Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

Europa immobile/ La crisi energetica e la via (possibile) dei singoli Paesi

di Angelo De Mattia
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Sabato 15 Ottobre 2022, 00:56

Se si pensa alle tre date di ottobre in cui si terranno riunioni importanti a livello europeo - il 20 e 21, il 26 e 27, in cui sono previste una riunione del Consiglio europeo sull’energia, l’esposizione della proposta della Commissione Ue per la riforma del Patto di stabilità e la riunione del Consiglio direttivo Bce - l’esigenza di dare segnali chiari di stabilità istituzionale dopo quanto è accaduto nella maggioranza con l’elezione del Presidente del Senato, ma non solo, esce rafforzata. E’ possibile che nel meeting dei capi di Stato e di governo - al quale parteciperà il premier dimissionario Mario Draghi non essendo probabilmente ancora insediato il nuovo governo - non si approdi a risultati definitivi in materia di gas, petrolio, fonti rinnovabili che potrebbero essere invece conseguiti a metà novembre. Ma si può star certi che tutti a Bruxelles guarderanno all’iter per la costituzione del nuovo esecutivo italiano e ai segnali di coesione che saranno dati dalle forze della maggioranza uscita in modo molto netto dalle urne. 

I problemi aperti in sede comunitaria sono cruciali: dal price cap per il gas, agli acquisti comuni, al disaccoppiamento dell’elettricità dallo stesso gas, al rapporto con le energie rinnovabili, alla riforma del mercato di Amsterdam, al collegamento delle misure in questione con quelle ancor più strutturali che riguardano la transizione ecologica. Quelle comunitarie non possono essere più riunioni quali quelle dei teologi di Costantinopoli: è ora di decidere. Nelle proiezioni riviste della Banca d’Italia, si stima che nello scenario di base il prezzo medio del gas passerebbe da 150 euro per megawattora del 2022 a 190 nel 2023 per poi ripiegare a 120 nel 2024. Nello scenario avverso, con blocco della fornitura di beni energetici dalla Russia, questi prezzi aumenterebbero del 50%. Ciò, in presenza di una crescita che, per il prossimo anno, è prevista nello 0,3% (a fronte del 3,3% di quest’anno e dell’1,4% del 2024) mentre il Fmi stima un Pil negativo e l’entrata in recessione del nostro Paese. Sono andamenti che trovano corrispondenza nell’area dell’euro e perciò pongono l’esigenza di risposte unitarie. 

Quali saranno, poi, le decisioni della Bce? Probabilmente si prepara un nuovo aumento dei tassi per rispondere all’inflazione, che fin qui non ha dato segnali chiari di riduzione nonostante si sia iniziata una cura monetaria restrittiva. Negli Stati Uniti si annunciano nuovi rialzi dei tassi, che vengono giudicati necessari nonostante l’impatto che potrebbero avere sulle elezioni di mid-term. Certo, la Bce non potrà meccanicamente seguire la Fed; neppure, però, potrà venir meno al mandato sul mantenimento della stabilità dei prezzi con un obiettivo del 2% “simmetrico” in un’ottica di medio termine.

Occorreranno, tuttavia, lungimiranza e gradualità, se non si vorrà paradossalmente aggravare la crisi. Ma, soprattutto, sarà necessaria - e qui entra in gioco la politica economica e di finanza pubblica a livello europeo - un raccordo di tale politica con quella monetaria evitando che si sommino gli effetti restrittivi e mirando, soprattutto, agli investimenti, alla produttività, alle imprese e al lavoro. Anche la Vigilanza bancaria, con le sue prescrizioni normative, deve prendere parte, data la straordinarietà della situazione, a un tale bilanciamento.

Dunque, la stabilità e l’affidabilità del nuovo governo sono un pre-requisito, nell’interesse del Paese e della maggioranza politica, ma anche di un’opposizione che voglia svolgere nella trasparenza e correttezza, il proprio compito. Mercoledì 26 la Commissione Ue illustrerà le sue proposte sulla rivisitazione del Patto di stabilità. Dalle prime anticipazioni si ricava che verrà superato il vigente (ma inosservato) vincolo della riduzione di un ventesimo ogni anno della parte eccedente il 60% del rapporto debito/Pil e si agirà sulla spesa, prevedendo percorsi di ciascun Paese di durata pluriennale per valutare il raggiungimento di obiettivi di deficit e di debito. Siamo ancora nel generico, ma fin d’ora si osserva - a prescindere da ciò che potrà significare un complesso intervento sulla spesa - che non compare nulla a proposito della “golden rule”, con l’esclusione degli investimenti pubblici dal vincolo del pareggio di bilancio, né a proposito di specifiche ipotesi di debito comune europeo.

Intanto le condizioni delle famiglie e delle imprese si aggravano, donde la necessità che, come accennato, non si rinviino ancora le misure comunitarie sul gas, vincendo la contrarietà di una parte dei Paesi cosiddetti frugali, redigendo un programma organico degli interventi, comprensivo delle risposte che dovranno essere date a reazioni contrarie di alcuni Paesi e, innanzitutto, della Russia, nonché aprendo finalmente la pagina del debito comune in materia energetica. Intanto Putin non sta fermo e tratta con Erdogan la costituzione di un hub del gas in Turchia per i Paesi dell’Est. Dovrebbe essere uno sprone perché l’Unione finalmente si svegli; diversamente, a mali estremi, estremi rimedi: occorrerà far leva su misure nazionali per le imprese e per il lavoro. Non sarebbero frutto di visioni isolazionistiche o, peggio ancora, nazionaliste, ma la inevitabile conseguenza di una persistente non più sostenibile inconcludenza dell’Unione.

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