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Paolo Balduzzi
Piano di rilancio / Il cambio di marcia che servirà al Paese
di Paolo Balduzzi
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Martedì 12 Settembre 2023, 00:03
Per la maggior parte delle persone, settembre è il mese delle ripartenze: si ricomincia a lavorare, si torna a scuola, si fanno progetti. Per il governo, invece, in particolare per il Ministero dell’economia, è tempo di cominciare a tirare le somme. In questi giorni, i tecnici di via XX Settembre sono al lavoro per ultimare la “Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza” (Nadef) e per aggiornarne le stime. Tra i tanti numeri prodotti ed elaborati, quelli che interessano di più, tanto i piani alti del ministero quanto i giornali e l’opinione pubblica, riguardano le previsioni di crescita dell’economia, per l’anno corrente e prossimo, nonché il saldo di bilancio e il debito pubblico. Se anche solo pochi mesi fa, a fine aprile, il Def aveva confermato le precedenti stime dell’autunno 2022, ora alcuni dati economici sono peggiorati, pur mantenendo il nostro paese una buona performance su altri fronti, come per esempio l’occupazione (almeno in attesa di ulteriori aggiornamenti). Nello specifico, sono diminuite le prospettive di crescita dell’anno corrente, che secondo la Commissione europea non dovrebbe superare lo 0,9% (comunque più della media europea), e sono invece aumentate quelle del deficit, passate dal 4,5% ad (almeno) il 5%. Vale la pena di preoccuparsi? La risposta è negativa, per due motivi. Il primo è che, almeno per tutto il 2023, non sarà in vigore il Patto di stabilità e crescita europeo: se c’è quindi un ultimo momento giusto per peggiorare il saldo di bilancio, è proprio questo. Il secondo è collegato al primo: visto che gran parte del peggioramento delle stime sul deficit, per il 2023 e per il 2024, riguarda gli effetti imprevisti del Superbonus 110%, allora tanto meglio internalizzare già per quest’anno tali effetti ed evitare di scaricarli sul futuro. Quasi paradossalmente, quindi, il peggioramento di quest’anno è addirittura una buona notizia. Perché il problema, semmai, è proprio sulle prospettive per il futuro, a partire ovviamente dal 2024. La stima attuale, sotto revisione, è di un rapporto tra deficit e Pil nel 2024 del 3,7%: un livello già eccessivo. Cosa fare per provare a migliorare la situazione? Come dicono i tecnici, serve lavorare sia sul numeratore, cioè sulla differenza tra entrate e spese, sia sul denominatore, cioè sulla crescita economica. Partendo da quest’ultimo aspetto, è prioritario puntare tutto sul Piano nazionale di ripresa e resilienza: il Pnrr, infatti, è a tutt’oggi la grande promessa mancata dell’economia italiana post covid. Proprio per questo motivo, però, i margini di miglioramento sono ancora enormi e andrebbero sfruttati al meglio. Per quanto riguarda la spesa pubblica, la sua razionalizzazione (un modo neutrale ed elegante che nasconde la parola “riduzione”) passa necessariamente attraverso un serio processo di revisione della spesa, integrato al ciclo di bilancio. Qualcosa che la normativa sulla contabilità pubblica prevede già dal 2016 ma che, come spesso accade, si fa fatica ad attuare, forse più per resistenze burocratiche che per volontà politica. Infine, le entrate: ora che la legge delega sul fisco è stata approvata, bisogna darle seguito, tanto nell’ottica della diminuzione della pressione fiscale quanto su quella dello stimolo dell’attività economica. La prossima legge di bilancio sarà cruciale e, probabilmente, determinerà il successo dell’intera legislatura: è quindi questo il momento più opportuno per il cambio di marcia che serve all’intero paese.
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