Mario Ajello
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Rifiuti, Roma in ginocchio: la cura Raggi, il fallimento di un’ideologia

Rifiuti, Roma in ginocchio: la cura Raggi, il fallimento di un’ideologia
di Mario Ajello
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Mercoledì 2 Ottobre 2019, 00:31 - Ultimo aggiornamento: 07:55

È l’atto più simbolico che potesse verificarsi. Con la raccolta dell’immondizia nel caos e con i rifiuti tornati nelle strade.
Si è dimesso, con un gesto polemico e accusatorio, il Cda dell’Ama. C’era da aspettarselo, ed è il settimo consiglio di questa società municipalizzata, un colosso da quasi 8000 addetti, che getta la spugna. E lo fa denunciando in maniera severissima e circostanziata la mancanza di collaborazione da parte del Comune. Cioè l’inadeguatezza e l’incapacità gestionale in un settore, quello dei rifiuti, in cui la Capitale d’Italia sta facendo scandalo agli occhi del resto della nazione, dell’Europa e soprattutto dei suoi cittadini costretti all’invivibilità tra i cumuli di sacchetti e tra i cassonetti strabordanti e maleodoranti.

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Si dirà: le accuse del Cda dimissionario possono essere di parte. Ma la parte è quella di chi è stato scelto proprio dalla Raggi per amministrare questa materia e che sull’inefficienza della sindaca dice più o meno ciò che i precedenti consiglieri di amministrazione di Ama dicevano. E basti ricordare il nastro («La situazione è fuori controllo», parola dell’allora presidente e ad, Bagnacani) che svelò la totale mancanza di governo e di controllo da parte della giunta capitolina su un tema a dir poco delicato come il diritto di vivere in un ambiente sano e pulito. Alla stregua di quanto accade in tutte le metropoli dell’Occidente civilizzato e il faro della civiltà, che fu Roma, ora non somiglia più a se stessa. 
La crisi di quest’estate ha rappresentato la riprova del peggio. All’immondizia dilagante s’è risposto con un’ordinanza regionale che metteva condizioni stringenti per la soluzione dell’emergenza. Con i siti di trasferenza e con i viaggi dei treni della speranza, s’è creduto che si potesse trovare un verso a questa brutta storia, ma così purtroppo non è stato. E dopo la tregua d’agosto - meno romani in città e meno sacchetti - al ritorno dalle vacanze è ricominciato l’obbrobrio. Come conferma clamorosa del fallimento ideologico della politica grillina in questa materia, che rischia di condannare la Capitale del settimo Paese più importante del mondo a morire di vergogna e di asfissia. 
E non c’è neppure la più minima consapevolezza della gravità della situazione, come si evince dalla decisione della sindaca di non mettere in queste ore alla guida del colosso Ama (8000 addetti, una macchina di lavoro che andrebbe indirizzata al meglio e non lasciata andare a un’immeritata deriva) una personalità di rilievo e di sicura esperienza. E c’è un misto d’indifferenza, improvvisazione e irresponsabilità istituzionale in questa scelta destinata ad aggiungere caos al caos. 
Non può che chiamarsi fallimento ideologico dunque quello per cui a Roma i 5 stelle non vogliono le discariche, ripudiano i termovalorizzatori, sognano cifre della raccolta differenziata da paradiso nordeuropeo, quando invece le cifre reali di questa città sono molto inferiori rispetto a quelle delle altre. E non soddisfatti del Disastro Capitale, i grillini hanno imposto il No ai termovalorizzatori anche nel programma del governo nazionale rosso-giallo. Cercando di contagiare anche il Pd in questa follia. 
C’è da chiedersi allora quale sia la soluzione possibile. Ed è facile essere presi dallo sconforto civile. Nominare, da parte del governo, un commissario prefettizio per la gestione dei rifiuti della Capitale? Questa opzione verrebbe vista come la ratifica del fallimento della politica capitolina e M5S si metterebbe di traverso, non potendo ammettere che la sua sindaca sia la responsabile di questa situazione intollerabile. Il destino di Roma però è a un bivio. O il finire seppellita dai rifiuti. Oppure l’aggrapparsi alla speranza di essere salvata dal governo che, vedendo l’estrema gravità della situazione, sceglie di commissariare la materia o comunque di intervenire in qualche modo. Perché non possono essere più i romani a pagare gli errori di una sindaca che non governa la città e di un governo che non impedisce alla sindaca di allargare ulteriormente anche questa piaga di una Capitale che ne ha troppe. E che non ne può più di soffrire ancora.

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