Bper pronta al gran salto con Unipol: verso la costruzione di un terzo polo

Carlo Cimbri
di Jacopo Orsini
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Giovedì 20 Febbraio 2020, 14:21 - Ultimo aggiornamento: 18:41
La mossa a sorpresa di Intesa Sanpaolo su Ubi Banca rimette in moto tutto il settore del credito tricolore. E anche se Unicredit e Banco Bpm si sono subito chiamate fuori dalla mischia, l'attacco del colosso milanese innesca un nuovo giro di aggregazioni. Subito fiutato da Piazza Affari, dove ieri ha segnato un balzo dell'11% a 2,11 euro Mps, il primo istituto candidato alla prossima aggregazione. La banca senese è ancora nell'orbita pubblica, in attesa di completare il risanamento, ma tutti sanno che è destinata ad essere accasata con un gruppo più grande e più solido. «Il Tesoro sta lavorando molto bene per risanare la banca e faccio i complimenti anche all'amministratore delegato - ha detto il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri - Stiamo discutendo con la Commissione europea sui meccanismi ulteriori di pulizia dei credito deteriorati. La soluzione sarà di mercato e nei tempi previsti».

Nel consolidamento del settore a giocare un ruolo di primo piano sarà certamente UnipolSai. Il gruppo assicurativo guidato da Carlo Cimbri parteciperà all'operazione di Intesa rilevando le attività settoriali di Ubi, ma soprattutto come primo azionista con il 19,7% di Bper contribuirà all'acquisizione da parte di quest'ultima di 400-500 filiali (1,2 milioni di clienti) con un investimento di quasi 1 miliardo. Un'operazione che rafforzerà il profilo di banca nazionale del gruppo basato a Modena, facendolo diventare uno dei primi cinque del Paese proprio davanti a Mps. L'acquisizione, ha detto il numero uno di Bper, Alessandro Vandelli, «rappresenta un'opportunità di rafforzare la posizione competitiva nelle aree più produttive e dinamiche del Paese». Soprattutto nella ricca Lombardia, dove Bper dovrebbe prendersi oltre 250 sportelli. Intanto ieri l'offerta di Intesa è stata benedetta anche da Cimbri. «È una proposta al mercato, forte, ben strutturata e ben studiata che crea valore per gli azionisti di Ubi», ha detto il manager ricordando che la banca milanese «ha garantito negli anni dividendi importanti, più del doppio di quelli che Ubi ha pagato».

IL CONSOLIDAMENTO
Chi invece per ora sta alla finestra è Unicredit. «Riconfermo di non aver alcun interesse a fare operazioni di fusione e acquisizione e che non verremo coinvolti in alcuna transazione», ha detto l'amministratore delegato della banca milanese, Jean Pierre Mustier. Anche un altro protagonista del settore, Banco Bpm, in passato considerato un possibile partner di Ubi per un matrimonio che avrebbe dato vita al terzo gruppo bancario del Paese, si tiene alla larga dalla contesa e assicura che non entrerà in campo in questa fase. «Mi sembrano cose che riguardano altri. Siamo reduci da una fusione importante e andremo avanti per la nostra strada», ha tagliato corto Giuseppe Castagna, amministratore delegato dell'istituto, escludendo operazioni allo studio.

Un nuovo round di consolidamento sembra tuttavia inevitabile anche dalle parti di Mediobanca, regista con il ruolo di advisor dell'operazione Intesa-Ubi. «Ci sarà un'ulteriore spinta alle aggregazioni. Anche la Bce lo ha detto chiaramente che sono troppe le banche in Europa», hanno fatto filtrare ieri fonti vicine al patto dei soci che governa l'istituto di Piazzetta Cuccia, precisando tuttavia che questi movimenti «non dovrebbero di sicuro riguardare Mediobanca». A spingere per le aggregazioni comunque ci sono due fattori inarrestabili: la bassa redditività del business bancario, su cui pesano i tassi a zero e un'economia italiana che continua ad arrancare, e soprattutto le nuove tecnologie, che hanno rivoluzionato il modello tradizionale del credito e spinto i clienti a tenersi lontani dagli sportelli e a usare sempre di più i servizi on line. Un cambiamento che pesa soprattutto sui bancari: si calcola che solo per i piani già annunciati dagli istituti più grandi i posti che verranno cancellati sono almeno 12 mila. Senza contare i colossi della rete e della grande distribuzione, pronti a invadere un mercato in passato chiuso e riservato solo agli operatori del settore.

 
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