Francesco Grillo
Francesco Grillo

Un Erasmus globale per il nuovo ministro dell'Università

Un Erasmus globale per il nuovo ministro dell'Università
di Francesco Grillo
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Lunedì 30 Dicembre 2019, 09:10 - Ultimo aggiornamento: 09:13
Non è vero che l'Europa non è mai stata unita prima delle guerre mondiali che in Europa ebbero il centro. Nel medioevo in un continente senza confini e unito dal Latino e dall'egemonia culturale della Chiesa, gli studenti (si chiamavano chierici vaganti e gli venivano riconosciute immunità speciali) si spostavano da una cattedra ad un'altra sviluppando la consapevolezza di essere comunità. Da quei viaggi fantastici nacquero a Bologna e a Napoli - le prime università ed è dai luoghi della conoscenza che possiamo ritrovare la speranza di ricominciare a governare una globalizzazione che sta sgretolando un ordine mondiale pensato per un secolo diverso.

L'idea - promossa dall'Unesco, l'agenzia delle Nazioni Unite che più di qualsiasi altra usa la cultura come leva per cambiare il mondo - è fare proprio della mobilità degli studenti e dei docenti universitari, un metodo di costruzione di integrazioni globali nuovo che superi i limiti di quello guidato dall'alto che ha esaurito la sua spinta propulsiva alla fine del ventesimo secolo. Un metodo che potrebbe avere il Mediterraneo come laboratorio difficile e decisivo. E che potrebbe riportare l'Italia ed, in particolar modo, le capitali del Mezzogiorno al centro della Storia.

È questa la visione che ho colto dalla conferenza che ha istituito, due giorni fa, una seconda Cattedra Unesco a Napoli e alla quale hanno partecipato due protagonisti della storia recente delle università italiane. Stefania Giannini che, oggi, da Vice Direttore di Unesco e, fino a qualche anno fa, da Ministro, si è molto spesa per sviluppare un'internazionalizzazione degli atenei italiani che parta dai Paesi che si sono più vicini e dai quali, progressivamente, l'Europa è sparita; e Gaetano Manfredi, raggiunto, proprio nel corso dell'incontro, dalla notizia di essere il nuovo Ministro, e che da Rettore dell'università laica più antica del mondo, sa che l'Italia ha proprio nel Mediterraneo la possibilità più grande di rovesciare quelli che sembrano problemi in opportunità strategiche.

In realtà, è, proprio, l'altra sponda del Mediterraneo dalla Libia alla Siria a raccontarci quanto drammaticamente e velocemente l'Unione Europea e la stessa Nato siano diventati irrilevanti. Europa, Africa e Medio Oriente appaiono allontanati da guerre che si cronicizzano in conflitti senza fine; le migrazioni che non sono un fenomeno di questi tempi, diventano disperate e calamite di speculazioni. Mentre, invece, sotto la coltre delle angosce occidentali, c'è un Africa che cresce, un'Asia che sta diventando il centro del mondo. Ed un vuoto lasciato da quelle che erano potenze coloniali e viene riempito dai Paesi che, con vari metodi, si contendono le leadership del ventunesimo secolo: la Cina, innanzitutto, ma anche la Russia, la Turchia e un'America svogliata.

Del resto, a Pechino ci passa l'intera classe dirigente di Paesi come la Nigeria o l'Etiopia: è un investimento che ha un ritorno di lungo periodo e senza il quale la stessa nuova, ambiziosa via della seta, perderebbe pezzi e consenso.
Ed è proprio su questo terreno, che l'Occidente, l'Europa deve rispondere alla sfida. Continua a crescere il numero di studenti universitari nel mondo (20 milioni in più solo negli ultimi cinque anni) e, secondo i dati della stessa Unesco, l'Africa e il Medio Oriente valgono un quarto di questo incremento. Rimane alta, nonostante tutto, nei Paesi in via di sviluppo, l'idea che sia in Europa, la migliore esperienza di formazione e di vita. E, nel frattempo, anche se pochi lo riescono a notare, aumenta in Occidente il numero di ragazzi che vorrebbero avere esperienza di popoli poveri ma che riescono, ancora, a coltivare sogni.

L'ipotesi potrebbe, dunque, essere quella di promuovere un Erasmus globale che sposti studenti e professori tra le tre aree geografiche e sul quale Unesco con i propri partner faccia convergere finanziamenti privati in cerca di iniziative concrete che disinneschino le tensioni. Nonché di usare il coordinamento delle Nazioni Unite per sviluppare un meccanismo che faciliti lo spostamento di laureati che rispondono a carenze di competenze che i Paesi avanzati soffrono in diversi settori. Per le università italiane e, soprattutto, per quelle del Mezzogiorno potrebbe essere l'occasione giusta per trovare la propria specializzazione intelligente.

La prima dichiarazione del nuovo Ministro dell'Università rilasciata ieri a questo giornale, stabilisce che è una priorità aumentare il numero di studenti stranieri in Italia. Il Rettore dell'Università di Napoli unisce, però, alla visione, il pragmatismo che gli è stato indispensabile per riportare con risorse scarse una città difficile e bellissima al centro dell'attenzione di multinazionali come Apple.

Un progetto che valorizzi il talento che i nostri vicini stanno cominciando a produrre e l'entusiasmo dei ragazzi italiani, un programma che sappia trasformare l'angoscia in scambi, può riportare le università al ruolo che hanno quando riescono ad inventare tempi nuovi.
 
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