Mario Ajello
Mario Ajello

Mafia Capitale, sollievo e rabbia per Roma diffamata

Mafia Capitale, sollievo e rabbia per Roma diffamata
di Mario Ajello
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 23 Ottobre 2019, 00:08 - Ultimo aggiornamento: 16:20
Era una fake news. Ma quanti danni ha creato, quanta vergogna ha prodotto, come è riuscita ad annichilire la coscienza personale e pubblica dei romani, e ad abbattere l’immagine di capitale d’Italia e di caput mundi, l’etichetta di Mafia Capitale

Mai brand ha distrutto di più, agli occhi di tutti, la reputazione di una città. Che ha tutte le sue pecche, quelle di ieri, quelle di oggi, tutte le sue piaghe auto-prodotte comprensive per di più dell’incapacità a farle rimarginare, ma il danno che Roma ha ricevuto da quello che oggi si rivela un abbaglio - riassumibile così: dopo Gomorra, Suburra - ha qualcosa di speciale e di mastodontico che non è facile da superare. Infatti ora, al respiro di sollievo per aver scoperto che non eravamo ciò che ci avevano fatto credere di essere, si unisce la rabbia.

Mondo di mezzo, la Cassazione ribalta tutto: «A Roma non era mafia»

Perché per quasi cinque anni abbiamo patito il grande disonore sulla base di una verità giudiziaria risultata sbagliata. Ci siamo accollati una vergogna immeritata. Ci siamo attirati addosso una cattiva fama a livello planetario. E chissà quanto ci vorrà per essere risarciti da tutto ciò che è derivato da un’etichetta farlocca. Probabilmente ci vorrà tanto tempo, perché Mafia Capitale ha segnato la brusca interruzione del plurimillenario rispetto che il mondo portava a questa città, non solo per il suo passato ma anche per il resto della sua storia.

Si deve festeggiare, ecco, per una nomea che non vale più. Ma resta il calvario di questa stagione di fango. Quella in cui hanno prosperato molti professionisti dell’anti-mafia, che non sono soltanto alcuni magistrati ma intere parti politiche. Le quali hanno cavalcato Mafia Capitale, l’hanno fatta assurgere a totem, l’hanno usata come lievito propagandistico di sicura efficacia ed elevata ad alibi onnicomprensivo e indulgente, secondo questo schema tuttora in vigore pur nella sua evidente improbabilità: niente funziona e non chiedeteci di fare funzionare alcunché, visto che ci sono stati Buzzi, Carminati e il mondo di mezzo. 

Roma ha visto e ha vissuto il peggio che poteva capitarle negli anni dei poteri marci e delle collusioni di interi pezzi dei partiti con le peggiori bande criminali. Ma la maniera in cui si è cavalcata la vicenda giudiziaria rappresenta un degrado nel degrado. Ignazio Marino venne travolto da un’ondata che partendo dall’interno del suo stesso partito, assai colluso con certe vicende, finiva per confluire nelle posizioni più giustizialiste e più oltranziste: quelle targate M5S.

I 5 stelle hanno avuto nella retorica di Mafia Capitale, nel tormentone della grande piovra che abbraccia tutti tranne quelli che gridavano onestà-onestà prima ancora di essere messi alla prova (poi nel cimento pratico si sono avute sorprese), il lievito vincente e il trionfo. Peccato che adesso, con lo smascheramento della fake news, il residuo grillismo perde il suo brodo di coltura, rimane orfano di quello che è stato il suo ubi consistam. Insomma è caduto lo scudo giustizialista che ha tanto giovato a certa politica e le ha dato il modo per non misurarsi con la realtà dei problemi della Capitale e con i propri limiti di classe dirigente improvvisata, a corto di idee e senza visioni. Se non quelle diventate da subito mainstream televisivo, cinematografico, culturale e pseudo-culturale per cui Roma avrebbe avuto due imperi: dopo quello della Banda della Magliana, quello del Cecato e dei suoi sodali. E in fondo la nuova politica, poverina, bisognerebbe capirla - dati i precedenti - nel suo arduo sforzo di dare a Roma l’amministrazione che si merita, cioè la pulizia della città e le strade senza voragini. Così ha recitato la cattiva vulgata. Ma ora basta. S’è bucata la bolla, e a questo punto Roma non potrà che giovarsene. Ammesso che chi la governa ne sia capace e abbia ancora quelle energie spese inutilmente, in questi anni, per adagiarsi nello schema perfetto, quello che ha consentito di scaricare sul passato i deficit del presente.

Roma che non è più Bogotà rappresenta così la notizia più bella al posto della fake news. Ma occorre essere all’altezza di questo cambio di paradigma. Anzitutto non indulgendo sulle responsabilità criminali di chi ha fatto pagare un prezzo salatissimo a questa città. E poi non dimenticando tutte le attuali piaghe di Roma che meriterebbero - ancor più alla luce della nuova verità giudiziaria che andrebbe vissuta come stimolo e dovrebbe funzionare come doping - la cura che finora è mancata. A meno che non sia troppo tardi. E del resto, tra i cattivi effetti dell’ubriacatura giustizialista di questi anni, c’è anche quello della paralisi. Di aver addormentato il senso di responsabilità amministrativa in nome di una dicitura, Mafia Capitale, rassicurante nella sua terribilità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA