I treni non osservano le fermate, si salta da Termini al Flaminio. Ordine della autorità giudiziaria.
Particolari dell’ultima ora, in continuo aggiornamento, sullo scandalo infinito di un servizio di trasporto sotterraneo che trasforma i cittadini viaggiatori in ostaggi e rivela una manutenzione inesistente all’origine di guasti a catena, scale mobili in tilt, uscite sbarrate.
Il sabato romano, con la prima, dolce aria di primavera e la voglia di godersi la città, si è trasformato in un incubo per migliaia e migliaia di incolpevoli aspiranti passeggeri. Come una maledizione annunciata, prevista, quasi programmata.
Poi si è rotta la scala d’acceso alla fermata di piazza Barberini, e ieri, per controlli precauzionali, quella di piazza di Spagna: insomma, è come strappare in faccia al viaggiatore, al turista, a chi ha bisogno di spostarsi in modo rapido e sicuro, il biglietto da visita della Capitale.
Il cambio di marcia promesso è avvenuto: si è fermata la macchina, il governo della città offre a piene mani disagi e disservizi. Lo scatto di autodeterminazione a cambiare rotta è invisibile, non si avverte su un largo fronte di problematiche irrisolte. Anzi, insieme con un diffuso scoramento e disincantato avanza l'idea che l'incapacità e la incompetenza siano alla base di una miscela velenosa, paralizzante. Non basta, soprattutto non serve ai piani alti del Campidoglio, gridare alle cattive eredità del passato che mettono il freno al presente e azzoppano il futuro. Il ritornello del peggio era prima di noi non paga più, diventa fragile alibi per una gestione che la Capitale non merita. Chiudere la Metro che è l'arteria che collega il centro alla periferia significa rendere un'immagine limpida e severa di una stagione che deve cambiare passo. E chissà quante altre volte saremo chiamati a ripeterlo. Sempre invano? No, non sempre invano.
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