La fusione Fca-Psa/ Nasce Stellantis nozze obbligate con una ipoteca

La fusione Fca-Psa/ Nasce Stellantis nozze obbligate con una ipoteca
di Osvaldo De Paolini
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Martedì 5 Gennaio 2021, 00:46 - Ultimo aggiornamento: 29 Novembre, 12:55

La gestazione è stata lunga e un po’ sofferta, ma alla fine il via libera dei soci alle nozze Fca-Psa è giunto: da ieri il settore auto europeo vanta un nuovo colosso, Stellantis, il quarto in ordine d’importanza nella classifica mondiale. D’ora in poi marchi come Fiat, Alfa Romeo, Maserati, Jeep, Ram, Peugeot, Citroen, Opel e DS e altri minori si presenteranno al mercato sotto una sola bandiera. 

È presto per dire se i colori dominanti saranno quelli del tricolore italiano o francese.

Al momento si tratta di un “merger of equals”: un accordo di fusione fatto alla pari, cinquanta e cinquanta; il tempo e le scelte dell’azienda diranno se ieri è nato un gruppo italo-francese o piuttosto franco-italiano, anche se la presenza assai più che simbolica del governo francese nel capitale della neonata società e la scelta di Carlo Tavares quale amministratore delegato lascia intuire un percorso segnato.

Ciò introduce la prima domanda: si doveva fare questo matrimonio? Certo che sì, non farlo sarebbe stato un errore per entrambe le case. Anzitutto per le dimensioni così raggiunte (180 miliardi di ricavi, 8,1 milioni di auto vendute e un utile operativo aggregato di quasi 12 miliardi), grazie alle quali sarà meno difficile competere in un’arena mondiale profondamente cambiata e assai più esigente rispetto a soli cinque anni fa.
Dal punto di vista delle produzioni non è però il matrimonio perfetto, ma sebbene quello con Psa abbia sempre rappresentato il Piano B (rispetto all’alternativa Renault), per familiarità dinastica e datazione delle intese la fusione con il gruppo che fa capo agli eredi della dinastia Peugeot alla fine era la più naturale. Per John Elkann, che non ha esitato a fare proprie le idee di Sergio Marchionne, l’accorpamento non era più rinviabile per un gruppo come Fca, che aveva già prodotto il massimo stante le risorse messe in campo.

La creazione di valore dei produttori di mobilità, e quindi la loro stessa sopravvivenza sul mercato, oggi non può prescindere dai massicci investimenti necessari per affrontare la sfida elettrica e i campioni modello Tesla. A ciò si aggiunga la caduta reddituale del settore per il crollo delle vendite e per le imposizioni sulle emissioni che rendono i costi progettuali più alti dei rendimenti. Sicché Fca non aveva molte opzioni su cui contare: pur avendo la “cura Marchionne” riposizionato il gruppo nello scacchiere mondiale, rendendolo appetibile sia come compagno di viaggio sia come target scalabile, troppo esile è tuttora il suo patrimonio tecnologico e crescente è la necessità di condividere le economie di scala per poter correre sola. La via era perciò segnata. 

Il che non significa che ora la strada sarà spianata. Per esempio, un problema non da poco potrebbe essere rappresentato dalla sovrapposizione di alcuni modelli attualmente prodotti dai due gruppi, si dovranno perciò fare delle scelte che fatalmente porteranno ad escludere alcune produzioni. Per questo si prevedono tagli di costi operativi per circa 5 miliardi, le cosiddette sinergie industriali, da realizzare «a breve termine». E qui sorge la seconda domanda: quanti di questi risparmi saranno a carico dell’occupazione? Sulla questione le note ufficiali si limitano a precisare che «tali sinergie deriverebbero principalmente da una più efficace allocazione delle risorse per gli investimenti di larga scala in piattaforme veicoli, sistemi di propulsione e tecnologie e dalla maggiore capacità di acquisto insita nella nuova dimensione del gruppo risultante dalla fusione. Tali stime di sinergie non si basano su alcuna chiusura di stabilimenti». 

Dunque, nessuna chiusura. Ma è detto esplicitamente che gli investimenti si svilupperanno solo in alcuni siti produttivi, il che significa che negli altri si resterà necessariamente al palo, fermi alle tecnologie e alle piattaforme del passato. Dove avverranno i tagli degli investimenti? E dove saranno concentrati i risparmi sul fronte dei costi? Il fatto che il governo francese sia fortemente presente nel capitale di Stellantis lascia supporre che ben pochi di quei tagli avverranno negli stabilimenti francesi. Se è a quelli italiani che il nuovo vertice del gruppo sta pensando, vale forse ricordare che in Italia la coperta nel settore è già stata tagliata in modo pesante: negli ultimi dieci anni è infatti sfumato il “Progetto Italia”, che nelle intenzioni di Fca avrebbe dovuto portare nel nostro Paese investimenti per 20 miliardi, mentre i livelli occupazionali secondo fonti ufficiali si sono ridotti a 34 mila, un quarto rispetto al 2007.

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