Quattro passi nel Metaverso: il digital “bidimensionale” diventa una realtà immersiva

Quattro passi nel Metaverso: il digital “bidimensionale” diventa una realtà immersiva
di Flavio Pompetti
5 Minuti di Lettura
Venerdì 24 Dicembre 2021, 10:00 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 16:32

Siete stanchi di collegarvi con colleghi e amici su schermi di computer reticolati in formato francobollo?

Avete a noia la formalità degli scambi su Whatsapp, la verbosità delle chat e la schiavitù delle dita alle tastiere, al mouse pad e ai touch screen? Abbiate fede in Mark Zukerberg: il 2022 si apre con la promessa di un passaggio epocale, di una transizione che il creatore della socialità telematica ha riassunto magistralmente con la proposizione di origine greca: Metaverse (Metaverso in italiano). Che vuol dire: Zuckerberg ha promesso di trasformare l’immaterialità degli scambi che abbiamo avuto finora per mezzo degli strumenti di comunicazione digitali in una presenza quasi tangibile, sia pure fittizia. La tecnologia del 5G – unita a immagini tridimensionali e a occhiali capaci di proiettare realtà virtuale – ci darà l’illusione di interagire con il vasto mondo dell’Internet e con i suoi abitanti come se potessero tutti insieme trovare spazio nella stanza dalla quale saremo collegati.

L’EVOLUZIONE DELLA PAROLA

 Il mondo Meta è ancora tutto da venire, ma provate a cercare la parola su Internet e vedrete che i motori di ricerca l’hanno già metabolizzata come se fosse un neologismo della cultura telematica, e la associano quasi esclusivamente alla nuova identità che Facebook ha deciso di darsi nell’anno della maturità, il diciottesimo dalla fondazione. Zuckerberg l’ha presentata come una rivoluzione dell’esperienza all’interno della rete sociale, nella quale gli utenti avranno per la prima volta la possibilità di interagire in “presenza”, quasi come se il creatore di Facebook avesse scoperto il segreto della telecinesi, la trasmigrazione del corpo con la forza della mente. È curioso notare come questo dono che Zuckerberg fa al mondo, cada alla fine di un anno, anzi di un biennio, che ha segnato la più drastica e dolorosa separazione tra i corpi che gli umani abbiano sofferto in quasi un secolo, con il distanziamento sociale imposto dalla pandemia. Per i più giovani che avevano già seguito Mark sulla strada della comunicazione virtuale, il processo della perdita della fisicità era in realtà iniziato molti anni addietro con la caduta di tanti dei rituali delle passate generazioni: il bar, la piazza, lo struscio lungo il corso di centri urbani che non esistono più. Tutti questi elementi sono stati sostituiti dall’immediatezza e dalla simultaneità dei contatti sulla rete, dietro i quali c’è però sempre più spesso la realtà della solitudine in una camera da letto o su un divano.

Metaverso ci viene offerta come il superamento delle problematiche del passato; un perfezionamento tecnologico che garantirà la “presenza” del cibernauta nelle sue interazioni. Possiamo invece immaginare che, se davvero dovesse offrire l’illusione della fisicità, Metaverso verrebbe immediatamente abbracciata per ultimare il passaggio verso la modalità remota, e al completo distacco di molti lavoratori dal posto di lavoro. Quale direttore d’azienda potrebbe resistere alla tentazione di un ufficio che torna a materializzarsi, affollato dagli ectoplasmi interattivi degli impiegati, ma al netto del costo dell’affitto immobiliare?

IL BALZO PER L’INDUSTRIA DEL SESSO

 Il richiamo sarà ancora più impellente per gli amanti dei video-giochi, i quali saranno in grado di proiettarsi in prima persona nel set, e di agire contemporaneamente su piattaforme diverse, incrociando temi, paesaggi e canovacci diversi. Enorme sarà il balzo a portata di mano per l’industria del sesso in formato digitale, nel quale allo spettatore verrà offerta l’opportunità di divenire protagonista, almeno sullo schermo e nelle proiezioni tridimensionali. Basterà ricordarci, se riusciremo ancora ad esserne capaci, che tutto questo non è “presenza”, ma piuttosto esperienza. Un concetto quest’ultimo che già domina nel mondo della pubblicità, e per il quale anche gli oggetti di uso comune e quotidiano – dal frigorifero al tostapane – stanno già emigrando dalla materialità con la quale li abbiamo conosciuti per generazioni, per diventare proiezioni del nostro desiderio, elementi di sostegno dell’avatar di nostra scelta.

UN INCUBO VENTILATO IN MATRIX

Metaverso sembra indicare la direzione di un futuro nel quale la vastità del sogno virtuale corrisponderà sempre più all’immobilità del corpo. È questo un incubo che ci era stato ventilato due decenni fa dal film The Matrix, con l’aggravante che nella vita reale siamo noi che stiamo scegliendo di ridurci a larve sognanti, senza nessuna forzatura da parte delle macchine intelligenti. Come ci ha spiegato lo scrittore Yuval Noah Harari, stiamo disegnando una prigione perfetta, nella quale saremo al tempo stesso prigionieri e secondini di noi stessi. Naturalmente si tratta di una bugia virtuale, perché la realtà fisica non può essere evitata e l’uomo resta (ancora) un animale sociale. Si può vivere una realtà immaginaria come quella narrata nel film “La vita è bella” di Roberto Benigni, dove l’abile manipolazione della realtà si rivela una poesia d’amore paterno. Ma il Metaverso di Zuckerberg non ha nulla di poetico: difficile credere che l’uomo di Facebook non stia cercando di ampliare il suo impero, ottenere ulteriori informazioni sulle nostre vite e alimentare un nuovo colossale affare dalle immense ricadute antropologiche. E su questa conclusione, qualche riflessione andrà fatta.

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