Mario Ajello
Mario Ajello

Guerra delle ruspe/Nel teatro Capitale anche la legalità diventa grande show

di Mario Ajello
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 21 Novembre 2018, 00:24
Seicento vigili urbani. Seicento tutti insieme. E nessuno si è dato malato, nessuno in ferie, nessuno che abbia detto «nun me va»? Sembra un miracolo.

I vigili che in città non si vedono mai sono diventati un esercito non più fantasma e sia pur attempati e paffutelli eccoli trasformati in Rambo. In onore della sindaca, in nome dello show: il gran spettacolo dello sgombero delle villette dei Casamonica al Quadraro. Si poteva, anzi si doveva fare questo sgombero 25 anni fa, e come la cosa più normale e non come un kolossal. 

E invece a Roma tutto quanto fa spettacolo, pure a scoppio ritardato, e non c’è niente di più spettacolare dei Casamonica, anche se stavolta non ci sono le carrozze come al funerale di tre anni fa ma in questo war movie potrebbero arrivare i panzer o i droni. 

Non siamo a Cinecittà ma è come se fosse. Il blitz comincia all’alba, la Raggi (come Al Pacino in “Ogni maledetta domenica”) fa il discorso motivazionale ai suoi 600 arditi e prende uno strong caffè combat insieme al suo esercito (che poi nella pausa pranzo si dividerà in due quando arriva la pasta: io gricia, tu amatriciana, e il goccetto è uguale per tutti sognando la pennica ieri eccezionalmente sospesa) e Roma non si smentisce in questo eroismo da commedia di Albertone. Tanto impeto bellico-legalitario per un obiettivo, sgombrare i Casamonica, giusto e finalmente ma neanche i Casamonica avrebbero mai attribuito a se stessi questo grado di super-boss che richiede una così ampia mobilitazione militare di pizzardoni improvvisamente eroi. 

Avrebbe potuto pensarci Ignazio Marino, senza tante fanfare da “giornata storica” (copyright Raggi) a fare questa operazione che dovrebbe esse un’operazione ordinaria. O comunque ci si doveva pensare prima e meglio. S’è innescata viceversa la guerra della ruspa (la mia, la tua o la sua?) tra la sindaca, il governatore Zingaretti e il governo, ieri rappresentato nel cuore delle operazioni contro la foresta vietnamitica delle otto villette Casamonica prima da Salvini e poi dal premier Conte.

Tutti al Quadraro per conquistare la propria medaglia. Tutti generali di corpo d’armata, quella dei pizzardoni Rambo che sono pur sempre pizzardoni e qualcuno di loro dopo il blitz e l’irruzione nelle case sembra quasi tentato di chiedere al nemico battuto: «Che cosa ne dici di un ammazzacaffè?». 

I Casamonica (orrore) sono i Casamonica ma perché altrettanta foga, magari con meno tasso di spettacolarità ma con più tempismo, non viene usata per liberare i tanti edifici occupati a Roma, la ex fabbrica di Penicillina sulla Tiburtina e gli innumerevoli ricoveri illegali per spacciatori, clandestini e antagonisti più o meno violenti? E’ più mediatico e semplice uno sgombero così. Politicamente più fruttuoso e meno imbarazzante. Un’agevole passerella. Una vetrina d’eroismo. E perepé, perepé, perepé... 

E in questa gara tutti sfoggiano i propri muscoli, ognuno vuol essere più vincitore degli altri, ma sembra un talent e non è il talent ciò che serve davvero a Roma. Ma un senso costante, capillare, cocciuto di legalità, di controllo, di ordine e di tutela profonda della sicurezza dei cittadini ed è proprio questo che continua a mancare e non c’è enfasi da pirotecnico blitz una tantum che possa mascherare questa assenza. 

Non va bene o almeno non basta il set in cui potrebbe erompere il grido: «A pizzardo’, facce Tarzan!». Sarebbe meglio avere i vigili per le strade a dirigere il traffico come accade in ogni altra capitale, i Casamonica azzerati come meritano, i palazzi non più occupati e restituiti alla legalità, e Roma che la smetta di somigliare troppo a questa Roma.
© RIPRODUZIONE RISERVATA