BluBe (CIRFOOD): il welfare della persona tra Pmi e territorio

BluBe (CIRFOOD): il welfare della persona tra Pmi e territorio
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Martedì 14 Gennaio 2020, 16:00 - Ultimo aggiornamento: 23 Gennaio, 10:00

Parlano i provider protagonisti del welfare aziendale. Intervista a Riccardo Gismondi, National Key Account Director di BluBe, la divisione Welfare di CIRFOOD, una delle maggiori imprese italiane di ristorazione organizzata e servizi di welfare aziendale.

“Il trend di crescita del mercato è molto importante – sostiene Gismondi – ed è significativo il fatto che ormai riguardi anche la piccola e media impresa, che per troppo tempo era rimasta fuori dallo sviluppo di questo settore”.

Il welfare aziendale è ormai un’area di impegno e di attenzione imprescindibile per le imprese, di qualunque dimensione. Dal vostro osservatorio, BluBe e CIRFOOD, come vedete il cambiamento in corso?

C’è una sensibilità crescente rivolta ai bisogni e ai servizi legati alla qualità della vita dei lavoratori, con l’obiettivo di sviluppare le performance aziendali. Non sempre le due cose sono andate di pari passo. La cultura d’impresa sta maturando esperienze sempre più solide in questa direzione. Per noi, 40 anni di storia e di attività nella ristorazione collettiva hanno contribuito ad accentuare l’attenzione alle persone e alle loro esigenze.

Dalla ristorazione collettiva, ai buoni pasto, ormai l’offerta di CIRFOOD attraverso BluBe è capace di soddisfare tutti i bisogni dei dipendenti delle aziende.

Certamente. Il nostro obiettivo è a tutto tondo. Vogliamo rispondere ai bisogni dei lavoratori e ai valori delle imprese. Il tema centrale è quello delle risorse umane. Le persone sono il cuore delle attività imprenditoriali, sono il patrimonio fondamentale. Il nostro valore aggiunto è la nostra conoscenza delle esigenze dei lavoratori, coniugata alla conoscenza delle imprese e dei loro vantaggi competitivi.

Il panorama dei competitor è sempre più affollato: sono più di 90 i provider che agiscono in questo mercato. Come si vince la concorrenza?

Con la qualità del servizio. Anche questo mercato è un business che non si inventa. La competenza vince, l’esperienza, l’aggiornamento, la capacità di fornire consulenza prima e dopo la fornitura del servizio e dell’erogazione del benefit. In questa direzione si spiega l’acquisizione di pochi mesi fa: abbiamo acquisito l’advisor di welfare aziendale Valore Welfare, proprio per assicurare al nostro servizio tutta la profondità della consulenza. Consulenza e servizi è il mix con cui ci proponiamo al mercato.

Avete altri obiettivi di crescita nel 2020?

Di sicuro non ci fermiamo. Vogliamo crescere, ma è ancora presto per indicare le nostre prossime mosse. Ci saranno.

Qualche numero della vostra impresa?

La divisione BluBe nel 2018 ha fatturato oltre 86 milioni di euro; il segmento del welfare aziendale vale ormai circa il 15% dei ricavi di tutto il gruppo CIRFOOD che nel 2018 ha superato i 664 milioni di euro di ricavi consolidati. In BluBe lavorano 19 persone, a cui si aggiungono molte funzioni aziendali di Gruppo, dall’amministrazione al supporto HR e IT.

Il Terzo Settore si sta affacciando sempre più al mercato del welfare aziendale. La vostra sensibilità e la vostra storia aziendale sono culturalmente vicini alla realtà sociale che viene dal Terzo Settore. Come guardate a questo mondo: partner o concorrenti?

La nostra matrice cooperativa ci permette di collaborare strettamente con le realtà del Terzo Settore. Abbiamo da sempre rapporti stretti, sul territorio, e abbiamo forti partnership per l’erogazione dei servizi aziendali. Certo è che si dovrà creare un nuovo equilibrio di relazioni, di fronte allo sviluppo di alcune realtà del Terzo Settore, che diventano a loro volta provider del mercato del welfare aziendale. Resta fondamentale camminare insieme, forti di quella cultura che ci rende attenti alle finalità sociali del welfare integrativo. Gli stessi vantaggi fiscali di cui possono beneficiare i fruitori di alcuni servizi di welfare si poggiano proprio sulla finalità sociale che si sviluppa con questi strumenti.

L’ultima legge di stabilità non ha introdotto novità. È un bene o un male?

Dopo le recenti normative che dal 2016 hanno favorito lo sviluppo del welfare aziendale, è stato fondamentale la conferma dei traguardi raggiunti, a fronte di risorse pubbliche sempre più ristrette.

Una domanda sulla rappresentanza associativa: Aiwa (l’associazione italiana del welfare aziendale) conta ormai una ventina di soci. Voi siete tra i soci fondatori. Che cosa chiedete all’associazione?

Il ruolo che Aiwa sta svolgendo è prezioso. Gli obiettivi sono formativi, informativi, rappresentativi nei confronti delle Istituzioni, dal legislatore all’Agenzia delle Entrate. È importante preservare il ruolo di indipendenza che Aiwa ha saputo garantirsi: i soggetti associati sono molti diversi tra loro, è giusto che possano contare su una rappresentanza non collegata a mondi confederali e datoriali, che finirebbero per svilire gli obiettivi di indipendenza.

Un’ultima domanda sul welfare di territorio. Lo sviluppo del welfare aziendale nelle Pmi può favorire l’estensione di servizi fruibili a livello territoriale?

La centralità della persona è la chiave di tutto. Il radicamento territoriale delle Pmi impone un’attenzione alla possibilità di trasferire servizi e benefit a livello di territorio, non solo di impresa. Le comunità impongono una circolarità di visione che genera valore aggiunto per tutti. Fondamentare la collaborazione tra soggetti diversi, le imprese, le cooperative sociali, coinvolti in piani di comunicazione e condivisione che possano creare solidarietà e inclusione. Ovviamente per noi Reggio Emilia è un territorio-laboratorio naturale, per il nostro radicamento d’impresa. Ma stiamo assistendo allo sviluppo di molte esperienze positive anche in altre località del Paese.

Marco Barbieri

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