Mario Ajello
Mario Ajello

Paradosso Milano/Mossa azzardata e rischio per tutti

Paradosso Milano/Mossa azzardata e rischio per tutti
di Mario Ajello
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Giovedì 16 Aprile 2020, 00:13
L’anti-modello lombard, al tempo del Coronavirus, che si fa battistrada della ripartenza italiana sembra quasi uno scherzo. Purtroppo non lo è. Rappresenta invece un azzardo. Ed è l’illogica postilla di una catena di errori nella gestione dell’emergenza sanitaria che è sintetizzabile così: oltre il 50 per cento dei deceduti in Italia sono lombardi, 11.377 su 21.645 secondo i dati di ieri.

Un disastro, non solo certificato dalle cifre, che è sotto gli occhi di tutti. E che avrebbe dovuto portare adesso a un surplus di responsabilità. Ossia alla massima prudenza nell’avvio della fase 2, a una riapertura delle attività economiche lenta e ritardata, e particolarmente attenta alle compatibilità e alla reale fattibilità, senza scorciatoie e senza leggerezze visto che se ne sono già avute tante. E a pagarle non sono stati solo gli incolpevoli cittadini lombardi ma a cascata anche il resto degli italiani. 

Ci si sarebbe aspettati, dopo tutto quello che è accaduto e continua ad accadere, l’adozione finalmente di un approccio improntato al motto liberale per eccellenza - «Conoscere per deliberare», firmato Luigi Einaudi - e al contrario la leggerezza delle pratiche e l’altisonanza delle parole - «La riapertura è la via lombarda alla libertà», dice il governatore Fontana - sono il nuovo capitolo di una storia tutta sbagliata. Non si è chiusa la Lombardia quando bisognava chiuderla e la si vuole riaprire quando non è ancora tempo di farlo, perpetuando l’errore originario: la sottovalutazione di una tragedia in corso. Il caso del Trivulzio e quello dell’intero sistema delle residenze assistite e prima ancora dell’ospedale di Alzano, la mancata zona rossa di Nembro e della Val Seriana, i ritardi su Bergamo, la non divisione nei ricoveri tra percorsi dei malati di Covid 19 e tutti gli altri, le fabbriche chiuse in ritardo per compiacere la sete di guadagno, lo scaricabarile delle responsabilità sul governo centrale (a sua volta non esente da pecche), la continua propaganda a dispetto di tutto da parte di una classe dirigente regionale rivelatasi inadeguata: no, non si è trattato di incidenti di percorso.

Perché gli incidenti sono troppo numerosi. E il focolaio che non si è saputo spegnere, insieme alle inchieste giudiziarie ora sopraggiunte per fare luce su tutto quello che è accaduto, raccontano una grave vicenda di un certo Nord che in tema di lotta al Coronavirus non ha i titoli per farsi pioniere dell’Italia del dopo mentre continua a inchiodare l’Italia del prima a un pericolo ancora in corso. 

Ci si dovrebbe porre, a quelle latitudini, la semplice domanda: dove finisce la nostra libertà? E la risposta dovrebbe essere altrettanto semplice: dove comincia quella degli altri. La libertà del resto dei connazionali ad avere una vita libera dall’incubo di venire contagiati è la questione che, parlando di riapertura a breve e scordiamoci il pregresso, è assente nella richiesta del Pirellone al governo centrale. E infatti altri governatori, non solo del Sud, commentano così la trovata lombarda: hanno perso la bussola, ormai sono fuori controllo, rischiano di brutto. 

Ma non rischiano soltanto loro (che sono 11 milioni). Rischiamo tutti. La riapertura fast, la riapertura smart, la riapertura come contropiede dopo tanti autogol è quella che, pur contemplando limiti e autoregolamentazioni, sembra tenere poco conto dei bisogni primari, e la salute spicca su tutti, della popolazione. E risponde a un altra pretesa contraddittoria che è questa: siamo la «locomotiva dell’Italia», dice la Lombardia, e quindi dobbiamo ripartire per il bene di tutti. Peccato però che una partenza sbagliata non salva il convoglio, anzi lo mette a rischio deragliamento. Lo scopo di salvare l’economia in questo caso può seriamente contribuire ad aggravare lo stato di salute delle persone, senza il quale non c’è Paese che possa marciare. 

E dunque stupisce e allarma il grande azzardo lombardo. Terra in cui, alla fine del weekend pasquale, su 4 tamponi 1 è risultato positivo, rispetto a 1 su 27 del Veneto, 1 su 31 del Lazio, 1 su 20 della Campania. Deve esserci, come minimo, un’incoerenza in questa fuga in avanti. Che non tiene conto, oltretutto, di ciò che diceva Aristotele. Secondo cui «la libertà si ottiene attraverso la disciplina». Ed è proprio quella che, a livello politico-istituzionale, è mancata, e minaccia di mancare ancora, in quel pezzo di Nord. 

 
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