Elezioni Colle, prima votazione il 24 gennaio: date, regole e la nuova normativa anti-Covid

Giovedì 13 Gennaio 2022, 19:24 - Ultimo aggiornamento: 8 Maggio, 10:20
Elezioni Quirinale, come si vota il presidente della Repubblica: la guida
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Per il 24 gennaio il presidente della Camera Roberto Fico ha convocato il Parlamento con la partecipazione dei delegati regionali. All'orizzonte, ormai prossimo, c'è l'elezione del nuovo presidente della Repubblica, sul cui nome però regna ancora l'incertezza. Ma come funziona l'elezione? La procedura è piuttosto complessa ed è regolata dalla Costituzione e in particolare dall'art. 83: «Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato». L'assemblea che eleggerà il presidente della Repubblica sarà l'ultima con un numero ampio di Grandi elettori: dalla prossima magistratura, vista la riforma costituzionale, ci saranno 230 deputati e 115 senatori in meno.

I quorum e i Grandi elettori

Questa volta saranno ancora 1.008 o 1.009: 630 deputati, 321 senatori (inclusi quelli a vita) e 58 delegati regionali. Al momento però il numero è fermo a 1.007 perché resta in sospeso un senatore (Fabio Porta del Pd che dovrebbe prendere il posto di Adriano Cario del Maie) e quello lasciato vacante tra i deputati di Gualtieri, ora sindaco di Roma. Il 16 gennaio, otto giorni prima della convocazione di Fico, arriverà l'ultimo tassello.

Il voto è segreto e per essere eletto il nuovo presidente ha bisogno di una maggioranza qualificata dei due terzi dell'assemblea. Se questa maggioranza non viene raggiunta, si procede con un'ulteriore votazione. Se dopo i primi tre scrutini non si riesce ad eleggere un candidato, a quel punto nella quarta diventa sufficienta la maggioranza assoluta (la metà più uno dei votanti).

Sulla base del 1.007 Grandi elettori la maggioranza di due terzi sarebbe di 672 voti, dal quarto scrutinio ne basterebbero 504. La seduta comune non ha tempistiche certe: la base di partenza è un tempo di circa 4 ore e mezza per ogni scrutinio. Ed è considerata unica anche se viene cadenzata in più giorni. Quindi in caso di 1.007 Grandi elettori la maggioranza di due terzi sarebbe di 672, di 673 con 1.008 e di 673 con 1.009. Quella assoluta, invece, di 504 con 1.007, di 505 con 1.008 e ancora di 505 con 1.009 Grandi elettori.

Lo spoglio

Lo spoglio è tenuto dal presidente della Camera che legge in Aula i nomi dei candidati uno ad uno. I funzionari tengono il conto delle schede.

Il voto ai tempi del Covid

Sarà sicuramente un inedito la procedura di voto per l'elezione del prossimo Capo dello Stato, viste le precauzioni legate alla pandemia. Solitamente si procede alla chiama di senatori, deputati e delegati regionali, che prima e dopo aver espresso il voto possono rimanere in Aula o in Transatlantico. È prevedibile che stavolta, come avviene in occasione dei i voti di fiducia, la chiama avverrà in maniera contingentata, evitando soste e assembramenti in Aula. Non solo. Proprio per evitare un eccessivo affollamento a Montecitorio, almeno inizialmente potrebbe essere previsto un solo scrutinio al giorno, ipotesi comunque tutta da approfondire, soprattutto se dovessero rendersi necessarie più votazioni. Da verificare poi, per gli stessi motivi, come sarà disciplinato l'accesso al Transatlantico, recentemente riaperto alla stampa dopo essere stato utilizzato per più di un anno come appendice dell'Aula, dove il rischio è che sia necessaria una capienza limitata, salvaguardando naturalmente al massimo l'accesso e la circolazione dei giornalisti.

Cosa avviene se viene eletto un Premier?

Secondo l'articolo 84 della Costituzione «l'ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica». Perciò se l'eletto in quel momento ricopre un altro ruolo deve dimettersi prima dell'insediamento al Quirinale. È accaduto, ad esempio, con Francesco Cossiga, presidente del Senato; Giovanni Gronchi e Oscar Luigi Scalfaro, presidenti della Camera; Sergio Mattarella, giudice costituzionale; Luigi Einaudi, governatore della Banca d'Italia, vicepresidente del Consiglio e ministro del Bilancio; Antonio Segni e Giuseppe Saragat, ministri degli Esteri; Carlo Azeglio Ciampi, ministro dell'Economia.

La procedura inedita

Mai nella storia è accaduto che un presidente del Consiglio in carica sia stato eletto Capo dello Stato e se ciò accadesse si aprirebbe una procedura inedita, sicuramente più complessa di quella che, ad esempio, porta alle dimissioni e alla sostituzione più o meno immediata di un presidente della Camere, di un ministro o di un giudice costituzionale. L'unico riferimento normativo esistente da cui si possa partire è l'articolo 8 della legge 400/1988, che disciplina l'attività del Governo e l'ordinamento della presidenza del Consiglio. «In caso di assenza o impedimento temporaneo del presidente del Consiglio, la supplenza - si legge nella disposizione- spetta al vicepresidente o, qualora siano nominati più vicepresidenti, al vicepresidente più anziano secondo l'età. Quando non sia stato nominato il vicepresidente del Consiglio dei ministri, la supplenza spetta, in assenza di diversa disposizione da parte del presidente del Consiglio, al ministro più anziano secondo l'età».

Finora nella storia repubblicana è accaduto che vicepresidenti del Consiglio o ministri anziani siano stati chiamati a presiedere il Consiglio dei ministri, ma non si ricordano casi di assenza o impedimento di un premier tali da richiedere sostituzioni prolungate nel tempo. Proprio per l'incompatibilità prevista dall'articolo 84, in caso di elezione a Presidente della Repubblica, il premier dovrebbe presentare prima del giuramento e dell'insediamento le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato ancora in carica, senza tuttavia che possa essere seguita, come avviene in caso di crisi di governo, la normale procedura con presa d'atto e invito a rimanere in carica per il disbrigo degli affari correnti e accettazione delle dimissioni contestualmente alla nomina del nuovo presidente del Consiglio. Perciò, secondo il parere di autorevoli giuristi, con la comunicazione delle dimissioni del premier al Consiglio dei ministri, assumerebbe la supplenza il vicepremier, se nominato, o il ministro anziano, salvo diverse disposizioni. Una volta insediato al Quirinale l'ormai ex premier, il ministro che ha assunto la guida del Governo presenterebbe le sue dimissioni al nuovo Presidente della Repubblica. A quel punto però si aprirebbe un altro inedito nella prassi che prevede che il presidente del Consiglio presenti le dimissioni per cortesia al nuovo Capo dello Stato che le respinge. In questo caso infatti le dimissioni verrebbero accettate e dovrebbe aprirsi una formale crisi di governo per arrivare alla nomina di un nuovo premier.

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