Mario Ajello
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Il messaggio di Mattarella, la svolta pop nel Paese che va riequilibrato

Il messaggio di Mattarella, la svolta pop nel Paese che va riequilibrato
di Mario Ajello
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Giovedì 2 Gennaio 2020, 08:18
Saper essere italiani fino in fondo è il risultato di un percorso non facile, specie nel frastuono da social e nel rumore delle risse politiche. Ma è una delle poche strade che portano al benessere e al risultato economico e civile.

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Nessuna retorica nel discorso di Mattarella - inquadrato al centro della sala, e non nel suo studio, come se fosse in mezzo a una delle piazze italiane che sono sintesi della nostra identità - che s'è rivelato invece mai come stavolta un concentrato laico dei punti di forza su cui dobbiamo puntare. E da cui dobbiamo ripartire: economia reale, operosità, innovazione, coesione, genio italico, arte della relazione che diventa un asset nazionale che altri possono vantare assai meno di noi.

Osservandola come se fosse un astronauta, o uno straniero, o un giovane, Mattarella ha colto quelle qualità che lo strabismo andante nel nostro Paese non riesce a focalizzare. Ma che risultano evidenti a uno sguardo più aperto e più libero e più storicamente fondato. Da qui discende l'invito ad avere fiducia nell'Italia che del resto già dai tempi del medioevo - per non dire di quelli antichi - ha inventato la modernità e ha saputo farsi egemone. E oggi siamo pur sempre la seconda industria e la prima agricoltura d'Europa. Per non dire di tutto il resto. E non bisogna demoralizzarsi.

Un discorso non intellettuale questo ma popolare. Perché condotto parlando, senza un filo di demagogia, dell'astronauta Palmitano, del sindaco eroe di Rocca di Papa, delle popolazioni alle prese con i sismi e con le inondazioni, della gente del Mezzogiorno e dei ragazzi di ogni latitudine. E i giovani (a cui dare speranze ma anche doveri e responsabilità) insieme al Sud sono i giacimenti per il futuro. Ecco allora Mattarella in versione pop nel Paese da riequilibrare e da riconnettere tra Meridione e Settentrione, tra anziani e giovani, tra chi è avanti e chi è indietro. Il fatto che l'innovazione sia soprattutto il risultato della relazione è da sempre presente nella consapevolezza diffusa degli italiani e questo sta scritto - non spaccare ma cucire e ricucire - nell'identità italiana.
Il paradosso, non segnalato dal presidente, è che l'Italia è stato il Paese che per primo ha sperimentato la modernità ma è anche una nazione più diffidente di altre rispetto ad alcuni aspetti della modernità, come l'accumulazione capitalistica e l'economia liberale di mercato fondata sulla competizione e sulla concorrenza anche dura. Un altro paradosso balza agli occhi. La Rete è la forma moderna della piazza, dovrebbe essere quindi idealmente il luogo della costruzione italiana per eccellenza, fatta di scambi e di interconnessioni, e invece proprio questo è diventato il terreno in cui l'Italia sembra impaludata e divisa. E Mattarella, come tutti, da presidente pop, i rischi di questo paradosso li vede e li segnala.

L'importante è non farsi spaventare. E tantomeno lagnarsi e autocommiserarsi. Non perché esista (non è mai esistita) la buona stella italiana sotto cui cercare riparo. Ma perché aveva ragione (autore per niente mattarelliano) Friedrich Nietzsche: «Il genio italiano ha usato nel modo di gran lunga più libero e fine ciò che ha preso a prestito e ci ha messo dentro molto di più di quello che ne ha ricavato, essendo il genio più ricco, che più poteva donare». Ora occorre dare qualcosa, anzi molto, di più a noi stessi e in hoc signo vinces.
 
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