Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

Ritocchi necessari/ Quello che ancora si può fare sull’Autonomia

di Angelo De Mattia
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Sabato 18 Marzo 2023, 23:59
«Regioni per unire» è lo slogan che si affermò, nel 1970, alla nascita dell’istituto regionale: così dicendo le forze politiche che le avevano fortemente volute intendevano superare diffidenze e preoccupazioni. La formula conserva tuttora la sua validità. E alla luce di ciò andrebbero esaminati i passi che si stanno compiendo per l’introduzione dell’autonomia differenziata, con in primo piano la questione cruciale della determinazione dei Lep, i Livelli essenziali di prestazioni. È uno dei punti cruciali che, se affrontato nel modo corretto, pur non risolvendo il contrasto tra statalisti e regionalisti potrebbe contribuire, attraverso l’assicurazione a tutti dello standard minimo dei servizi, a preservare l’unità nazionale allontanando il rischio di quella che è chiamata la “secessione dei ricchi”. Per questo la determinazione dei Lep, che deve precedere il decollo dell’autonomia ed è affidata al governo, dovrebbe invece prevedere l’intervento del Parlamento, così come il fondo di perequazione meriterebbe un approfondimento maggiore: i pilastri che sorreggono l’unità del Paese non possono non prevedere il coinvolgimento pieno della sovranità popolare. Se poi nel progetto del governo si indica che l’attribuzione di risorse non deve causare nuovo deficit, salta in primo piano l’interrogativo di come verranno finanziari i Lep, se effettivamente si vuole rispettare la loro essenzialità. E ciò a prescindere dalla vexata quaestio sul fatto di trattenere il “residuo fiscale” da parte delle Regioni, ipotesi peraltro contestata dai promotori della riforma. Ma la questione non si esaurisce con i Lep. Se solo si pensa alle 23 competenze possibili oggetto del decentramento - dalla sanità all’istruzione, dall’energia alle grandi reti dei trasporti, allo stesso commercio con l’estero - pur premettendo che ci si muove nell’ambito della riforma del Titolo V della Costituzione, la sua attuazione rischia di confliggere con i principi generali sui quali è imperniata la Carta. Non solo dunque l’unità, ma anche la solidarietà e le norme che disciplinano le singole materie, a cominciare dalla salute soprattutto dopo la prova negativa offerta da alcune Regioni con la pandemia. Per non dire dell’istruzione. Il rischio che su materie come la scuola si propongano programmi diversi o li si condizioni a livello territoriale, è evidente: si romperebbe l’unità dell’istruzione e della cultura, e si perderebbe il necessario “idem sentire de republica” che nella sostanza è il vero patriottismo. Ciò avverrebbe mentre la globalizzazione marcia, per alcuni aspetti, verso la deglobalizzazione, ma per altri la dimensione europea e internazionale non è venuta meno, sicché l’operazione-autonomia potrebbe apparire quale voglia di rinchiudersi in piccoli ambiti per fronteggiare fenomeni ormai epocali, pronti però a chiedere la mano dello Stato quando le cose non evolvessero come sperato. È ipotizzabile, mentre si affronta la transizione energetica, l’autonomia in questo campo e in quello delle reti dei trasporti? E che dire dei rapporti finanziari delle Regioni e delle relazioni con il sistema bancario? Come si vede, vi sono competenze nelle quali la cura unitaria è imprescindibile. Intanto, però, l’iter di approvazione della riforma in Parlamento è iniziato. Poiché non ha senso affidarsi alla sorte nell’auspicio che si blocchi per qualche intoppo - nella maggioranza non tutte le posizioni sono omogenee - occorrerebbe agire per tentare, partendo dai lavori parlamentari, un raccordo tra i sostenitori e i contrari, un’operazione che fughi i dubbi e prevenga i rischi. Non è un’operazione facile ma va tentata nell’interesse prioritario del Paese.
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