Francesco Grillo
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Ripartire in sicurezza/ Strategia in tre mosse per una nuova normalità

di Francesco Grillo
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Mercoledì 15 Aprile 2020, 00:29
«Il principio di precauzione se applicato in maniera estrema vieta l'applicazione del principio stesso». Michael Crichton è lo scrittore che ha fatto più fortuna cercando di interpretare un futuro che ci sta arrivando con una velocità che non riusciamo più a controllare e, in uno dei suoi romanzi di maggior successo, descrive bene qual è il paradosso che la pandemia ci pone in maniera brutale.

Se volessimo seguire alla lettera l'opinione degli epidemiologi, dovremmo aspettare il vaccino prima di ricominciare; e, tuttavia, considerando che non ne abbiamo uno per settanta degli ottanta patogeni nuovi che ci hanno colpito negli ultimi trent'anni (includendovi la Sars che è il coronavirus dello stesso ceppo al quale appartiene il Covid-19), ciò vorrebbe dire rimanere, per sempre, sospesi. 
Occorre quindi procedere con tutte le cautele del caso.

È per questa ragione che è indispensabile progettare un piano - chiaro nei suoi tempi e nelle sue possibili varianti - per tornare ad una normalità nuova (che non sarà quella di prima). 
Una strategia di questo tipo dovrebbe essere articolata in tre decisivi passaggi. Tre passaggi: uno affidato alla sanità; il secondo alle tecnologie; il terzo alla riorganizzazione di sistemi sociali complessi.

Innanzitutto, dunque, è il momento di introdurre patenti che misurino il rischio che persone diverse comportano per se stesse e per gli altri e, dunque, aiutino a disegnare percorsi di reinserimento logicamente differenziati. Due gli strumenti: le verifiche della presenza di Rna virale (cioè di un contagio in corso attraverso i tamponi) che identificano chi può contagiare; e, in secondo luogo, le analisi del sangue che possono rilevare nei soggetti che sono guariti gli anticorpi (immunoglobuline di tipo M e G) che forniscano l'immunità che stiamo cercando.

C'è, tuttavia, da dire che questi test non forniscono certezze: i tamponi andrebbero ripetuti a distanza di pochi giorni perché possono non registrare infezioni appena contratte; anche l'esame degli anticorpi andrebbe replicato (dopo qualche mese) perché non è detto che essi conservino una memoria permanente dei punti deboli del nemico sconfitto. E, tuttavia, partendo dal presupposto che siamo nella situazione scomoda - di dover affrontare l'incertezza, questi strumenti ci danno la possibilità di gestire il rischio.
C'è, semmai, da chiarire un punto fondamentale: va coinvolta l'offerta privata per affiancare un sistema sanitario pubblico che, per quanto abbia dimostrato una grande capacità e tenuta, rischia di saturarsi davanti alla nuova massiccia richiesta. Allo Stato converebbe, invece, sussidiare chi decide di sottoporsi al test (piuttosto che compensare con la cassa integrazione per i giorni di lavoro persi); assicurare che la somministrazione segua protocolli affidabili (piuttosto che spremere operatori già esausti); pretendere che i dati alimentino un'unica banca dati nazionale. 

Il secondo passaggio è, quindi, quello dell'utilizzo - finalmente massiccio - di tecnologie (peraltro già ampiamente diffuse) che permettano di informare e di essere informati direttamente dai cittadini. Sulla base dei dati delle patenti, ma anche di altri fattori (età, genere, malattie pregresse, stili di vita), a ciascun individuo verrebbero consigliati percorsi e attività sicure; gli verrebbero associati semafori rossi o verdi per entrare in un determinato ambiente; mentre sono, ormai, consolidati strumenti che, a distanza, rilevano quei sintomi (temperatura, capacità polmonare e cardiaca) che possono consigliare ulteriori precauzioni. Ciascuno di noi verrebbe controllato senza costosi dispiegamenti di forze dell'ordine e le sanzioni potrebbero essere, anzi, regolate considerando eventuali recidive (come già succede in Francia) eliminando interpretazioni arbitrarie e furbizie scivolose.

Certo c'è un problema di privacy ma i dati raccolti dicono che ottenere di potersi muovere in maniera controllata può in cambio rappresentare, se ben comunicata ai cittadini italiani, un parziale ripristino di libertà personali che sono state per più che giustificati motivi ridotte. Tuttavia, è necessario che l'utilizzo sistematico di tali possibilità sia introdotto in maniera trasparente da una legge la cui validità decada dopo un tempo determinato (con il meccanismo della sunset clause).

Infine, le imprese e le scuole. La terza fase della riapertura non dovrebbe essere per codici Ateco, ma per capacità di una data organizzazione sulla base dei dati raccolti nei primi due passaggi e delle modalità di riorganizzare le proprie attività (in sede e a distanza) - di lavorare o far studiare in sicurezza.

C'è, però, qui una terza delicata innovazione alla quale dobbiamo, immediatamente, pensare. Riaperture legate al tipo di popolazione lavorativa o scolastica e alle possibilità di un'impresa o scuola di adattarsi, può accentuare le diseguaglianze producendo nuovi scompensi che ci porterebbero alla casella di partenza.

Infatti potremmo ritrovarci con la Ferrari che riapre ma viene rallentata perché sono ancora fermi i propri fornitori; o ragazzi che finiscono l'anno scolastico in istituti virtuosi e che, tuttavia, vengono, poi, fermati perché le università sono bloccate. Una sfida ulteriore sarà, dunque, immaginare strumenti flessibili che consentano scambi di lavoratori e spazi tra organizzazioni e ciò comporta, persino, strumenti contrattuali diversi da quelli ai quali eravamo abituati nel mondo prima che questo virus primordiale ne sconvolgesse le abitudini.

Non è detto che abbia ragione l'Economist quando racconta che siamo di fronte ad una scelta impossibile tra economia e vite umane. L'esempio di Paesi abituati a vivere di emergenze (Israele, Corea del Sud, Giappone) dice che è la possibilità a trasformare lo stato di necessità in un'occasione per diventare più forti. Per riuscirvi abbiamo bisogno di una strategia precisa e di coesione. Di pragmatismo e creatività. Caratteristiche che si perdono quando ci si ammala di eccessive sicurezze.
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