Mario Ajello
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Fase 2, manuale di civiltà con mascherina: quattro tipologie di italiani

Fase 2, manuale di civiltà con mascherina: quattro tipologie di italiani
di Mario Ajello
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Mercoledì 6 Maggio 2020, 07:29 - Ultimo aggiornamento: 12:58

Sulla mascherina di chi porta la mascherina è come se ci fosse scritto questo messaggio rivolto ai visi nudi: «Indosso questa protezione non solo per me, ma anche per te».
Sottotesto: «Perché non deve valere la reciprocità?». Troppo spesso non vale. E c'è un'asimmetria, tra chi la mascherina la usa e chi no, tra chi vuole fare parte della soluzione e chi del problema, che rende più complicata l'uscita dall'emergenza. Si guardano certe immagini di parchi pieni di gente incauta e contenta di esserlo, e viene lo sconforto. Si vedono interi lungomari dove ci si gode la libertà o la semi-libertà sfidando il morbo a viso aperto come se la tragedia fosse alle spalle e non avesse insegnato nulla. E nelle strade si vorrebbe incontrare, tra le varie tipologie dell'italiano da fase 2, solo la categoria dello Scrupoloso, quello che ha sempre la mascherina e può anche avere i guanti. Ma purtroppo non è così.

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Ci sono anche lo Strafottente, il Distratto, l'Untore (potenziale). Quest'ultimo è il peggiore, è quello che ti guarda e ti punta, ridicolizzandoti: «Ma ancora con la mascherina? Ma non sai che è tutto un imbroglio?». Il potenziale untore un invincibile che la sa più degli altri e la prosopopea è una dei caratteri peggiori dell'arcitalianità e dello strapaese (esistente anche all'estero, purtroppo). Ma quasi non varrebbe la pena di parlare di questo tipo. Un tantino più su, c'è lo Strafottente. È quello che dice: ma vabbé, non esageriamo. Dunque va in bici senza mascherina perché «mi si appannano gli occhiali». Oppure non la porta perché «fa caldo». O addirittura non la usa perché si sente bello, e il pezzo di stoffa nasconderebbe la sua erogenia (ma quel gran baffo che mi ritrovo, perché dovrei celarlo, per far contento il governo e il comitato tecnico-scientifico?). Lo Strafottente è quello, così come anche l'Untore (potenziale) e il Distratto (di cui diremo tra poco), che si gode come tutti ma più di tutti la semi-libertà ma scarica il suo azzardo del no mascherina addosso agli altri. E questo, se si dovesse far valere il parallelismo epidemia-guerra, sarebbe una sorta di alto tradimento nei confronti della patria. Come si fa a non capirlo? Boh.

Tra tanto affollarsi di norme e contronorme, diverse e opposte nelle varie latitudini, almeno è chiaro o dovrebbe esserlo che esiste un codice di salvataggio - e non banalizziamolo come se fosse soltanto un fatto di buona educazione o una questione di neo-galateo o un atto disciplina da osservare perché ce lo richiedono dall'alto - che ha nella mascherina il suo strumento più a portata di mano. L'uso della protezione, che è dello Scrupoloso ma anche dei no logo, ossia degli italiani senza etichetta e di semplice buon senso, è una regola comportamentale che sta entrando nella coscienza collettiva, e costituisce una barriera sanitariamente corretta a cui non si può contrapporre l'abbassamento delle barricate da parte di chi, per esempio, rientra nella categoria del Distratto (o del Narciso). È quello che la mascherina ce l'ha ma non se la mette. O la appende solo a un orecchio e la fa penzolare da quello, per dare l'impressione che un po' ci crede e un po' no. Oppure la tiene alzata solo fino a sotto il naso, magari credendo di avercelo bello. Come se al di là del naso del proprio ego non ci fosse il naso degli altri che potrebbe inoculare un bacillo.

Lo Scrupoloso dovrebbe allearsi con il Distratto, e ci prova in tutti i modi, per allargare il fronte, già ampio in verità ma le quinte colonne sono troppe, della responsabilità. Il Distratto, categoria che si piazza al secondo posto dopo gli scrupolosi nella classifica della maggioranza degli italiani ma tende a crescere, è quello capace di dire: «Io sono uguale a te, perché la mascherina ce l'ho con me, ma sono diverso da te perché me la metto e me la tolgo quando mi pare». A riprova che il Distratto è simile allo Strafottente. Entrambi, se uno Scrupoloso fa notare loro la mancanza di protezione, hanno la risposta pronta: «Sei un inquisitore! Sei un giustizialista!». Anche se non c'è nulla di più garantista, per sé e per gli altri, che alzare il bavaglio fino a metà del naso (no, non è censura, è sicurezza cioè libertà) e aspettare così bardati che arrivi il vaccino, che lo Stato si adegui e si rafforzi sotto l'impulso della lotta al contagio - i libri sul 600 del sommo Carlo M. Cipolla andrebbero riletti uno per uno per comprendere il nesso tra lo sviluppo dello Stato moderno e la lotta ai virus - e che tutti capiscano che dobbiamo fare non ciò che ci piace ma ciò che è utile. Anche se ci tappa la bocca (il che, viste le insensatezze che circolano, non sembra un male).
Questa semi-libertà in mascherina oppure no fornisce scene - che guarda caso ritroviamo anche nei Promessi sposi in cui si parla della peste del 1630 - relative al diritto di passaggio nelle strettoie cittadine.

Dove si svolge, per esempio nei vicoli del centro di Roma, questo dilemma: passo prima io che ho la mascherina o lui che non ce l'ha? Quello con la mascherina potrebbe contagiare di civiltà quell'altro, ma quello senza mascherina potrebbe potenzialmente infettare lo Scrupoloso. Insomma chi passa per primo? Dovrebbe passare per prima la civiltà, la laica consapevolezza che in fatto di salute nessuno può considerarsi un'isola. Anzi, gli scrupolosi dovrebbero sentirsi affini - non si pretende che basti la condivisione di una mascherina per diventare affetti stabili - e trascinare tutti gli altri. Si può.

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