non rientrano fra le possibilità umane, e chi solletica solo il consenso di questo o quel settore elettorale dimenticandosi dei danni collettivi che procura. Significa, detto banalmente, che l’opinione pubblica sarà incline ad affidarsi a quelli che sbrigativamente si etichettano come “tecnici” e tornerà a pensare che la politica sia una cosa poco seria (per non dire altro).

Non sarebbe un buon cambio di paradigma, perché un sistema è in equilibrio se al suo interno le capacità che derivano dalla competenza scientifica e quelle che vengono dalla capacità di costruire le decisioni per far vivere e progredire la società (questa è la politica) convivono collaborando.

Non ci attendono tempi facili, anche se speriamo non siano troppo difficili e dunque abbiamo bisogno che si lavori per ricostruire quella armonia. Le scorciatoie della demagogia, magari per compiacere le posizioni poco illuminate di qualche corporazione, si devono lasciare fuori dalla porta. Devono convincersi tutti che portano a risultati pessimi.
 

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