Angelo De Mattia
​Angelo De Mattia

La via delle Big tech/ Le regole (urgenti) per la raccolta del risparmio

di ​Angelo De Mattia
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Sabato 13 Maggio 2023, 23:57

La decisione di Apple di offrire alla clientela americana la possibilità di aprire un conto di risparmio remunerato al 4,25% suscita interesse ma anche apprensione, per le possibili conseguenze che l’iniziativa potrebbe proiettare sul sistema bancario europeo. In effetti la potenza tecnologica di cui Apple dispone, saldata alla potenza finanziaria di Goldman Sachs che si è dichiarata partner nell’iniziativa, è un fenomeno che riguarda non solo la clientela o gli intermediari finanziari, ma che senza dubbio avrà riflessi sulla concorrenza e sugli stessi equilibri politici e sociali un po’ a tutte le latitudini. Soprattutto se altri colossi del web decideranno a loro volta di cavalcare l’iniziativa.

Il potere economico e di influenza di cui dispone una big tech è infatti tale che può orientare abitudini e scelte del consumatore-risparmiatore - come già ampiamente dimostrato in altre attività del vivere quotidiano - in direzioni capaci di sconvolgere il percorso dei mercati, piegandolo verso orizzonti lontani da ciò che consideriamo il bene della comunità. Appare perciò curioso che negli Stati Uniti, dove più forte è la pressione dei colossi del web, finora questi argomenti siano stati materia di timide discussione e approfondimento per nulla adeguati. Eppure proprio in quel Paese ha visto la luce lo Sherman Act, la prima legge antimonopolistica della storia, emanata alla fine dell’Ottocento per porre un freno ai potentati che allora andavano affermandosi. A maggior ragione quando si osserva che i nuovi indirizzi antitrust negli stessi States arrivano a sostenere che quella norma si potrebbe ritenere violata anche qualora ne derivi un trattamento migliore per il consumatore. 
Se a ciò si aggiungono i problemi che stanno sorgendo anche nell’Unione europea per l’attività primaria delle big tech - in relazione ai dati impunemente carpiti agli utenti e alle “rapine” quotidiane consumate a danno dei media - ne discende che c’è materia per una regolamentazione unitaria da parte delle istituzioni, quantomeno nel Vecchio Continente.

Sia chiaro: in Europa e in Italia, come ci ha ricordato il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, oggi esistono leggi e strumenti di supervisione che rassicurano, a partire dalla disciplina del sistema dei pagamenti. Tuttavia, la stella polare resta la tutela del consumatore con la protezione del risparmio: per questo occorrerà compiere nuovi passi per meglio regolare il fintech, come in Italia si è iniziato a fare con il decreto del 30 marzo. 

Quanto all’iniziativa di Apple, non siamo ancora in presenza di un’attività bancaria vera e propria, che veda cioè strettamente collegata la raccolta del risparmio all’esercizio del credito. Il problema si porrebbe se questi colossi volessero assumere anche la funzione bancaria: è superfluo osservare che rilasciare loro la licenza sarebbe un grave errore. Significherebbe aumentare esponenzialmente il rischio sistemico perché, vista la velocità operativa consentita dalla nuove tecnologie, sarebbe pressoché impossibile svolgere l’attività di vigilanza e altrettanto impossibile garantire la correttezza dei trasferimenti, che diverrebbero così di facile utilizzo per le attività illecite. 

Fatalmente, con la loro potenza i colossi del web sarebbero in grado di spazzare via dal mercato anche istituti di credito che ora riteniamo forti, peraltro riducendo drasticamente l’occupazione nel settore fino al punto di sovvertire gli equilibri democratici. Uno scenario per fortuna oggi lontano, stando alle bellicose dichiarazioni delle autorità di Bruxelles - che ha già fatto partire una prima raffica di regole di contenimento dell’intelligenza artificiale - e alla rigidità con la quale la Bce agisce sul fronte della vigilanza in capo agli istituti tradizionali. 
Nondimeno, non ha torto chi stimola i nostri istituti ad attrezzarsi tecnologicamente con grande rapidità, allo scopo di frenare in via preventiva le velleità espansionistiche delle big tech. Perché se una buona regolamentazione può fare molto, in questa materia vale soprattutto l’”estote parati”.

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