È lunga la strada verso l'Unione bancaria ma l'Italia è ormai pronta per il gran salto

È lunga la strada verso l'Unione bancaria ma l'Italia è ormai pronta per il gran salto
di Osvaldo De Paolini
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Venerdì 3 Luglio 2020, 06:46
Ciò che più ha sorpreso, nel salvataggio-rilancio della Popolare di Bari, è la brevità dei tempi per il perfezionamento dell'operazione: sette mesi in tutto dal momento del commissariamento della Banca d'Italia. Sette mesi nei quali, nonostante la paralisi da Covid, gli uomini del Tesoro guidati dal direttore generale Alessandro Rivera sono riusciti a comporre esigenze le più varie: dalle pretese rigoriste di Bruxelles alle istanze del Mediocredito cui è demandato l'onere di traghettare l'istituto verso un ruolo nuovo, fino alla delicata trattativa con il Fondo interbancario che ha dovuto sborsare poco meno di 1,2 miliardi per evitare danni maggiori al sistema. Per non dire dell'attività di convincimento svolta presso i sindacati, insieme ai quali ora si dovrà gestire il dimagramento dell'istituto e i relativi esuberi; oppure del non facile superamento delle resistenze dei vecchi soci alla trasformazione in spa.

Ora comincia la fase operativa, che porterà a una trasformazione radicale della struttura interna dell'istituto, non solo per gettare definitivamente alle spalle una gestione che dire non specchiata è eufemistico, ma anche per rimodulare una mission destinata a incidere fortemente sul territorio. Con un'attenzione particolare alla piccola e media impresa, cui è destinato un sostegno a tutto tondo che di sicuro non era nelle corde della precedente gestione. Di qui la necessità di sviluppare professionalità interne capaci di cogliere i bisogni di un'imprenditoria che abbia come faro i valori del mercato, un modello che al Sud non si è mai davvero radicato.

In ciò risulterà preziosa la regia del Tesoro, decisamente più attento che in passato a preservare equilibri di sistema conquistati a così caro prezzo.

Quanto al piano stand alone, ispirato alle linee guida tracciate da Via XX Settembre, l'assenza di indicazioni su future fusioni non vuol dire che non ci saranno, probabilmente diverranno parte della mission quando il nuovo corso della Bari si sarà consolidato.

UN PERCORSO FATICOSO
Più problematico, e perciò ancora più sfidante, il caso Mps sul quale gli uomini di Rivera hanno acceso più di un faro proprio in queste settimane con lo scopo di avviare a conclusione un faticoso percorso di privatizzazione che potrebbe costituire il punto di partenza di una massiccia aggregazione, capace di dare vita a un polo bancario di dimensioni tali da sostenere il confronto con i due campioni nazionali, Intesa Sanpaolo e Unicredit. I lavori sono in corso e i rumor sui partner potenziali si moltiplicano, ma è sul risultato finale che si misurerà la bontà del progetto, di gran lunga il più costoso per lo Stato e per i risparmiatori.

A completamento dell'impresa senese, l'Italia potrà vantare un sistema bancario tra i più moderni e concentrati - ovvero meno esposto a rischi sistemici - in Europa. Un sistema pronto a partecipare a pieno titolo al processo di completamento dell'Unione bancaria. Vale però domandarsi se l'Europa, tanto severa verso le carenze delle nostre banche, sia a sua volta pronta per il salto cruciale. Davvero tutti hanno fatto i proverbiali compiti a casa che da Bruxelles ci chiedevano con insistenza?

Ancora ieri la Vigilanza Ue sollecitava, con toni di avvertimento, più aggregazioni e più concentrazioni proprio per delimitare le aree di rischio. Ebbene, il nostro Paese ha fatto la sua parte: prima della grande crisi di fine decennio contava 800 banche, oggi il loro numero non arriva a 100 mentre le aggregazioni in corso o allo studio promettono di consegnare in due o tre anni un sistema ripulito, adeguatamente concentrato e con ratio patrimoniali ai massimi livelli. Lo stesso non può dirsi ad esempio della Germania: nonostante i 270 miliardi pubblici iniettati nelle situazioni più gravi (all'Italia l'operazione è costata meno di un decimo), nel 2005 tra banche commerciali e Sparkassen varie se ne contavano 1.500, praticamente le stesse di oggi. Tra l'altro, con non modesti problemi patrimoniali tuttora irrisolti: si vedano i casi Deutsche Bank e Commerzbank.

Se qualcuno cercava una spiegazione al perché tarda il completamento dell'Unione bancaria, ora ha la sua risposta. Ma per una volta l'Italia ha le carte in regola per essere dalla parte di chi pone le domande.
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