Gianfranco Viesti
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Bandi scaduti/ I fondi per gli asili che i Comuni hanno ignorato

di Gianfranco Viesti
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Sabato 12 Marzo 2022, 00:03

Il Piano di Rilancio italiano si colloca nell’ambito della grande iniziativa comunitaria, definita opportunamente “Nuova Generazione”: per promuovere quegli investimenti che possono migliorare la qualità della vita, ridurre i rischi e accrescere le opportunità per i cittadini europei del futuro. Questo significa realizzare le grandi transizioni verde e digitale, ridurre le disuguaglianze generazionali, di genere e territoriali: investimenti sottratti alla pressione del breve periodo, che possono cambiare l’Europa per i prossimi decenni.

Una delle misure più importanti che il Piano italiano prevede è l’investimento di ben 4,6 miliardi per la realizzazione di 228.000 posti aggiuntivi negli asili nido e nelle scuole per l’infanzia, raggiungendo così l’obiettivo comunitario di copertura del 33% della domanda. Perché è così importante? Innanzitutto perché gli asili nido rappresentano una prima importante esperienza di apprendimento e socializzazione per i più piccoli; ma anche perché può essere un tassello della strategia per accrescere la natalità e contrastare la riduzione e l’invecchiamento della popolazione, dando maggiori servizi per le coppie che desiderano avere figli; e perché si tratta di servizi che possono favorire la conciliazione dei tempi dedicati al lavoro e alla famiglia per le madri, creando condizioni più favorevoli per l’occupazione femminile. I 4,6 miliardi per le opere sono opportunamente accompagnati da un incremento delle risorse rese disponibili dalle leggi di bilancio per la gestione corrente di queste strutture, cioè per farle funzionare dopo averle costruite.

Fin qui, benissimo. I problemi sono sorti quando si è passati alla fase attuativa, cioè a definire chi e dove deve realizzare i nuovi nidi. Il Ministero dell’Istruzione ha emanato ad inizio dicembre un primo bando rivolto ai Comuni, chiamati a proporre progetti. Il finanziamento complessivo disponibile è di 2,4 miliardi, già suddiviso per regioni: ad esempio 328 milioni per la Campania e 129 per il Lazio. Su queste colonne erano state sollevate perplessità sui criteri utilizzati dal Ministero per ripartire le risorse (ad esempio l’indicatore basato sul numero di bambini da 0 a 2 anni stimato per il 2035 e non su quelli che ci sono oggi), e sulla mancanza di chiare indicazioni per privilegiare la realizzazione di nuove strutture nei tanti comuni italiani (principalmente al Sud, ma non solo) che ne sono sprovvisti. Il bando è rimasto nella sua formulazione originaria. Ma quando è scaduto, a fine febbraio, le richieste non hanno raggiunto la metà dell’importo disponibile. A differenza di quanto avvenuto per gli avvisi paralleli relativi alla costruzione di nuove scuole, e alla realizzazione di mense e palestre per cui c’è stata una grandissima domanda. Sulla base dei pochi dati disponibili è possibile dire che per i nidi la domanda è molto inferiore alla disponibilità economiche in quasi tutte le regioni italiane.

Il Ministero ha deciso una proroga di un mese: vedremo che cosa accadrà, ma pare difficile (anche se auspicabile) che fiocchino tanti nuovi progetti in così breve tempo.
Perché così poche richieste? Impossibile dirlo con certezza senza avere dati su chi ha proposto o meno un progetto.

La sociologa Chiara Saraceno, una delle massime esperte europee in materia, ha avanzato alcune ragionevoli ipotesi: il timore di non poter sostenere i costi di gestione dei nidi, l’affanno dei Comuni nel dover presentare progetti contemporaneamente su tanti bandi; la maggiore facilità nel rispondere all’avviso su mense e palestre (per le quali possono esistere già da tempo ipotesi); ma anche una possibile sottovalutazione politico-culturale dell’importanza cruciale dei nidi. Non sorprenderebbe, purtroppo, se in qualche realtà ci fosse scarsa attenzione ad interventi che avvantaggiano in misura particolare le donne.

Vi è un problema di fondo: il Pnrr in questo come in tantissimi altri casi, procede per bandi. Il governo nazionale stanzia le risorse e chiede ai Comuni di proporre progetti; se essi sono superiori alle disponibilità, li seleziona. Le nuove reti dei servizi si strutturano così “dal basso”, a richiesta. Se questo può portare ad avere qualche maggiori certezze sulla cantierabilità, e quindi sulla realizzazione, delle opere, e a selezionare i progetti ritenuti “più meritevoli” (ma sulla base dei criteri decisi dai Ministeri, che in molti casi destano perplessità), certamente non soddisfa l’esigenza di avere una piena copertura. Cioè a raggiungere quello che dovrebbe essere l’obiettivo politico più importante: offrire il servizio del nido a tutti i bambini piccoli italiani, indipendentemente da dove hanno la ventura di nascere. Invece, se si nasce in un Comune la cui Amministrazione è meno sensibile al tema, che non ha esperienza del servizio e non sa bene come fare, che è troppo piccolo per garantire un numero minimo di utenti, o che semplicemente non ha le risorse tecniche per rispondere ai bandi, si resta senza.

Proprio questa preoccupante esperienza dovrebbe portare il Governo a riconsiderare con la massima attenzione il processo attuativo del Piano. Bene la proroga, ma dovrebbe essere decisamente più lunga e accompagnata sia da una capillare azione di promozione e sostegno della misura, sia dalla predisposizione di progetti-tipo, come il Ministero vuole fare per le nuove scuole. Ma questo non basta. Appare indispensabile una mappatura dell’esistente e delle proposte, per individuare le realtà territoriali nelle quali il servizio non ci sarà o risulterà troppo inferiore alla domanda. In questi casi, come previsto dal DL 77 per i ritardi nei progetti, e più in generale il secondo comma dell’articolo 120 della Costituzione, la Cabina di Regia dovrebbe prendere atto della loro assenza o insufficienza e attivare poteri sostitutivi, realizzando direttamente gli interventi. Così si lavorerebbe per la nuova generazione: non limitandosi a prendere atto dei desideri o delle capacità dei Sindaci, ma prendendosi la responsabilità di assicurare l’asilo nido a tutti i nuovi italiani. 

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