Il ceo di Unicredit Andrea Orcel: «La Bce dovrà agire con equilibrio tra tassi e crescita»

Il ceo di Unicredit Andrea Orcel
di Rosario Dimito
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Venerdì 23 Dicembre 2022, 09:28

Dottor Andrea Orcel, di recente lei ha compiuto un viaggio non breve negli Stati Uniti, dove ha incontrato molti investitori globali. Dopo il confronto con loro, che cosa si aspetta per il 2023?

«Se la domanda riguarda Unicredit, posso dire che gli investitori sono soddisfatti di come stiamo procedendo nell’esecuzione del piano triennale e apprezzano la trasformazione strategica, la solidità patrimoniale, l’approccio prudente agli accantonamenti e alle coperture e la qualità del credito. Sono invece preoccupati del contesto macro, però sono anche fiduciosi nella nostra capacità di affrontare ogni scenario e realizzare gli obiettivi strategici e di distribuzione dei benefici agli azionisti».

Si parla di recessione tecnica in arrivo in Europa, il commissario Paolo Gentiloni preferisce definirla “contrazione invernale”. La sua opinione?

«Una cosa non esclude l’altra. Parlando di contrazione invernale si cerca forse di sdrammatizzare, in quanto la recessione dovrebbe essere moderata. Condivido questa analisi, visti i diversi fattori di supporto che dovrebbero ridurre il rischio di un deterioramento più pronunciato. Si pensi per esempio al ruolo svolto dalla politica fiscale, ai bilanci privati senza particolari squilibri, a un mercato del lavoro che al momento non segnala criticità. È però importante che, vista la carenza di energia e l’inflazione elevata, le autorità europee mantengano il supporto che fin qui hanno dato».

Le principali incognite per il 2023, oltre al destino della guerra in Ucraina, restano l’inflazione e i tassi. Si aspetta che la stretta delle banche centrali prosegua?

«Le banche centrali hanno segnalato di non voler allentare la presa in modo prematuro, prima che l’inflazione abbia imboccato un sentiero di rallentamento sostenibile. Settimana scorsa Fed e Bce hanno alzato il costo del denaro di ulteriori 50 punti base e nuovi ritocchi sono previsti nel primo trimestre 2023. La Fed potrebbe fermarsi intorno al 5%, la Bce al 2,75% ma anche andare oltre».

L’inflazione negli Stati Uniti ha un’origine diversa da quella europea, che peraltro insiste su un’economia più debole. Siamo sicuri che sia giusto applicare la stessa cura da cavallo?

«Ciò che posso dire è che è meno chiaro quale impatto avrà l’aumento dei tassi in Europa rispetto a quello americano. Non bastasse, Oltreoceano l’economia è molto più elastica della nostra, si aggiusta molto più rapidamente. Per questo è fondamentale che la Bce trovi un equilibrio tra controllo dell’inflazione e crescita».

In Italia il governo ha rivisto il Reddito di cittadinanza. Il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, ne ha difeso le virtù. Anche lei la pensa così?

«Credo anch’io che sia importante fornire sostegno alle persone in difficoltà, ma lo strumento va reso più efficace nella parte dell’inserimento nel mondo del lavoro di chi ne ha possibilità e capacità».

Per quanto riguarda il Pnrr, il governo sembra deciso a chiederne la revisione, per l’aumento dei costi delle materie prime. È d’accordo?

«Il Pnrr è la più grande opportunità che abbiamo per modernizzare il Paese, favorendo una trasformazione sostenibile e digitale, aumentando la dotazione infrastrutturale. L’aumento del costo delle materie prime è un ostacolo, ma come afferma il Presidente Mattarella, ogni impegno sul Pnrr assunto con l’Ue deve essere rispettato.

La soluzione va trovata in accordo con tutte le istituzioni e le forze sociali ed economiche».

Sempre sul Pnrr, in qualche occasione esponenti del governo Meloni hanno fatto intendere che l’esecutivo Draghi ha fatto progressi soprattutto sulla carta. E che calare i progetti sul territorio è molto più complicato. Riusciremo ad arrivare alla fine nei tempi stabiliti dal Piano?

«Non possiamo lasciarci sfuggire questa occasione di rilancio del Paese. Il contributo che il sistema bancario può dare è significativo, sia nel fornire le risorse necessarie a sostenere gli investimenti, sia nell’aiutare le imprese ad accedere ai bandi. Per questo ci siamo messi al fianco in particolare delle piccole e medie imprese con soluzioni finanziarie e consulenziali, tra cui finanziamenti a tassi competitivi finalizzati anche a far fronte ai persistenti aumenti delle materie prime».

Molti banchieri sono insofferenti della presenza invasiva della Bce, cosa ne pensa visto che Francoforte ha recentemente contestato alcuni disallineamenti nelle attività di Unicredit rispetto alla distribuzione dei dividendi?

«Il regolatore ha un ruolo da svolgere. Abbiamo sempre avuto un rapporto molto costruttivo. E aggiungo che è stato un partner fondamentale nell’implementazione del piano Unicredit Unlocked: il sostegno che abbiamo ricevuto è indicativo della fiducia che ha dimostrato nei nostri confronti».

Nel 2023, molti si aspettano un nuovo ciclo di risiko bancario. Ritiene che siano stati creati i presupposti per ulteriori fusioni?

«Le banche devono fare un grande lavoro per valorizzare i propri asset, come noi abbiamo fatto con il piano Unicredit Unlocked. Il contesto regolamentare e normativo eterogenei e le tensioni geopolitiche rendono complesse le aggregazioni transfrontaliere. È vero che in un contesto di crisi si possono creare delle occasioni e che fusioni e acquisizioni sono uno strumento importante, ma vanno fatte solo se creano valore».

Un anno fa Unicredit è stata tirata in ballo per un interesse per Banco Bpm in Italia e per Commerz Bank in Germania. Tuttora è considerata un pivot credibile per potenziali aggregazioni. È corretto?

«Sin dal primo giorno in Unicredit, la mia attenzione si è concentrata sullo sblocco del potenziale interno alla banca. I risultati, con il settimo trimestre consecutivo di crescita e i migliori nove mesi in oltre un decennio, dimostrano che il potenziale latente di Unicredit sta generando molto più valore di qualsiasi acquisizione che potremmo fare. Abbiamo costruito un’organizzazione resiliente, in grado di affrontare ogni scenario e di trasformare l’incertezza in opportunità. Continueremo così anche nel 2023».

L’accordo commerciale con Azimut nel risparmio gestito è funzionale a sostituire l’accordo con Amundi che scadrà a cavallo del 2026?

«L’obiettivo di Unicredit è rafforzare le nostre capacità interne del risparmio gestito e di internalizzare gli elementi chiave della catena del valore. L’accordo con Azimut svilupperà le capacità ad alto valore aggiunto al nostro interno e ci permetterà di accedere alle migliori risorse e competenze della categoria, con l’obiettivo di offrire una gamma di prodotti di qualità pensati per la nostra rete. Inoltre, continuerà a contribuire alla costruzione del nostro ecosistema con il vantaggio di accedere ad una base clienti alternativa, quella di Azimut, cui poter offrire selezionati prodotti bancari». 

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