A raffreddare quest'aspetto senz'altro delicato dell'inchiesta e dell'iter processuale seguito, con tutta a sua autorevolezza di alto magistrato universalmente riconosciuta, è intervenuto in serata il Procuratore Generale di Roma, Giovanni Salvi. Le parole del magistrato suonano definitive, fissano con precisione il contesto giudiziario e allontanano con perentorietà ogni tentativo di speculazione in punta di diritto: insomma, Salvi stronca l'insinuazione di chi vorrebbe confondere la correttezza dell'istruttoria penale con una lettura impropria dell'istantanea.
Dice Salvi che gli indagati sono stati presentati all'interrogatorio liberi nella persona, senza bende o manette; all'interrogatorio è stato presente un difensore; l'interrogatorio è stato condotto da due magistrati, è stato registrato e ne è stato redatto verbale integrale. Gli indagati sono stati avvertiti dei loro diritti.
Discorso a parte merita quella foto. E, soprattutto, l'autore della decisione di bendare, pare per cinque minuti, il giovane americano. L'Arma, attraverso i suoi massimi organismi, ha avviato una indagine interna e prontamente deciso il trasferimento ad un incarico non operativo per il militare che ha imposto all'indagato un inutile, altamente deplorevole atto di sottomissione.
Ingiusto, inutile, vietato dalla legge: che sia chiaro. Tutto ciò avrà precise e severe conseguenze ma certo non è pensabile che possa diventare una sponda per una tifoseria giudiziaria contro l'Arma o per fabbricare dubbi sulla linearità di un'indagine che ha saputo individuare, cercare e arrestare i presunti responsabili, uno dei quali, colui che ha inferto le coltellate, reo confesso.
Dai servizi tv che rimbalzano dagli Usa, dove si lamenta il fatto che la famiglia non abbia ancora potuto parlare con i ragazzi arrestati e rinchiusi a Regina Coeli, o che personale diplomatico dell'ambasciata Usa non sia ancora potuto intervenire, sembra di avvertire il suono di un'idea che la giustizia italiana sia poco affidabile, da prendere con cautela nel valutare le sue decisioni e via sciabolando definizioni.
Qualcuno si avventura perfino a ricordare il caso di Amanda Knox: come per dire che della giustizia italiana è meglio non fidarsi troppo. E' stato precisato, ma forse non era necessario, che le pressioni, anche quelle che vorrebbero essere sofisticate nel linguaggio delle insinuazioni, non attiveranno sconti, benevolenze a buon mercato, liquidando il tutto come un fatto involontariamente degenerato in crudele assalto all'arma bianca.
Certo, la vicenda è definita nei contorni di massima, ancorché già precisi e chiari. Ci sta, è fisiologico, che siano ancora dettagli diversi e anche di peso da definire.
Destinati alla dialettica processuale, gli elementi da porre in piena luce: la dinamica del borseggio, la trattativa per la restituzione del cellulare contro denaro contante, l'ambiente, i personaggi, i retroscena, il contesto e i rapporti tra i differenti protagonisti. Materia complessa che non intacca ciò che è già fissato nell'inchiesta. La foto dell'arrestato bendato è una pesante caduta di stile che tuttavia non può trasformarsi in una clava per demolire responsabilità gravissime e già acclarate.
La tempestività e la fermezza del Comando Generale rappresentano una conferma della nettezza e del rigore con cui si è inteso procedere. Quella benda è fatto che inquieta ma non può in alcun modo tentare di bendare l'indagine sulla quale la magistratura, ai suoi livelli più alti, si muove. Servirà comunque, fuori da ogni azione strumentale o demagogica, chiarire in fretta i perché di quella benda. L'Arma deve poter affermare di non avere nulla da nascondere.
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