Marina Valensise
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Scudo alla qualità/ La sfida in Italia per ratificarla: governo contrario​

di Marina Valensise
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Mercoledì 27 Marzo 2019, 00:21
Davide contro Golia. In pochi ci credevano, ma ieri il Parlamento europeo ha sorpreso tutti. Con 348 sì, 274 no e 36 astensioni, ha approvato la nuova direttiva per tutelare in rete i prodotti del lavoro dell’ingegno. E’ una vittoria di principio che fa onore alla vecchia Europa. In nome della giustizia e dell’equità, l’europarlamento riconosce il valore di mercato che spetta al lavoro dell’ingegno. Una bella affermazione per il vecchio continente che molti si ostinano a dare per decrepito e agonizzante. Sul mercato globale, dominato oggi dall’interconnessione digitale, l’Europa si distingue per questa peculiarità, che l’oppone sia agli Stati Uniti, dove vige il principio dell’assoluta libertà, per fomentare l’innovazione nella sterminata prateria di una rete senza vincoli né intralci. Ma fedele ai principi fondatori, l’Europa si distingue soprattutto dalla Cina, l’altro gigante dell’economia globale, propugnando il controllo a tutto campo sulla rete e sugli accessi in rete. 
Dopo tre anni di trattative delicate e di battaglie, gli editori europei (riuniti nella Federazione di cui l’italiano Carlo Perrone è presidente) possono tirare un sospiro di sollievo. Nonostante le fortissime pressioni delle lobby delle grandi piattaforme digitali Google e Facebook, si è riusciti a federare le forze vive dell’industria creativa europea su un testo che passato nella penultima votazione con uno scarto di soli cinque voti (determinanti per votare il testo integrale, prima di ammetterne gli emendamenti che avrebbero rischiato di smantellarlo o rinviare la discussione sine die). Grazie alle nuove norme, in Europa editori, case di produzione cinematografiche e musicali, artisti, attori, sceneggiatori, scrittori e giornalisti avranno il diritto di chiedere un equo compenso per l’utilizzo delle loro produzioni sul web da parte dei colossi americani, che fino a oggi vi attingevano a piene mani, senza remunerarli. 
Difficile quantificare il maltolto per restituirlo. Da ora in poi, però, grazie alla nuova direttiva, sarà possibile mettere fine al saccheggio dei prodotti dell’ingegno, evitando che editori, autori, scrittori, giornalisti, compositori, musicisti, sceneggiatori vedano volatilizzare il frutto del loro lavoro. E’ un cambiamento radicale che riguarda non solo i produttori, bensì il più vasto pubblico di utenti in rete e di cittadini democratici, peraltro tutelati come le realtà minori (la “link tax” infatti non comporta oneri per i singoli utenti che postano notizie sui social, ma consente agli editori di rivalersi con gli aggregatori che sfruttano i loro contenuti condividendoli in rete). Così, con la selezione dei contenuti, si ripristina la gerarchia di prodotti, che il sistema della gratuità a tutti i costi rende impossibile. Se tutto è gratuito e ogni informazione vale un’altra, è difficile distinguere le “fake news” dalle notizia di qualità. Se ai produttori di contenuti - autori, editori, scrittori, giornalisti di inchiesta - si negano i mezzi per retribuire il proprio lavoro, è impossibile stabilire una gerarchia tra il vero e il falso, tra chi offre un’informazione di qualità e chi divulga patacche. E il rischio diventa generale quando la falsa informazione produce cattiva democrazia. 
Oltre i principi e le buone prassi, resta l’incognita dell’iter legislativo. Una volta approvata, e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, la direttiva deve essere recepita entro due anni dai parlamenti degli stati membri della Ue. E’ da sperare, che nonostante l’opposizione del governo italiano, il nostro parlamento trovi una maggioranza per tutelare anche sul web i frutti del lavoro dell’ingegno. Per un paese come l’Italia, dove cultura e creatività sono vettori essenziali del benessere economico e prima ancora del vivere civile, sarebbe un delitto sabotarle in nome dell’ideologia del libero accesso in rete e col pretesto, peraltro falso, di un danno ai piccoli editori. 
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