Intesa Sanpaolo, nel piano per Ubi Banca anche quattro direzioni sul territorio

Intesa Sanpaolo, nel piano per Ubi Banca anche quattro direzioni sul territorio
di Jacopo Orsini
3 Minuti di Lettura
Venerdì 21 Febbraio 2020, 10:15 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 11:30

Intesa Sanpaolo lavora per convincere i soci di Ubi ad accettare l'offerta in azioni da quasi 5 miliardi lanciata sulla banca e punta sull'attenzione al territorio. I vertici di Bergamo intanto studiano le contromosse - con l'aiuto dell'advisor Credit Suisse - e cercano alternative per non finire sotto il dominio di Milano. La partita aperta dal colosso guidato da Carlo Messina con la proposta avanzata lunedì scorso resta insomma per ora tutta da giocare.

È dunque la carta del radicamento locale quella giocata dall'istituto di via Monte di Pietà: nel suo piano di integrazione si prevede, secondo le indiscrezioni fatte filtrare ieri, la creazione di quattro nuove direzioni regionali a Bergamo, Brescia, Cuneo e Bari, ciascuna con grande autonomia, risorse e una rete di circa 300-400 filiali. La mossa serve per cercare di attenuare la resistenza messa in piedi dai soci e in particolare il no arrivato dal Car, il patto di consultazione che riunisce quasi il 18% del capitale di Ubi.

Una opposizione confermata ieri anche da Domenico Bosatelli, azionista dell'istituto bergamasco con il 2,6% e azionista del sindacato. «Non è una semplice banca, è istituzione trainante del territorio - ha detto ieri Bosatelli a BergamoNews -. È una banca molto efficiente, con una grande potenzialità di crescita, gestita da una governance molto capace». «Il Car - ha aggiunto - si è già espresso in modo negativo, io a titolo personale dico che c'è un problema di convenienza in questa offerta fatta da un protagonista del mercato, seppur efficace. È stata fatta una proposta senza consultare la proprietà, quindi non essendoci stato un confronto nessuno può sapere quale sia la prospettiva. Non guardo al lato venale, a me sta a cuore il sistema sociale, a partire dai dipendenti. Come semplice azionista io la giudico inaccettabile. Ma anche dal punto di vista finanziario, non puoi offrirmi il 40% in meno del suo valore patrimoniale: un'altra buona ragione per non accettare. Ubi - ha concluso l'azionista - è un po' la mucca Carolina del territorio e io non voglio svendere la mia economia territoriale per poi vederla fatta a pezzi».

I TIMORI
Messina, con l'offerta delle nuove direzioni territoriali, cerca proprio di attenuare le preoccupazioni dei soci che vedono sparire il marchio della loro banca. Intesa prevede infatti anche l'incremento di erogazione di nuovo credito per oltre 10 miliardi l'anno nei confronti dei territori in cui è forte Ubi con un'autonomia di delibera a favore della clientela più tipica, quella delle famiglie e delle piccole e medie imprese. Alla guida delle nuove direzioni si punta poi a collocare le «migliori capacità manageriali» dell'istituto guidato da Victor Massiah.

Intanto qualche dubbio circola sulla possibilità che Intesa riesca a mandare in porto l'offerta. Le probabilità che raggiunga il 67% sono «abbastanza limitate» ma è ragionevole che la banca «raccogliendo adesioni del 50%, accetti lo scambio», scrivono gli analisti di Equita «nel caso, molto probabile, che anche il sindacato azionisti respingesse l'offerta, si coagulerebbe un nocciolo di azionisti vicino al 30% che renderebbe più difficile l'integrazione». In tal caso l'istituto bergamasco «non potrebbe essere fusa» con Intesa, non disponendo l'istituto milanese dei due terzi del capitale necessario per l'approvazione dell'operazione.

Le strade percorribili tuttavia per Ubi non sono molte. L'istituto è infatti soggetto alla cosiddetta passivity rule, norma introdotta per evitare che il management di un istituto sotto attacco possa modificare il perimetro della società per impedire l'acquisizione. Intanto in Borsa ieri i titoli si sono mossi poco: Intesa ha lasciato sul parterre l'1,12% a 2,52 euro e Ubi lo 0,38% a 4,21, molto vicino ai 4,254 dell'offerta di Milano.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA