Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

Il Patto di stabilità/ Il rigore ottuso e la strada per la ripartenza

di Angelo De Mattia
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Venerdì 22 Settembre 2023, 00:02

È la prima volta, si può dire, che giustamente il Capo dello Stato entra nel merito delle regole europee in tema di politica economica e di finanza pubblica, da un lato, contestando l’ottusità del rigorismo e, dall’altro, sottolineando come il rigore (ben diverso dal rigorismo) non deve essere cieco; invece, deve avere come obiettivo la crescita. In sostanza, sviluppando questa illuminante considerazione, il Patto di stabilità dovrebbe essere un Patto per la crescita, finalità, questa, al contrario negletta anche nei dibattiti sul tema, assorbiti spesso dalla sola stabilità. In precedenza, agli inizi degli anni duemila, Romano Prodi aveva definito, a ragione, stupido il Patto in questione; dieci anni dopo aveva osservato che, mentre allora tutti gli davano torto, dopo un decennio tutti condividevano la qualificazione. 
Oggi non vi è nessuno che si opponga alla riforma di questo Accordo, anche se sul come e con quali finalità si manifestano, tra i Paesi europei, differenti posizioni.

È nel processo di revisione che però bisogna evitare la trappola di un rigorismo edulcorato che non assegni alla crescita la primazia che dovrebbe avere e, al tempo stesso, occorre non apparire lassisti, anche perché è importante ricordare la frase del ministro Giorgetti il quale ha detto di essere preoccupato non per quel che può fare la Commissione Ue, ma per l’indirizzo e le risposte dei mercati. Il giudizio di questi, in sostanza, potrebbe essere severo anche se ci si uniformasse a regole comunitarie oggettive, ma che fossero ritenute inadeguate a fronteggiare i problemi incombenti. Il rigorismo, che può diventare “rigor mortis”, ha come contrario proprio il rigore correttamente inteso con la prudenza, l’equilibrio e la correttezza che non significa affatto rinunciare ad un’azione di spinta della crescita, secondo una visione che sia di medio-lungo termine, essenziale per inquadrare efficacemente anche i problemi dell’oggi.

La flessibilità che si pensa di introdurre nel Patto, che a suo tempo alcuni autorevoli giuristi ritenevano collidesse con i Trattati fondativi dell’Ue, deve avere dei punti fermi garantistici, se non vuole sfociare in una lata discrezionalità della Commissione europea della quale fruirebbe di più chi ha più potere negoziale. Ciò non significa accogliere la posizione, in particolare tedesca, che, invece, vorrebbe impostare la revisione su parametri fissi, immodificabili, riproponendo così i presupposti dei danni compiuti dal Patto ora sospeso che reca la grave responsabilità di un’austerity cieca, mentre mutavano le condizioni di contesto, ma si accentuavano le dosi di rigorismo in pieno contrasto con quel che sarebbe stato necessario.

Oggi, per esempio, come fondatamente ci si potrebbe opporre a un “Golden rule” che escluda determinati investimenti nei settori primari su cui punta l’Unione dal vincolo del pareggio di bilancio? Non sarebbe, l’opposizione, una dimostrazione della persistenza di quel rigorismo efficacemente biasimato?

Ma il necessario bilanciamento della riforma del Patto dovrebbe essere l’avvio della costituzione di una capacità fiscale dell’Unione alla quale ha fatto riferimento, ancora una volta, il prossimo Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, con l’obiettivo degli investimenti da promuovere con emissione di eurobond. Debiti e iniziative comuni, collettivizzazione dei rischi. Non è un obiettivo facile da conseguire, perché esso presuppone anche revisioni istituzionali che innanzitutto consentano una partecipazione effettiva dei partner europei alla raccolta delle risorse e al loro impiego. Esistono numerosi studi da tempo realizzati sull’argomento. Ora si tratta di agire per passare alle decisioni concrete, avendo anche presente l’esigenza, alla quale pure ha fatto riferimento Panetta, di un raccordo tra politica economica e politica monetaria. Intanto, “che fare” per la legge di bilancio? Un’adeguata riforma del Patto che avvenisse in tempi tali da costituire un orientamento per la legge in questione sarebbe l’optimum.

Ma è realistico ciò? Comunque, se non si riesce a promuovere una riforma nell’anno, ma sono in corso lavori a tal fine, può mai scattare la reviviscenza del Patto sospeso? Certo, molto dipenderà dallo stadio del confronto sulla rivisitazione. Ma sarebbe anche questa una prova non proprio di intelligenza e lungimiranza far rivivere, ma dopo un po’ defungere, il vecchio Patto. Naturalmente, esistono altri punti dolenti, il Mes, l’Unione bancaria, sui quali è bene arrivare a decisioni e iniziative. Ma poter mettere alle spalle ottusità e stupidità del Patto di stabilità, indirizzandolo sulla priorità della crescita, costituirebbe una riforma di grande valore.

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