Paolo Pombeni
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Politica bizantina/ Le lungaggini che rischiano di farci perdere il treno Ue

di Paolo Pombeni
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Giovedì 12 Agosto 2021, 00:10

Circa 30 miliardi. Questo, stimano alcuni esperti, sarebbe il costo dell’aver rimandato a settembre alcune riforme di grande importanza come fisco, concorrenza, pubblica amministrazione. Più o meno la cifra che Bruxelles ci invierà come anticipo per quanto spetta all’Italia grazie al Recovery Plan. Come si usa dire: se vi pare poco…


Quel che è peggio sta nella ragione per la quale abbiamo perso tempo rinviando a dopo le ferie interventi sulla cui importanza peraltro nessuno obiettava. Il parlamento e le forze politiche erano occupate a discutere di questioni che apparivano fondamentali a loro, ma non al Paese, cioè dovevano battersi per piantare le loro bandierine. Il tempo perso per far passare l’importante riforma della giustizia, che la ministra Cartabia aveva già messo a punto in un confronto previo con tutti i partiti, è nella nostra memoria. 


Il tutto per consentire ai Cinquestelle, reduci da una stagione di diatribe fra Conte e Grillo (già quello aveva bloccato tutto per un bel po’), di ottenere un po’ di riconoscimenti, pagati con altri concessi ai loro oppositori. Tutta roba per permettere ai vari leader di sostenere che avevano vinto loro e sconfitto gli altri. E che dire del famosissimo Ddl Zan da cui sembrava dipendere il futuro del mondo? Anch’esso rinviato a settembre, giusto per impedire che si facesse un qualche ragionevole compromesso. Anche qui nella vecchia logica che più questioni si lasciano aperte, più si tengono legate a sé le rispettive tifoserie.


Adesso la questione si impone: ma a settembre, con questo affollarsi di scadenze legislative, potremo continuare su questa strada? La domanda è retorica, perché è ovvio che non sarà possibile. A fine anno ci attende la verifica da parte della Ue circa la nostra effettiva capacità di implementare il nostro Pnrr e quelle riforme ne sono una premessa essenziale. Ma anche con riforme pasticciate non è che andrebbe comunque bene: i nostri esaminatori nella Ue non sono inclini a lasciar correre, la partita è troppo importante a livello comunitario e nessuno vuole che si diffonda l’idea che i soldi del Recovery si possono spendere un po’ alla buona. Non c’è solo l’Italia in gioco, di Paesi rivelatisi disinvolti in passato ce ne sono altri.
Dunque a settembre dovremo lavorare e in fretta.

E’ necessario che i partiti lo capiscano, perché poi tutto deve passare, giustamente per carità, al vaglio parlamentare e lì si rifletteranno tutte le diatribe in campo dentro e fra le forze politiche (e aggiungiamoci anche fra quelle sociali). 


Basta vedere come sta andando con la faccenda del Green pass e dell’impegno vaccinale, per avere delle fondate preoccupazioni. Anziché remare tutti in una direzione per contribuire a convincere il Paese della serietà e necessità di uno sforzo comune, è tutto un fiorire di distinguo, di elucubrazioni a vanvera sui massimi sistemi, creando un clima che certo non contribuisce a che una minoranza irragionevole (abbiamo il coraggio di dirlo) si sposti volontariamente sulle posizioni di una larga maggioranza: serve piuttosto a convincere questa minoranza che sta avendo un comportamento eroico e dunque è meritevole della massima tutela.
Del resto si guardi ad alcuni comportamenti all’interno della compagine governativa, dove alcuni sottosegretari fanno piuttosto gli agit-prop dei loro partiti che non i sostenitori della linea concordata a livello di ministri. Su quel che succede fuori del governo non occorre spendere troppe parole: tutti vedono che siamo in una competizione elettorale senza regole e che della credibilità del governo davanti all’opinione pubblica internazionale importa relativamente. Tanto per quella c’è Draghi. 


Ma un premier con una leadership riconosciuta solo a parole, per quanto autorevole possa essere, è messo inevitabilmente in difficoltà. E questo l’Italia proprio non se lo può concedere.
Della ripartenza grazie ai fondi del Recovery, di una “seconda ricostruzione” abbiamo assolutamente bisogno. Per dirlo con una battuta scontata è un treno che passa una volta sola, non possiamo perderlo. Lo sforzo però è così ingente, la sfida tanto complessa, che non è possibile riuscire nell’impresa crogiolandosi intanto nella lotta per la supremazia elettorale fra le forze politiche e in quella per manciate di consenso in più fra le varie agenzie sociali.
A settembre tutti si preparino ad esami di riparazione rispetto alle condotte disinvolte di questa fase. Altrimenti si rischia la bocciatura tanto dell’Europa quanto, a seguire, del Paese.

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