Cesare Mirabelli

La App al debutto con i test: quando la sicurezza viene prima della privacy

di Cesare Mirabelli
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Martedì 21 Aprile 2020, 00:17
È ammissibile, per escludere o contenere la diffusione dell’epidemia, tracciare gli spostamenti degli individui, da rilevare mediante un app caricata sul nostro smartphone, che consenta di individuare contatti anche involontari che pongono a rischio di contagio? 
La raccolta e la gestione di questi dati, che comprendono la condizione sanitaria di chi può determinare il rischio, realizza un inammissibile controllo della vita privata e determina un inaccettabile scambio tra libertà individuale ed esigenze sanitarie?

La risposta a questi interrogativi non può essere data con un aprioristico si, oppure con un altrettanto preconcetto no, cogliendo questa come occasione di scontro politico. Nella sensibilità di ciascuno e nella gerarchia dei valori costituzionali la salute, che la costituzione qualifica come “fondamentale diritto del cittadino e interesse della comunità”, è troppo importante per non imporre di approfondire le questioni sollevate dagli interrogativi proposti. Se ne può proporre una traccia.

La costituzione garantisce che ogni cittadino può circolare liberamente, ma ammette anche “limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità”. In presenza di una epidemia così grave, diffusa su tutto il territorio nazionale, per la quale non ci sono vaccini e cure risolutive o validate come efficaci, è difficile negare che motivi di sanità possono giustificare non la soppressione di diritti di libertà, ma temporanee e ragionevoli limitazioni al loro esercizio, mediante misure adeguate per contenere la diffusione dell’epidemia e proporzionali rispetto al sacrificio richiesto. Le limitazioni che possono essere messe in campo a questo scopo non sono soltanto il divieto di entrare in determinati luoghi o uscire da essi, oppure l’obbligo, questo sì il più incisivo, di rimanere per lungo tempo rinchiusi nella propria abitazione. Le limitazioni possono anche consistere nel controllo degli spostamenti degli individui sul territorio e della loro condizione infettiva, quale mezzo per evitare che la circolazione determini una nuova esplosione dell’epidemia. Naturalmente la raccolta e la gestione dei dati deve essere rigorosamente circoscritta e limitata a quanto è indispensabile rispetto al fine della individuazione della possibile diffusione del contagio ed efficace rispetto a questo obiettivo. Prescrizioni e vigilanza dell’Autorità garante per la Privacy possono regolare aspetti essenziali relativi alla tutela dei dati personali, alle modalità ed al limite temporale della loro conservazione, e assicurare il controllo della loro gestione. 

Se si tratta di una limitazione imposta, e non rimessa a un servizio offerto e ad una libera scelta personale che appare poco funzionale se l’adesione non è pressoché generale, è necessaria una base legislativa. Il Governo può adottare un decreto legge, se lo ritiene necessario nella situazione di urgenza per provvedere con sicurezza alla rimozione delle attuali restrizioni alla circolazione. Sarà poi il Parlamento ad adottare la deliberazione definitiva. Ne deriva la garanzia di un controllo del Presidente della Repubblica nella promulgazione, e di una possibile verifica di legittimità da parte della Corte costituzionale.
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