Paolo Balduzzi
Paolo Balduzzi

Il merito nella Pa/ Se gli statali possono migliorare la nostra vita

di Paolo Balduzzi
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 17 Maggio 2023, 00:01

Uno dei miti più consolidati del nostro Paese riguarda sicuramente il pubblico impiego. Come ci immaginiamo la pubblica amministrazione? Troppo spesso viene dipinta come un carrozzone che assume chiunque, un’appendice dello stato sociale che sostituisce il trattamento di disoccupazione; oppure abbiamo negli occhi le immagini di migliaia di candidati in fila per un concorso da pochi posti; e carriere segnate da retribuzioni basse ma comunque stabili. Il mito del “posto fisso”, insomma, come ci ricorda nei suoi film il divertente Checco Zalone. Molte leggende, si sa, un fondo di verità lo hanno davvero. E anche alcuni di questi pregiudizi sono giustificati. Ma la realtà e, soprattutto, le potenzialità della pubblica amministrazione non si esauriscono certo qui.

L’intervista al ministro Paolo Zangrillo, pubblicata ieri dal “Messaggero”, ha il merito di presentare una visione quantomeno di medio-lungo periodo, così come il Forum sulla Pubblica amministrazione che si tiene in questi giorni a Roma. E, numeri alla mano, si può anche provare a sfidare un po’ di questi miti consolidati. 
Per esempio, il numero di lavoratori nella Pubblica amministrazione sta tornando a crescere, dopo dieci anni di blocco: 157.000 assunzioni nel 2022 e qualcuna in più, 170.000, programmata per il 2023. Ai concorsi, tuttavia, non si trovano più palestre piene e file chilometriche ma sempre meno candidati: da un lato, questo potrebbe suggerire che il pubblico impiego attira di meno; tuttavia, dall’altro potrebbe anche voler dire che i candidati sono più maturi e si “auto-selezionano” in maniera più efficiente, non tentando di ottenere lavori che poi magari nemmeno vorrebbero davvero. 

A proposito di ciò, sono infatti ancora ben due su dieci i vincitori di concorso che rinunciano al posto; addirittura sono cinque su dieci, cioè la metà, nei concorsi per lavori a tempo determinato. Anche in questo caso, molte le possibili spiegazioni e interpretazioni. Potrebbero essere candidati che nel frattempo hanno trovato un lavoro a tempo indeterminato, comunque più attraente; oppure, la destinazione ottenuta potrebbe non essere gradita. 
Senza entrare troppo nel dettaglio e nel merito della questione, se questo fosse vero bisognerebbe aprire un dibattito (serio) sui salari differenziati nella pubblica amministrazione, senza risposte preconfezionate e senza escludere soluzioni più o meno innovative.

La popolazione invecchia e così la forza lavoro: gli occupati pubblici che hanno meno di 35 anni sono il 10%, meno della metà rispetto a venti anni fa. Come è successo? E, soprattutto, che effetto avrà tutto ciò? 

Quello più evidente è che, invecchiando la forza lavoro, anche le competenze rischiano di non essere più adeguate alle nuove sfide che la macchina pubblica deve affrontare, a partire dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. La ragione, invece, potrebbe essere una scarsa propensione a valutare il merito e a privilegiare esclusivamente l’anzianità. Tanto è vero che, tra i funzionari, gli stipendi nella Pubblica amministrazione sono addirittura superiori, in media, di quelli nel settore privato. Sul tema del merito, il ministro Zangrillo ha dichiarato che interverrà. Non è una novità: anche la riforma Brunetta del pubblico impiego introdusse una componente premiale negli stipendi dei dirigenti pubblici. Tuttavia, ricerche recenti hanno mostrato come il valore di questa parte premiale sia anch’esso fortemente legato all’anzianità di lavoro. Di strada, quindi ce ne è ancora molta da fare. 

L’occasione buona per ringiovanire sia la forza lavoro che le competenze potrebbe essere il turnover previsto per il vicino futuro: entro i prossimi dieci anni, infatti, alcune amministrazioni dovranno sostituire più di metà del personale in servizio, con le uscite più significative nei settori della scuola, della sanità e degli enti locali. 
Un’altra occasione potrebbe essere quella di potenziare le attività di formazione continua dei dipendenti. E nessuna paura bisogna avere nella transizione tecnologica, potenziando il ricorso a firme e identità digitali. 
Tutto ciò che semplifica la vita dei cittadini costituisce un passo in avanti nel grado di soddisfazione della società. Una macchina pubblica moderna e funzionante potrebbe essere la più importante riforma istituzionale di cui il paese ha davvero bisogno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA