Osvaldo De Paolini
Osvaldo De Paolini

Obbiettivi mancati/ L’epilogo triste del manager protetto dai politici

di Osvaldo De Paolini
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Martedì 8 Febbraio 2022, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 00:15

Una vicenda dai tratti paradossali, il cui epilogo - la sfiducia unanime con ritiro delle deleghe da parte del cda - suggerisce interrogativi seri su come l’ex amministratore delegato del Montepaschi, Guido Bastianini, ha gestito il suo rapporto con l’azionista Tesoro. Una gestione tanto maldestra - soprattutto nel finale - da gettare un’ombra sull’intera sua vita professionale, peraltro in considerazione del fatto che non è nuovo a impuntature così plateali.

Ora, nei corsi base di microeconomia si descrive il funzionamento dell’impresa come una sorta di “scatola nera”. C’è una tecnologia, gli input della produzione (capitale e lavoro) e un output che scambiato sul mercato produce, dati i costi di produzione, un certo profitto. Si tratta di una descrizione assai approssimativa, perché le imprese sono realtà decisamente più complesse, che devono risolvere non solo problemi “esterni” come la sopravvivenza in un mercato concorrenziale, ma anche “interni” come, per esempio, la motivazione degli attori protagonisti (azionisti, top manager e dipendenti) a cooperare tra di loro per perseguire le finalità dell’impresa stessa. Soprattutto tra azionisti e manager si deve creare un rapporto fiduciario, che non può che discendere dalla mission che i primi affidano ai secondi.

Ebbene, Bastianini era stato ingaggiato dal Tesoro alla guida del Montepaschi in funzione di una strategia che avrebbe dovuto portare la banca senese, carica di problemi tuttora irrisolti, a fondersi con il gruppo Unicredit. Saltato il progetto di integrazione, e perciò mutato il contesto, per gli accordi assunti con Bruxelles e in attesa di ipotizzare per Mps una nuova destinazione, il Tesoro - cui fa capo il 64% dell’istituto - si è trovato nella condizione di doverlo ricapitalizzare con almeno 2,5 miliardi. Va da sé che si tratta di una mission assai diversa da quella affidata a Bastianini; per cui si è reso necessario individuare una figura con caratteristiche adeguate e una credibilità di mercato costruita attraverso successi sul campo. La ricerca è caduta su Luigi Lovaglio, il banchiere che prima ha trasformato la polacca Bank Pekao in un successo nazionale, e poi il CreVal in una preda ambita con grande soddisfazione degli azionisti.

Posto che Bastianini non è arrivato a Siena per aver vinto un concorso Inps, ma alla guida di Mps lo ha indicato l’azionista Tesoro con una mission precisa, caduta questa ed avendo egli qualità professionali diverse da quelle ora richieste, era naturale che il suo incarico fosse a termine.

Sono cose che capitano tutti i giorni dove c’è un’impresa e dove ci sono degli azionisti. Ebbene, convocato al Tesoro per trattare le condizioni della sua uscita come da contratto, Bastianini avrebbe preso atto della novità rendendosi poi irreperibile per alcuni giorni. E invece di rispondere personalmente alle proposte del Tesoro, in suo soccorso sono intervenute alcune forze politiche - e questo non è il massimo per una istituzione che da anni cerca di sganciarsi dall’influenza dei partiti - che pur senza conoscere fatti e circostanze, ne hanno chiesto a gran voce la conferma.

Peraltro, contrariamente alla narrazione che viene fatta della gestione Bastianini da parte dei suoi sostenitori, dai numeri forniti ieri si ricava che ben poco si è mosso nei conti dell’istituto dal suo arrivo, mentre degli obiettivi indicati dalle autorità europee ancor meno è stato realizzato. Per non dire dei resoconti sugli incontri avvenuti a Bruxelles tra gli uomini del Tesoro, il banchiere e i rappresentanti della Dg Comp, l’autorità per la concorrenza europea: se certe rigidità sono state smussate, non è certo grazie al contributo di un quasi silente Bastianini.

Resta il fatto che la spettacolarizzazione del suo arrocco, oltre a danneggiare l’immagine della banca esponendola di nuovo alle influenze della politica, ha certamente nociuto anche a lui, probabilmente in modo irreparabile. Se tra le letture giovanili Bastianini avesse trovato modo di apprezzare compiutamente il saggio «Le leggi fondamentali della stupidità umana» scritto dall’impareggiabile Carlo Maria Cipolla, oggi il suo addio a Siena sarebbe stato di segno assai diverso.
 

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