Urso: «Il made in Italy si rilancia con la difesa delle aziende»

Adolfo Urso
di Francesco Malfetano
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Giovedì 27 Ottobre 2022, 16:02

«Il mio primo atto da ministro sarà creare un ufficio che chiamerò Difensore civico delle imprese, e che si occuperà di eliminare la burocrazia che rallenta gli investimenti delle nostre aziende». Adolfo Urso si dice «prontissimo». Il ruolo di ministro delle Imprese e del Made in Italy, spiega subito dopo l'intervento di Giorgia Meloni al Senato di ieri, sembra un po' essergli cucito addosso. «Ho già in mente il da farsi, specie per difendere la creatività italiana che il mondo ci invidia» aggiunge, prima di rivelare un aneddoto. «Le racconto un episodio: il nostro made in Italy è talmente attrattivo che qualche giorno fa, il mio omologo ucraino mi ha chiesto dei consigli su come sviluppare un marchio made in Ukraine, perché se per noi ad attrarre è la creatività, per loro può essere l'input solidale».

Ministro Urso, nella sua replica alla Camera la premier Giorgia Meloni ha dichiarato che il motto del governo sarà «non disturbare chi fa». Cioè punterete a limitare al minimo l'intervento dello stato sulle aziende. Cosa farete?
«È uno dei punti della nuova denominazione data al ministero, che è ben più di un nome, è una nuova mission. Al centro non ci sarà più l'oggetto cioè il contesto sociale e lo sviluppo - ma il soggetto, che è l'impresa. E quindi ci occuperemo di chi avvia e gestisce un'attività, ma anche di chi contribuisce, come lavoratori e dipendenti. Aiuteremo chi produce ricchezza eliminando ogni intoppo».

Sarà il primo provvedimento su cui metterà la sua firma?
«Si, daremo attuazione compiuta all'art.30 del decreto aiuti che consente al ministero o al governo di avocare a sé procedure non esplicate da altre istituzioni. Cioè se le amministrazioni locali non danno risposte in tempi celeri interverremo noi. Saremo il difensore civico delle imprese, che è poi il nome di un ufficio che creerò nel ministero per portare a termine questo atto significativo di sburocratizzazione».

Parlava della denominazione del ministero, perché il Made in Italy?
«La seconda parte della denominazione riguarda l'eccellenza italiana per come è percepita nel mondo. Un concetto che io traduco non solo con bello e ben fatto come si diceva un tempo, ma anche come ad alto contenuto tecnologico, e quindi strategico».

Cosa intende? L'Italia è in difficoltà da questo punto di vista perché non possiede le materie prime.
«Vogliamo trasformare il ministero delle crisi in quello delle opportunità. Per cui l'orizzonte del nostro intervento sarà ampio. Vede noi siamo un Paese trasformatore. È la nostra creatività, l'ingegno e la competenza a dare valore al prodotto. Un valore aggiunto che ci caratterizza e che va applicato anche a settori più moderni. Vale a dire che ci adopereremo con nuovi incentivi per eliminare i punti di criticità che possono far saltare le filiere italiane dell'industria, garantendo chi fa innovazione. Penso ai semiconduttori o alle batterie elettriche o i microprocessori, fondamentali nella transizione digitale ed ecologica.

E lo stesso faremo per l'energia».

Cioè?
«L'energia fa muovere l'industria. E quindi, come ha detto anche Giorgia Meloni oggi (ieri ndr), uno dei nostri obiettivi è sviluppare un piano che ci renderà il più velocemente possibile meno dipendenti e poi ci trasformerà nell'hub energetico del Mediterraneo. Ci muoveremo su più fronti. In primis per raddoppiare la produzione di gas nazionale dagli attuali giacimenti. Dieci anni fa estraevamo 13 miliardi di metri cubi l'anno, quest'anno siamo scesi a 3. I dieci miliardi mancanti sono quelli acquistati in più dalla Russia, un'idiozia. La raddoppieremo arrivando a 6, di nuovo».

Ha parlato anche di trivellazioni.
«Certo, ne autorizzeremo di nuove nel mar Adriatico centrale, dove altri Paesi già estraggono. Ma spingeremo tanto anche sul fotovoltaico, per aiutare le imprese a non dover più temere l'arrivo delle bollette. Cioè consentiremo a chi può, chi possiede un capannone in un'area industriale, di poter realizzare forme energetiche utili alla sua attività e alla comunità energetica. Cioè di mettere a sistema l'energia prodotta all'interno di un distretto industriale, consentendo anche di vendere quella in più».

E l'Italia come hub energetico? C'è un piano?
«Ci arriveremo grazie ai gasdotti esistenti e a due nuovi. Uno è quello che proviene da Israele, Egitto e Cipro, il cosiddetto Poseidon. E l'altro è quello che, nel caso in cui la Francia imponesse ancora di non collegare al proprio territorio la rete spagnola, costruiremo d'intesa con la Spagna passando per il mar Tirreno. Così ribaltiamo la situazione energetica di tutta l'Europa. Preparandoci a far passare per quegli stessi collegamenti l'idrogeno verde tra 10-15 anni».

C'è tanta relazione con l'estero nelle azioni che immagina. Chiederà per sé la delega dell'Ice, l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane?
«Parlo solo di obiettivi da raggiungere, per le deleghe deciderà la presidente del consiglio».

Quali sono i primi dossier su cui metterà le mani?
«Sono i grandi temi del Paese, che in alcuni casi, spero, mi porteranno a risolvere delle crisi o a creare opportunità. Partirò dalla siderurgia italiana, con Piombino e l'Ilva, così come da alcune crisi aziendali, penso alla Whirpool e agli altri 70 tavoli aperti. Particolare attenzione c'è ora sulla Lukoil, un'azienda italiana messa in difficoltà dalle sanzioni che ragioneremo sull'acquistare. E poi, appunto, lavorerò per semplificare la vita a chi vorrà investire nella Penisola. Penso a Intel: se la scelta di dove posizionare lo stabilimento la faranno loro, noi forniremo le migliori condizioni. Così come creeremo tutte le condizioni perché si investa in Italia per la produzione di batterie elettriche, fondamentali per la nostra filiera dell'automotive».

 

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