Eccellenze alimentari a rischio, Bruxelles riduce i fondi all'Italia: più difficile difendere i prodotti

Eccellenze alimentari a rischio, Bruxelles riduce i fondi all'Italia: più difficile difendere i prodotti
di Carlo Ottaviano
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Venerdì 24 Dicembre 2021, 10:00 - Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre, 09:20

Prendete nota: dal 14 gennaio se osate usare piattini e posate di plastica sarete dei fuorilegge (tranquilli, però, niente carcere, solo ammende pecunarie).

A stabilirlo un decreto attuativo pubblicato in dicembre sulla Gazzetta Ufficiale che recepisce la direttiva comunitaria “Sup-single use plastics”. Non mancherà chi il giorno prima griderà al sopruso dell’Unione europea, accusata di mettere (letteralmente in questo caso) le mani nel piatto di chi mangia. In realtà, la norma giunge a conclusione di un lunghissimo iter che ha lasciato all’industria di settore i tempi necessari per adeguarsi. Purtroppo, non è sempre così per tutto ciò che riguarda agricoltura e alimentazione, campi in cui l’Unione europea ha voce determinante. Con l’Italia, gigante economico del settore, che guarda al 2022 con una certa preoccupazione.

EXPORT A 50 MILIARDI

«Il prossimo anno – afferma Giorgio Mercuri, presidente di Alleanza Cooperative Agroalimentari - va considerato come un anno di transizione tra il vecchio e il nuovo. I due anni di pandemia hanno compromesso molte delle certezze. Adesso siamo in una fase di ripresa, ma si fatica a rispondere alle aspettative di mercato, perché spesso le aziende, gravate dall’aumento dei costi di produzione, non riescono a far fronte ad un aumento della richiesta di prodotti agroalimentari». Il 2021 per l’agroalimentare è stato comunque complessivamente buono e il 31 dicembre sarà probabilmente raggiunto l’obiettivo dei 50 miliardi di export. «Nel 2022 - secondo Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia - dovremo consolidare i risultati in termini di esportazione e di rilancio del mercato interno che è la parte che oggi soffre maggiormente. L’ambizione è non solo di esportare di più con l’obiettivo dei 100 miliardi in 8-10 anni, ma di aumentare il valore unitario delle nostre esportazioni collocando il Made in Italy su una fascia sempre più elevata e ampliando il numero degli esportatori perché oggi il 95% del fatturato in export viene prodotto da appena il 5% delle aziende, la platea va allargata». Agricoltori e trasformatori vorrebbero restare concentrati sul loro mestiere – produrre – piuttosto che essere distratti da problematiche legislative-burocratiche, con cui devono fare però difendersi. Come la contraffazione e l’Italian Sounding, commessi talvolta con la complicità della Commissione Europea. È il caso del Prosek croato e dell’aceto balsamico sloveno. «L’Italia - afferma Mauro Rosati, direttore di Fondazione Qualivita - si sta muovendo in maniera coesa per bloccare le richieste dei due Paesi, ma gli uffici europei stanno andando avanti nell’iter autorizzativo. Atteggiamento del tutto nuovo visto che finora l’Europa era stata molto attenta a non concedere registrazioni di nomi o prodotti che potessero trarre in inganno il consumatore». «Il successo planetario del nostro cibo - aggiunge Rosati - necessita di strumenti prodotti da un’Europa meno miope.

Il rischio per l’Italia non è solo economico, ma anche di grande confusione a discapito di consumatori sempre più disorientati».

ETICHETTE DI COLORE

Terreno di battaglia sono proprio le informazioni in etichetta che dovrebbero aiutare le scelte alimentari e salutistiche dei consumatori. Al momento lo scontro è tra il “Nutriscore” (in uso in Francia, che però ha in parte cambiato posizione dopo gli Accordi del Quirinale), che associa ad ogni alimento un colore (per questo si chiama a semaforo) e il “Nutrinform” proposto dall’Italia, che indica l’apporto percentuale di grassi, zuccheri e sali rispetto all’assunzione quotidiana raccomandata. Il primo sistema – in estrema sintesi – dice «questo cibo fa male, punto» e penalizza senza basi scientifiche la Dieta Mediterranea e l’85% del made in Italy alimentare. «Le etichette a colori – sottolinea la Coldiretti – si concentrano esclusivamente su un numero molto limitato di sostanze nutritive (ad esempio zucchero, grassi e sale) e sull’assunzione di energia senza tenere conto delle porzioni escludendo paradossalmente dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta». Il “Nutrinform”, suggerisce invece di valutare in modo non isolato quel determinato prodotto, ma all’interno del complesso della dieta alimentare. «Il cosiddetto sistema a batteria proposto dal nostro Paese – osserva Franco Verrascina, presidente della Copagri – è allo stesso tempo puntuale e preciso, ma anche chiaro e di immediata comprensione».

I MILIARDI DEL PNRR

Entro il 30 giugno l’Ue dovrà comunque decidere. Tra le partite più importanti, ovviamente, la posa a terra del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che destina all’agricoltura circa cinque miliardi di euro e la definizione del Piano strategico nazionale (Psn) nell’ambito della nuova Politica agricola comune. C’è tempo ancora qualche mese per sistemare ogni dettaglio della Pac che porta in dote all’Italia una cinquantina di miliardi l’anno dal 2023 al 2027. L’obiettivo è ammodernare l’agricoltura europea facendola diventare la più sostenibile del mondo, in armonia con le strategie “Farm to Fork” e “Next Generation Eu”. Agli agricoltori viene chiesto un maggiore impegno per la sostenibilità ambientale. «Siamo davanti ad una nuova sfida - dice il presidente dei Giovani di Confagricoltura, Francesco Mastrandrea - ma con una riduzione delle risorse finanziarie per il nostro Paese di circa il 15% (circa 7 miliardi, ndr)». «Attenzione – avverte a sua volta Dino Scanavino, presidente della Cia-Agricoltori Italiani – all’impatto complessivo. Dobbiamo scongiurare che le future proposte legislative si traducano in una riduzione della produzione agricola europea, con conseguente aumento dei costi e degli aggravi burocratici per le aziende». I fondi rischiano di essere sprecati proprio per colpa delle lungaggini burocratiche. «Molte delle iniziative – ricorda Mercuri - hanno bisogno di autorizzazioni di enti pubblici, spesso ancora caratterizzati da una burocrazia asfissiante, purtroppo e soprattutto in alcune delle aree più svantaggiate del nostro Paese». 

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