Effetto Covid, Fatali (Hrc Group): «Ripartire dai direttori del personale per battere le nuove crisi»

Un selfie con Laluchy Robotina in ospedale (foto Afp)
di Luisa Russo
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Martedì 27 Aprile 2021, 08:17

Giordano Fatali è fondatore e presidente di Hrc Group, una realtà associativa che coinvolge qualche centinaio di aziende e molti dei dirigenti dell’area “Risorse Umane”. Una delle maggiori comunità di manager Hr (Human resources)che riunisce le più importanti e prestigiose aziende nazionali e multinazionali, che attraverso il benchmarking, il problem solving, il networking, lo scambio di conoscenze e competenze su temi Hr, grazie a strumenti di lavoro efficaci e flessibili, è in grado di rispondere alle necessità della professione e dell’azienda, secondo modalità sia online che offline, local e global. Da molti anni Hrc Group organizza eventi e confronti su tutti i temi che segnano la trasformazione nelle organizzazioni del lavoro. Da tre anni un evento specifico Well@Work - contrassegna il mondo degli Hr (direzioni risorse umane), una comunità professionale che si è ritrovata sotto i riflettori in forza dell’emergenza Covid e della nuova centralità del capitale umano. Tutte le aziende lo ripetono: people centricity. Un mantra, che all’orecchio meno attento potrebbe somigliare a un’operazione di marketing. Certamente la crisi Covid-19 ha portato al centro del dibattito il tema del capitale umano. La ripresa non potrà che passare da una fragilità gestita e da una flessibilità necessaria.

Fatali, il quarto appuntamento di Well@Work arriva alla fine dell’incubo Covid. Potrebbe essere il momento di fare qualche bilancio e di rilanciare qualche prospettiva. Che cosa resterà di questa lunga emergenza sanitaria e sociale nel mondo del lavoro?

«L’emergenza Covid-19 ha accelerato un processo di trasformazione, che in parte era già in atto. Lo smart working ha infatti portato le aziende non solo a velocizzare i processi di digitalizzazione e formazione delle competenze, ma soprattutto a modificare la propria cultura aziendale, basata sulla capacità di coniugare maggiore flessibilità e autonomia con una forte responsabilizzazione sui risultati».

È cambiato il ruolo degli Hr manager, in questo periodo. L’emergenza sanitaria ha imposto un’attenzione nuova e rinnovata verso le persone e i collaboratori dell’azienda. Come ha visto questa trasformazione?

«La figura dell’Hr manager negli anni ha subìto una forte evoluzione. Dall’essere percepito prima come rappresentante dell’Azienda, poi come responsabile dell’efficientamento di processi e relazioni industriali, per arrivare infine ad essere un change agent, un vero e proprio agente del cambiamento, che costruisce il cambiamento coinvolgendo tutti gli stakeholders interni e facendoli sentire motore di un progetto di sviluppo dell’azienda».

Si ripete come un mantra: la persona al centro. E poi: ripartire dal capitale umano. Se le risorse umane sono al centro dell’attenzione delle aziende è lecito aspettarsi che in questa evoluzione gli Hr director sono più influenti nei board aziendali?

«La centralità dei direttori del personale o delle risorse umane, come si diceva una volta, si traduce in esercizio della leadership, capacità di gestione e abilitazione del cambiamento e comunicazione.

L’importanza di questi fattori li rende essenziali all’interno dei board aziendali, proprio per sostenere le imprese nella delicata fase di definizione di un “new way of working”».

Come stanno cambiando le aziende? La rivoluzione del Covid-19, con il suo obbligo di distanziamento ha rivoluzionato le organizzazioni del lavoro. E come cambiano i processi produttivi, quelli decisionali, quelli relazionali?

«Il percorso lavorativo è cambiato e va gestito mettendo la persona al centro. Con l’edizione di quest’anno di Well@Work – che si terrà il prossimo 19 maggio (per consultare il programma e partecipare a Well@Work 2021: https://community.hrcigroup.com/eventi/well-at-work-2021-charge-the-energy/, ndr) gli oltre 500 responsabili Hr della nostra community si confronteranno proprio sul tema del benessere organizzativo e di come si declinerà nel new normal. Un’organizzazione complessa come quella aziendale funziona infatti solo se al lavoratore vengono assicurate le skills e se gli viene data libertà e autonomia per esprimerle. In un mondo in continua mutazione, il vero valore aggiunto in termini di crescita e produttività è dato dall’ingaggio del lavoratore».

Cambiano le organizzazioni del lavoro, si va verso una nuova normalità fatta anche di luoghi di lavoro diversi. Dal distanziamento sanitario alla remotizzazione funzionale. Smart working e welfare aziendale: il primo è destinato a cambiare il secondo. Come?

«L’emergenza Covid ci ha insegnato che è necessario adottare politiche e piani di welfare che consentano alle persone di godere del supporto e degli incentivi necessari. Con lo smart working, le aree su cui investire sono la sicurezza, la salute, l’up e il reskilling. L’emergenza sanitaria ha spinto le aziende a provvedere alla tutela della salute e alla sicurezza dei collaboratori. In un secondo momento, si è poi garantita loro una formazione in linea con le nuove abilità richieste. Ed infine siamo approdati al well-being, perché lavorare “sul” e “per” il benessere dei dipendenti significa farli sentire parte della comunità che è l’azienda».

Benessere e protezione dai luoghi di lavoro aziendali ai luoghi di lavoro domestici: ci sarà un welfare a domicilio? Comunque, come deve attrezzarsi la nuova risposta ai bisogni dei lavoratori, ai nuovi disagi, alle nuove richieste di protezione sociale?

«Il welfare deve garantire servizi che rispondano alle esigenze del lavoratore a prescindere da dove si svolge la prestazione lavorativa. Perché queste politiche siano efficaci, è necessario però che vengano incontro ai reali bisogni delle persone e che si possa misurarne l’impatto in termini di benefici per la popolazione aziendale. Questo è il passaggio da un Welfare tradizionale ad un Welfare 4.0, integrato all’interno delle strategie dell’impresa e soggetto a valutazione e rimodulazione, che rappresenta un asset per la competitività delle aziende».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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