Paolo Pombeni
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Nodo controlli/ Le battaglie ideologiche che frenano il Pnrr

di Paolo Pombeni
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Giovedì 8 Giugno 2023, 00:12
La dialettica fra maggioranza e opposizione è la regola della democrazia. Il ricorso alla contrapposizione pregiudiziale, per cui l’obiettivo è solo far apparire l’avversario un diavolo che per definizione fa solo cose cattive da rigettare, è lo svuotamento della democrazia.
L’abbiamo pensato vedendo il tipo di confronto che si è sviluppato (stavamo per scrivere: che è andato in scena) sulla questione del controllo concomitante della Corte dei Conti in materia di Pnrr. 
La norma che lo sospende, come hanno messo in luce molti commentatori e da ultimo il presidente Violante, non lede alcun principio costituzionale (come tendono a dire una parte dei magistrati, contraddetti da autorevoli costituzionalisti), non è stata introdotta da questo governo, essendo presente nelle normative varate dal Conte 2 e dal governo Draghi (senza che all’epoca i magistrati alzassero barricate), non è una norma strutturale essendo solo la proroga di una norma a scadenza e dunque anche questa valida per un periodo limitato.
Nonostante ciò le due opposizioni del Pd e del M5S (il Terzo Polo è al momento una presenza di testimonianza) si sono subito buttate a profetizzare catastrofi. Lasciamo perdere le voci dal sen fuggite sulla trasformazione dell’Italia nell’Ungheria di Orban, e valutiamo invece l’argomentazione di una idiosincrasia del governo ad essere controllato e giudicato. 
[Risparmiandoci la battuta che non abbiamo presenti quali governi gioissero per questo se non in maniera astratta e di puro principio (ma così va bene anche a quello attuale), facciamo invece presente che una cosa sono i controlli razionali e altra cosa sono gli strumenti per inceppare, anche magari senza volere, l’azione della sfera pubblica. 
Ci permettiamo di aggiungere che la faccenda si complica quando si ritiene che il solo controllo efficace su un intervento di quel tipo sia di carattere giuridico-burocratico: per spiegarci con un piccolo esempio, un ponte che crolla perché realizzato male non è che starà in piedi perché è stato costruito rispettando formalisticamente tutte le norme e leggine.
Potrebbe essere più seria l’obiezione delle opposizioni che rilevano che la normativa precedente che sospendeva il controllo concomitante era giustificata da una situazione emergenziale (la pandemia) che ora non esisterebbe. Essa però regge solo se si ritiene che la messa a terra degli interventi previsti dal Pnrr sia roba di ordinaria amministrazione. Chiunque capisce che in realtà i soldi del Recovery europeo sono invece una opportunità davvero “straordinaria”, sia per sua natura sia per la rilevanza della cifra a disposizione, sicché sarebbe un crimine metterla a rischio per compiacere una certa mania di controllare tutto inventandosi la moltiplicazione dei sistemi inquisitori. 
Anche qui ci permettiamo di aggiungere che consentire all’inquisitore di cogestire con l’ipotetico inquisito un certo percorso non è che disegni un sistema bilanciato di controlli, ma piuttosto un pasticcio di ruoli che dovrebbero rimanere distinti.
Se si riconosce davvero, come pure a parole tutti affermano, che bisogna impegnarsi al massimo a non sprecare l’opportunità di un grande finanziamento che sarà un volano per la nostra ripresa economica, dovrebbe essere interesse di tutto il sistema-Paese (maggioranze, opposizioni, burocrazie, magistrature) cooperare al massimo per superare la sfida che abbiamo davanti. Poiché non siamo ingenui, sappiamo bene che ciò richiede a tutti una quota di generosità: è necessario mettere il bene comune davanti alla difesa delle proprie collocazioni e dei propri ruoli con i vantaggi che ne possono derivare. 
Roba difficile in un Paese in cui ogni corporazione difende spasmodicamente le sue prerogative e con alle viste una scadenza elettorale come le elezioni europee, da cui ognuno spera di ricavare il dividendo per quel che avrà potuto intestarsi e per quel che sarà riuscito ad impedire di fare al diabolico nemico.
Per correttezza di analisi affrontiamo anche la questione, in sé non banale, del mezzo scelto dal governo per risolvere la questione del controllo concorrente, cioè una norma infilata in un decreto legge su cui poi si pone la fiducia. 
In un contesto fuori delle contingenze attuali ci sarebbe materia per obiettare, non così nella situazione in cui ci troviamo. Come già detto, la messa a terra del Pnrr non concede margini, anzi il tempo a disposizione è molto stretto. Con una opposizione poco disponibile, per usare un eufemismo, a riconoscere queste urgenze, si poteva forse imbarcarsi in un normale disegno di legge da far approvare dopo ampio dibattito senza il ricorso alla fiducia? 
La domanda è retorica, come balza agli occhi di chiunque sappia come sono gestite oggi le dinamiche parlamentari.
Ce n’è abbastanza per richiamare tutti al dovere di tenere conto dell’interesse nazionale, che è la riuscita di questa gigantesca operazione messa in piedi con il Pnrr. Speculare su debolezze nell’impostazione originale, su limiti del nostro sistema operativo di cui non si è voluto tenere conto, e roba simile, non serve se non a far fallire l’impresa, il che vogliamo sperare non sia considerato da nessuno un buon obiettivo.
Una volta di più siamo messi di fronte alla necessità di far fare un salto di maturazione al nostro sistema decisionale, che coinvolge il parlamento con la sua maggioranza e le sue opposizioni, il governo, le burocrazie e le magistrature.
Il condividere che siamo tutti sulla stessa barca non dovrebbe essere considerato retorica da quattro soldi, ma l’essenza di una comunità democratica.
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