Mario Ajello
Mario Ajello

Occasioni mancate/ I 150 anni della Capitale e l’oltraggio antipatriottico

di Mario Ajello
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Mercoledì 18 Dicembre 2019, 00:15
Una piccola mancia. Anzi, un’elemosina. Ma non è dall’entità della cifra che stiamo parlando. E’ del segnale devastante, per l’intero Paese e non solo per la sua città guida, custodito in quei 500mila euro destinati alle celebrazioni dei 150 anni di Roma Capitale. Evento per il quale oltretutto, a uno anno dalla scadenza (la legge fu del 3 febbraio 1871), ancora manca un comitato organizzatore, un programma, una visione, un coordinamento istituzionale e tutto ciò che serve per non vanificare nel caos e nell’indifferenza all’italiana una grande occasione.

Cambiano i governi; esce dall’esecutivo Salvini, voglioso di conquistare lo scalpo dell’Urbe ma sempre convinto che questa sia una città come altre; ma non cambia la deliberata volontà politica di svalutare Roma. Di minimizzarne il ruolo. Di oltraggiarne la storia e di pregiudicarne il futuro. Ed è grave, da parte dell’esecutivo e del Parlamento, non avere la consapevolezza che soltanto avendo una Capitale forte si può fare una politica vera, sia sul piano nazionale sia su quello internazionale. Ma niente. La mancia per Roma è un condensato di miopia, di autolesionismo e perfino di oltraggio. Basti pensare che 500 mila euro, quanto quelli per riflettere sul capolavoro del Risorgimento e per rilanciare su basi nuove l’idea di Italia, vengono indirizzati a Padova per il compito di capitale europea del volontariato. E sempre 500 mila vanno anche a varie «iniziative culturali» a Milano (comma 396 della manovra) e alla Sissa di Trieste (Scuola internazionale di studi avanzati).

Ma, appunto, non bisogna fermarsi alle cifre. Il danno vero sta nel fatto che non si è capaci riconoscere un’evidenza che è questa: soltanto partendo dalla Capitale si può risollevare il Paese. Non dovrebbe essere difficile capirlo. Eppure, sotto la coltre dei luoghi comuni anti-romani, prerogativa non esclusiva dei lumbard, e nel pieno impegno a dare mance di qua e di là, si perde di vista l’interesse nazionale che a Roma ha, o dovrebbe avere, la sua sintesi.

E’ un atto anti-patriottico, insomma, quello commesso in queste ore nella legge di bilancio. E non certo in linea con gli sforzi del Quirinale, che già al tempo di Napolitano per i 150 anni dell’Unità d’Italia riuscì a mobilitare il Paese e che, per questo centocinquantenario, con la presidenza Mattarella farà sue iniziative. E ci si augura che l’impegno del Colle, ancora da definire, possa supplire e allo stesso valere come monito alle carenze di altri.

Il premier Conte nel settembre scorso disse che Roma avrebbe avuto presto «lo status e i poteri speciali che si merita» ma da allora, come al solito, non s’è’ visto nessun fatto. A riprova - lo scriveva nel 1901 il deputato Antonio Fradeletto, relatore alla legge per l’acquisto della Villa e della Galleria Borghese - che «qui a Roma l’Italia è semplicemente attendata, e di malavoglia, non è intellettualmente e mortalmente assisa».

Magari da qui al 2021 verrà corretta la partenza sbagliata per le celebrazioni. E una correzione di rotta è assolutamente necessaria perché questo appuntamento potrà essere un modo per ripensare le fratture tra Nord e Sud, per affrontare con spirito nuovo i disequilibri tra le parti del Paese, per cominciare a ragionare davvero sul grande tema politico e sociale della redistribuzione delle risorse.

In questo quadro, mentre si vorrebbe rinchiuderla nelle sue mura come al tempo del declino della Roma papalina, non solo va riconosciuta e rilanciata l’azione di questa città come luogo di cucitura e di mediazione ma per fare questo occorre distinguere tra l’odierna mala-amministrazione locale e il destino storico nazionale. E le scarse performance del Campidoglio non possono essere prese a pretesto per degradare la funzione della Capitale. C’è di più. Con la scelta del governo sui 150 anni, si va a svalutare l’intero percorso risorgimentale di cui l’istituzione di Roma Capitale è stato il punto di arrivo e di ripartenza. E non solo il Risorgimento è stato oscurato lungo il ‘900 e successivamente - come uno dei nostri massimi storici, Rosario Romeo, ricordava con forza - dal mito della Resistenza che s’è imposto pur essendo divisivo, ma adesso l’impresa dell’unificazione viene messa in dubbio dall’ideologia autonomista. Che, da un governo all’altro, non smette di proporsi e riproporsi come SpaccaItalia.

Ecco, puntare, come non si sta facendo, su Roma e i 150 anni è la via migliore per andare alla radice dei problemi attuali.
Ma ci vorrebbe una grande classe dirigente per capirlo.
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