Loris Zanatta

Affinità grillo-dem/Chi cambia l’altro la scommessa è in Parlamento

di Loris Zanatta
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Venerdì 30 Agosto 2019, 00:18
L’Italia è il Paese dei miracoli: d’un tratto, gli incendiari sono diventati pompieri e i carnivori vegetariani. E dei bizantinismi: Conte due o Conte bis, ci chiediamo; un tempo discettavamo sul trattino o meno del centrosinistra. Rimanere seri è difficile. Ma una cosa è vera e sulla bocca di tutti: il Parlamento ha soppiantato le piazze. 


La ragione l’indignazione, le istituzioni il Movimento; con tutte le botte prese, il nostro sistema istituzionale tiene. Così parrebbe. Ma per quanto? A che condizioni? E’ la quiete dopo la tempesta o quella che ne scatenerà una ancora maggiore? 

<HS9>Sono domande d’obbligo, perché la tensione tra populismo e democrazia rappresentativa è, mutatis mutandis, la stessa ovunque; e sarà quella che scandirà la vita del governo giallo-rosso. A prima vista, i ruoli parrebbero definiti: il Pd è il polo liberaldemocratico, riformista ma con venature ancora stataliste; i Cinquestelle il polo populista, antisistema, redentivo; entrambi reclamano “inclusione sociale”, ma ciò cui il primo aspira, un capitalismo umano, è fumo negli occhi per i secondi, che di umano, nel capitalismo, non trovano nulla; entrambi invocano “democrazia”, ma tra quella liberale e quella plebiscitaria ce ne corre; e lo stesso su quasi tutto: crescita, finanza, globalizzazione, opere pubbliche. Viene spontaneo domandarsi: chi “convertirà” chi?Il Pd potrebbe convertire i Cinquestelle: “costituzionalizzarli”, insomma; i populismi entrati nelle istituzioni, si dice spesso, scottati dalla cruda realtà, perdono la carica “sovversiva” e si normalizzano; diventano, appunto, “vegetariani”. Può darsi ; ma come si dice del lupo, perde il pelo ma non il vizio: cosa rimarrebbe dei grillini senza il “male” da additare, la redenzione morale da invocare? Ma potrebbe andare a rovescia: non dico che i Cinquestelle convertiranno il Pd; è improbabile; ma potrebbero scoprire di non essere così diversi come credevano; trovare che un po’ di disinvoltura istituzionale e demagogia pauperista non sono peccati mortali, magari gravando sul Nord produttivo, così impara a votare Lega. In tal caso, lo spazio che Carlo Calenda aspira a riunire, oggi orfano di rappresentanza, s’amplierebbe assai. Per non parlare del rischio deriva giustizialista con i Cinquestelle che potrebbero risvegliare antichi istinti nell’alleato dem.

Oppure no: nessuno convertirà nessuno e le due acque correranno parallele come quelle di certi fiumi; senza fondersi mai, in un estenuante tira e molla simile a quello cui abbiamo assistito in passato, col Pd intento a fagocitare i Cinquestelle e i Cinquestelle a logorare il Pd, entrambi mossi da spirito di sopravvivenza. Spero di sbagliare, ma è lo scenario più probabile. Ciò che oggi ci pare di nuovo centrale - il Parlamento - potrebbe allora tornare nell’occhio del ciclone, essendo evidente che la sua composizione non riflette più gli umori del paese; tutti tornerebbero a invocare il “popolo” contro le élite, la piazza contro il palazzo; la solfa che non risolve niente ma funziona sempre. Non se ne gioverebbe il paese; ne guadagnerebbe, forse, Salvini; oggi dato, troppo in fretta, per morto. 

Ma faccio i conti senza l’oste, mi si dirà; senza Conte: è lui il dominus, la luce, la speranza; lo vuole l’Europa, lo benedice il Vaticano, lo stima Trump. Che strana compagnia; e che curioso destino: il rospo è diventato principe in un giorno; l’Avvocato presentabile di colpo promosso statista senza pari. Sarà. Chi è, esattamente, Conte? Che ideali e progetti ha? Speriamo non risulti la versione italiana del signor Fernández: il peronista “buono” che il Papa ha convinto a guidare la crociata per “liberare” l’Argentina dal governo “neoliberale”, che tanto liberale non è nemmeno; ed a fare da scudo al peronismo impresentabile della signora Kirchner.

Sarà un caso? Ecco, il governo giallo-rosso nasce sotto questa stella: evoca il Vangelo, ormai esibito senza pudore a destra e manca, ma il programma evangelico non è un programma di governo, né è bene che lo sia; ha l’aria di un puzzle dei “buoni” per tenere fuori i “cattivi”: è quel che ci serve? Già sarebbe tanto, se la stagione parlamentare cambiasse la natura del vecchio centrosinistra quanto quella del centrodestra, adesso all’opposizione. Ma forse siamo troppo ottimisti.
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