Mario Ajello
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L’uso della memoria/ Assalto a Sturzo, l’ultima trincea di Chiesa e politici

L’uso della memoria/ Assalto a Sturzo, l’ultima trincea di Chiesa e politici
di Mario Ajello
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Sabato 19 Gennaio 2019, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 00:18
Verrebbe da dire: giù le mani da don Sturzo. E invece salgono tutti sulle sue spalle. La destra, al netto di Salvini; la sinistra, da Zingaretti a Martina; e ovviamente i catto-dem e tutti gli spicchi anche infinitesimali della diaspora democristiana. Per non dire di Silvio Berlusconi: che l’anti-comunismo e l’anti-statalismo del prete di Caltagirone lo prende a modello: “Mi sono ispirato a lui quando decisi di fare politica”.

E se li merita tutti questi elogi Sturzo visto che la fondazione del Partito popolare è stata - parola del laicissimo Federico Chabod, uno dei maggiori storici che l’Italia abbia mai avuto - “l’avvenimento più notevole della storia del XX secolo”. Magari c’è ne sono stati anche altri, ma vabbè. E se i grillini hanno perso l’occasione, perché potrebbero sfruttare Sturzo come simbolo della politica intrisa di moralità che è una delle loro predicazioni, l’occasione viene sfruttata al massimo dalla Chiesa. E quasi non c’è vescovo, a cominciare dal presidente della Cei, il cardinal Bassetti, intervenuto ieri e oggi lo farà di nuovo da Caltagirone, che non punta su Sturzo. Per sottolineare la distanza della Chiesa - non tutta però, qualche “vescovone” come quello di Trieste, monsignor Crepaldi, non è sulla linea iper-accogliente di tutti gli altri - rispetto al pugno di ferro giallo-verde, più verde che giallo sui migranti.

Una serie di botte targate Sturzo contro Salvini (di concerto con l’Osservatore romano che va dritto al bersaglio: “Popolarismo vero antidoto al populismo”) e insomma, parola di cardinale, “Sturzo insegna a formare una civiltà basata sull’umanesimo cristiano e contro ogni rigurgito xenofobo o razzista”. E ancora nel nome di Sturzo: “L’Italia ritrovi la via della concordia, della fraternità, della solidarietà e ognuno possa vedere riconosciuti i propri diritti”. E via così. L’uso contemporaneo di don Sturzo è uno degli aspetti più evidenti del ritorno dei vescovi in politica dopo la decantazione post-ruiniana, anche se al Nord ma non solo lassù il muro contro muro con il governo non passa del tutto e più di un vescovo è in buoni rapporti con la Lega.

In ogni caso, il derby popolarismo contro populismo è cominciato. E l’uso da parte della Chiesa - vogliosa di riacquistare protagonismo in politica e c’è chi parla di una “rete” e chi addirittura di un nuovo partito cattolico - della memoria sturziana stride anzitutto con l’impostazione dell’estensore del manifesto dei Liberi e forti del 1919, il quale non voleva affatto un partito confessionale. Anzi puntava a una rivendicazione, orgogliosa, dell’autonomia dei cattolici nelle sfere della vita civile. “Un partito non dei cattolici ma di cattolici”, diceva. Senza nessun cedimento all’idea di fare dei Popolari il “braccio secolare” delle gerarchie.

E allora va maneggiata con cura, da parte di tutti, la memoria di Sturzo. Di cui una fetta potrebbero prenderla anche i leghisti, vista la forte connotazione federalista del pensiero del sacerdote di Caltagirone, che però era profondamente meridionalista. La messe di richiami clericali a Sturzo sembra la riprova che in suo nome si stia cercando di abbracciare l’area politica più larga possibile - dalla destra senza bussola alla sinistra in cerca di leader, di senso e di consenso - da opporre al salvinismo. Un nuovo tentativo di egemonia cattolica su partiti in crisi ed elettori in cerca di rappresentanza? Di sicuro un nuovo protagonismo sulle macerie dei partiti. Per fare sponda con tutti i cattolici, ma anche non cattolici, disseminati in ogni partito. Operazione Sturzo verrebbe da chiamarla. Che è di attacco ma anche di difesa: le posizioni rigide sugli immigrati fanno breccia, assai, presso i fedeli, e il territorio pastorale della Chiesa è insidiato - basti vedere i rimbrotti dei parrocchiani ai parroci dopo le prediche iper-solidariste - dal “diavolo” populista. La Chiesa - da Bassetti a Becciu a tanti altri - sembra aver capito che per contare di più, e per trattenere nell’orto del solidarismo e del politicamente corretto il suo popolo, deve aggregare un’area politica sparpagliata e i partiti - ecco l’infatuazione politicista per don Sturzo - cavalcano il nuovo protagonismo ecclesiastico per ritrovare la perduta connessione con la gente. Una sorta di connubio, insomma, non di tipo cavourriano.

E c’è poi un altro aspetto in questo nuovo interventismo. Senza di esso, la Chiesa oltre che sul terreno politico rischierebbe di perdere peso nel campo dei valori - quello della solidarietà anzitutto - che sono connessi all’accoglienza e sono diventati anche fonti di sostentamento economico. E così, tutte le invocazioni a Sturzo e l’elogio della sua modernità non hanno nulla di rituale e non tutto di spirituale.
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