Osvaldo De Paolini
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Alitalia, la linea di Bruxelles e la partita truccata imposta dalle lobby

di Osvaldo De Paolini
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Domenica 28 Marzo 2021, 00:33 - Ultimo aggiornamento: 00:54

Di fronte alle rivelazioni del Messaggero sulle condizioni del via libera di Bruxelles a Lufthansa per l’utilizzo di 9 miliardi di aiuti di Stato e sulla trattativa in corso per i 7 miliardi chiesti da AirFrance-Klm, viene difficile non intravedere dietro il temporeggiamento della commissaria Margrethe Vestager sul caso Ita il pressing insistito delle lobby europee dei cieli, in particolar modo delle compagnie low cost, ansiose di conquistare a poco prezzo il mercato italiano dei voli. 

Sono le grandezze in gioco (Ita chiede 2 miliardi) che ci dicono che c’è ben poco di trasparente nella resistenza della commissaria a dare via libera al trasferimento delle attività di Alitalia a Ita, affinché possa attivare la macchina dei voli in tempo utile per la campagna d’estate. Il confronto tra i sacrifici chiesti al progetto italiano e la modestia delle rinunce che la compagnia tedesca e quella francese hanno concesso in cambio della facilitazione, sono la conferma che dietro le giaculatorie sul rigore necessario a garantire la concorrenza nei cieli d’Europa, recitate dalla parlamentare danese fino allo sfinimento, in realtà proliferano precisi interessi di bottega gestiti dalle lobby di Stato che da sempre orientano le direttive di Bruxelles: in una parola, è guerra di slot.

Del resto, per chi ha seguito passo passo l’estenuante trattativa pervicacemente tenuta in piedi dalla signora Vestager (che, sia detto per inciso, sta minando gravemente la possibilità di ripresa del mercato italiano), la “discontinuità” tra Alitalia e Ita nel progetto elaborato da quest’ultima è chiarissima, sia sul fronte delle attività da acquisire sia sulla sostenibilità economica. E ciò, nonostante i paletti che vengono imposti al vettore italiano rispetto a quanto invece è consentito alle altre compagnie europee, sia nel mantenimento delle attività vietate a Ita (manutenzione e handling) sia nel numero degli slot mantenuti. Di fronte a tanta disparità di trattamento, il sospetto diventa certezza.

E non si dica che l’atteggiamento preferenziale accordato a Lufthansa e ad AirFrance è tale perché la loro situazione di crisi è conseguenza diretta dell’emergenza Covid, perché è noto che entrambe le compagnie versavano in forte crisi già prima che la pandemia mordesse i loro bilanci, aggravandone la difficile continuità aziendale.

Non è però questa la sede per fare confronti su chi ha peggio gestito la propria industria dei voli, visto che la fallimentare storia di Alitalia, anche a conduzione commissariale, non è certo motivo d’orgoglio per il nostro Paese, anzi. Né vale qui disquisire sull’opportunità o meno di disporre di una propria compagnia di bandiera, ben sapendo che la seconda manifattura d’Europa avrebbe minori chanche di sviluppo se dovesse dipendere dalle frequenze di volo imposte da altrove. Ma dal momento che il governo - anche quello attualmente in carica - ha deciso che l’Italia deve poter contare su un proprio vettore, la questione diventa centrale nella strategia complessiva del Paese.

Di ciò l’Europa non può non tenere conto. Per di più in una fase in cui tutti i partner stanno progettando il “nuovo inizio” economico che dovrà partire non appena il contagio sarà domato. Da quando è stato varato il Next Generation Eu si è creata una nuova e inedita interazione fra i diversi Paesi europei. Un evento davvero senza precedenti, che sta cambiando profondamente i rapporti tra i partner. Se a ciò aggiungiamo l’imminente cambio degli equilibri alla guida della Germania e l’arrivo di Mario Draghi alla testa del governo italiano, è facile intuire che nei prossimi anni il gioco dei pesi e contrappesi potrebbe produrre novità rilevanti negli indirizzi di Bruxelles. Per questo si resta sconcertati di fronte ad atteggiamenti così poco imparziali: evidentemente l’idea che la pandemia ha reso tutti un po’ più eguali non è ancora sufficientemente diffusa a Bruxelles, visto che c’è chi tratta l’Italia come fosse una delle cenerentole d’Europa. Una sfrontatezza che meriterebbe un gesto energico da parte del governo.
 

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