Alessandro Orsini

Napoli, la tragedia del carabiniere che uccide un 15enne e il giustificazionismo che va combattuto

Napoli, la tragedia del carabiniere che uccide un 15enne e il giustificazionismo che va combattuto
di Alessandro Orsini
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Lunedì 2 Marzo 2020, 15:27 - Ultimo aggiornamento: 15:36

Napoli. Un carabiniere in auto, fermo al semaforo con la fidanzata, ha ucciso un ragazzo di 15 anni che gli aveva puntato una pistola alla tempia per rapinarlo. I genitori del minorenne, che hanno devastato il pronto soccorso alla notizia della morte del figlio, ritengono di essere vittime di un'ingiustizia.

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La linea di pensiero, che emerge dalle dichiarazioni del padre, è che un ragazzo debba poter condurre una rapina nella certezza di non essere ucciso dalla reazione della vittima. Per poter prendere una posizione netta, occorre essere certi dei dettagli, i quali emergeranno soltanto con il tempo grazie alle indagini in corso. Tuttavia, una riflessione appare più urgente di qualunque presa di posizione morale. È, perché non può non essere, una riflessione contro la tesi giustificazionista della criminalità che, in queste circostanze tragiche, coglie l'occasione per sviluppare il proprio potenziale anti-sociale. Secondo i giustificazionisti, i rapinatori sono una conseguenza diretta della povertà. Siccome lo Stato non è in grado di sconfiggere la disoccupazione, i carabinieri, che rappresentano lo Stato, dovrebbero tenere conto di questa ingiustizia ed evitare di sparare contro i rapinatori.

La tesi giustificazionista è semplice soltanto in apparenza giacché riposa su processi di pensiero assai complessi. I giustificazionisti capovolgono il rapporto vittima-carnefice attraverso la decostruzione semantica di questi due concetti fondamentali per la convivenza civile non solo a Napoli, ma in tutte le città del mondo. In base al giustificazionismo, le vittime delle rapine - per strada o negli appartamenti - sono i carnefici in quanto, per il semplice fatto di avere uno stipendio, appartengono alla parte ingiustamente privilegiata dallo Stato. I rapinatori, invece, sono le vittime perché la loro povertà è colpa dello Stato. Questa linea di pensiero è la principale forza culturale che spinge a devastare un pronto soccorso, e cioè una struttura dello Stato, oppure a cingere d'assedio una caserma dei carabinieri. La tesi giustificazionista ha almeno tre elementi di debolezza. Il primo è che postula un legame di causa-effetto tra la povertà e la micro-criminalità del tipo stimolo-risposta.

Questo modo di ragionare emerge chiaramente anche nei video su Facebook con cui i parcheggiatori abusivi attaccano violentemente i consiglieri regionali della Campania, da cui sono combattuti. In realtà, l'osservazione sociologica dimostra che la grande maggioranza delle persone povere, o in difficoltà economica, non ricorre alla delinquenza. Questo significa che, tra la disoccupazione e la rapina a mano armata, ci sono molte cose, tra cui una cultura, un processo interpretativo collettivo, che definisce il significato dello stimolo e porta a decidere come agire. Il che è quanto dire che tra lo stimolo, rappresentato dalla povertà, e la risposta, rappresentata dalla rapina, c'è un modo di interpretare il mondo, in cui lo Stato è responsabile di tutto ciò che accade nelle nostre vite. Il secondo elemento di debolezza del giustificazionismo è nel trascurare il fatto che, all'età di 15 anni, un ragazzo non ha avuto il tempo di cercare un lavoro. Essendo giovanissimo, non ha ancora vissuto quella trafila di rifiuti che possono fiaccare un quarantenne precipitandolo nello sconforto.

La sua scelta criminale sembra molto più figlia di una cultura che della povertà. Il terzo elemento di debolezza è che l'ambizione dei giovani delinquenti a Napoli non è quella di emergere dalla povertà, ma di sprofondare nella ricchezza. La vita che conducono i camorristi e i loro emuli è, generalmente, lussuosissima o mirante al lusso estremo, come la serie televisiva Gomorra, prezioso documento sociologico, aiuta a comprendere. D'altronde, lo stipendio mensile di un giovanissimo spacciatore di droga a Napoli è molto superiore a quello di un ricercatore universitario. È presto per stabilire se la reazione del carabiniere sia stata eccessiva o proporzionata rispetto al pericolo imminente, ma non è mai troppo tardi per ricordare che a Napoli esiste un grande problema culturale, che richiederebbe enormi investimenti nella scuola e nell'educazione. Il giustificazionismo è un fenomeno culturale difficile da estirpare perché trova proseliti persino negli ambienti accademici e intellettuali.
 

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