Giuseppe Vegas
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Nuove strategie / Se i giganti della Rete aprono le loro banche

di Giuseppe Vegas
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Sabato 6 Maggio 2023, 23:59
Trent’anni fa ci fu chi definì «foresta pietrificata» il sistema bancario italiano. Poi, sul finire del secolo scorso, una classe politica più avveduta aveva dato il là alla trasformazione del comparto, da una parte modernizzandone la gestione e dall’altra avviando un indilazionabile processo di aggregazione con lo sguardo rivolto ai nuovi mercati. Si trattava di innovazioni indispensabili per creare campioni nazionali attrezzati per fare fronte ad armi pari ad una sempre più agguerrita concorrenza internazionale. 
Hanno fatto passi da gigante l’informatizzazione e l’ampliamento della gamma dei servizi offerti, che al credito affiancavano quelli dell’investimento. I nuovi strumenti finanziari a disposizione, tra i quali i famigerati prodotti complessi e i derivati, nel mutare la natura delle banche tradizionali orientavano gli sperimentati comportamenti di molte di esse verso criteri di minore cautela, pur di poter moltiplicare il giro di affari.
Il tutto a fronte di una regolamentazione del settore che non si era ancora adeguata alla nuova realtà. Con la drammatica conseguenza dello scoppio della “bolla” del credito facile, aiutata dall’utilizzo di prodotti finanziari ad alto rischio, soprattutto per gli investitori. La crisi ha portato alla riscrittura di molte regole, soprattutto per contenere i rischi sistemici ed accrescere la sicurezza dei risparmiatori.
In tal modo era stata restituita, almeno in parte, la credibilità del sistema bancario.
Ben presto, tuttavia, la crisi del debito sovrano, cioè di quegli Stati che a causa delle loro malandate finanze potevano rappresentare potenziali rischi per la sicurezza del sistema delle transazioni internazionali, portò ad allargare i cordoni della borsa delle banche centrali, che si dedicarono all’acquisto massiccio di titoli di Stato dei Paesi in difficoltà, con l’effetto di finanziare direttamente il Tesoro degli Stati prima, e indirettamente le loro economie poi.
Ma, dato che la crisi non muore mai - come ci ha recentemente dimostrato il caso di Credit Suisse e ci stanno dimostrando le banche regionali statunitensi - le banche, soprattutto quelle europee, mentre devono gradualmente rinunciare alla liquidità messa a disposizione dalla Bce, sono costrette ad agire in un sistema ogni giorno più rigido e regolato. E contemporaneamente a muoversi in un mondo dove la concorrenza si è fatta più accanita. 
Infatti, a fronte di questa situazione, altri soggetti - il cosiddetto “sistema ombra” - sono liberi di operare nel mercato con sempre nuove iniziative, anche grazie agli strumenti offerti dalla tecnologia. Si tratta di imprese che gestiscono sistemi di pagamento e di quelle dedicate al credito al consumo. Tra queste rivestono un ruolo rilevante quelle appartenenti a produttori di beni, come è il caso delle industrie automobilistiche. 
Ma quelle più rilevanti sono le grandi società tecnologiche, che detengono il monopolio dei dati e che, possedendo tutti quelli dei loro clienti, sono in grado di conoscerne le disponibilità finanziarie e di indirizzarne e persino finanziarne gli acquisti.
Era facilmente immaginabile che, prima o poi, una delle Big Tech prendesse la decisione di fondare una banca. Si è mossa per prima Apple e molti hanno perso il sonno. Preoccupati per gli effetti sul sistema complessivo del credito provocati da un soggetto che, disponendo di un miliardo di clienti, di cui conosce abitudini e redditi, può essere potenzialmente devastante per il piccolo mondo antico delle banche tradizionali. 
Un universo di istituti di credito che non hanno ancora concluso, soprattutto in Europa, la fase di passaggio dall’approccio storico a quello tecnologico e che ancora dipendono troppo dall’attività creditizia nei confronti della clientela al dettaglio.
Ma forse non tutti i mali vengono per nuocere. Innanzitutto, i governi e le autorità di regolazione dei mercati non potranno più ignorare il fenomeno che, oltre ad essere troppo pervasivo per non essere notato, aprirà certamente la strada ad altri operatori della stessa specie, ad esempio a Google. 
Sicché per logica coerenza le autorità saranno costrette a sottoporre queste nuove figure alle stesse regole prudenziali e ad obbligarle a detenere le medesime riserve obbligatorie cui sono soggette tutte le banche. Il che finirà per rendere un po’ meno redditizia l’attività del credito dei nuovi soggetti. Con la conseguenza che essa molto probabilmente avrà un impatto meno dirompente sui mercati.
Tra l’altro, nella sfera della nuova regolamentazione verrebbero attratti anche gli attuali produttori di servizi di pagamento già esistenti. Il che costituirebbe un contributo non da poco alla trasparenza e alla concorrenza nei mercati.
Tuttavia, l’effetto più importante riguarda il fatto che l’impatto dei nuovi protagonisti difficilmente potrebbe estendersi verso altri campi dell’attività bancaria, mentre molto probabilmente resterebbe circoscritto al finanziamento dei pagamenti relativi al proprio circuito. 
Ne conseguirebbe che le banche sopravvissute, vedendosi sfuggire dalle mani una consistente parte dell’attività creditizia, sarebbero costrette a compiere subito il salto verso la modernizzazione. Da una parte, integrando assai più di quanto non stiano facendo oggi, la tecnologia nei loro sistemi operativi. Dall’altra, dedicandosi ad attività i cui margini di intermediazione sono più remunerativi: il finanziamento delle imprese e il loro sviluppo futuro, la messa a disposizione di capitali per acquistarle e gestirle, l’offerta alla clientela personale di strumenti di investimento remunerativi ed efficienti. 
Con la conseguenza di accrescere la competitività del sistema e di renderlo più efficiente e trasparente. E magari anche di contenere i costi di gestione per gli investitori. In definitiva, il timore di una concorrenza straniera potrebbe portare a quella rapida trasformazione del sistema, indispensabile per la sua sopravvivenza, oggi appena avviata.
Trasformazione indispensabile perché solo un servizio del credito economico, efficiente e al passo con i tempi può essere in grado di costituire uno strumento adeguato per lo sviluppo dell’economia di un Paese.
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